capitolo 27- Andrea

Andrea

La vedo allontanarsi da me e nella mia testa una voce urla 'fermala, coglione', la sua andatura è decisa e i suoi capelli, racchiusi in una coda, ondeggiano, io continuo a stringere le mie mani in pugni stretti.
Devo calmarmi e mi ripeto di aver preso la decisione più giusta per me, lo ripeto una, cinque, otto volte, anche ad alta voce, ma non serve a convincermene.
Ma so che è così, deve essere così, alla fine sarebbe andata via anche lei quando si sarebbe scontrata con i demoni che mi porto dentro, ho solo risparmiato inutili sofferenze ad entrambi.

I miei occhi restano fissi sulla sua figura che ormai è diventata un puntino lontano e fra pochi istanti scomparirà del tutto, ma non riesco a fare un passo, ed è una cosa stupida, mi sto comportando come un ragazzino.
Faccio un grosso respiro e finalmente mi volto e vado via verso il mio appartamento, il corpo si muove da solo, la ragione è totalmente assente, le sue parole continuano a ronzarmi fastidiosamente nella testa, nonostante io non voglia.

Entro in casa e sbatto la porta frustrato, vado dritto in bagno e mi spoglio per infilarmi nella doccia, l'acqua fresca bagna la mia pelle, poggio le mani sulle mattonelle per sorreggermi, strizzo gli occhi sperando di sbarazzarmi della sua immagine, delle sue parole, dei suoi occhi, ma ovviamente non funziona.

Se fosse vero ciò che ha detto, sono stato un vero idiota a pensare subito male, prevenuto come al solito...mi abbandonano sempre le donne della mia vita, perché lei dovrebbe essere un'eccezione?

Esco dalla doccia e mi asciugo, cerco nell'armadio una tuta e infilo una canotta, a piedi nudi corro in salotto appena il telefono mi avvisa dell'arrivo di un messaggio, ma purtroppo non è Chloe.
Rispondo a Davide che mi conferma l'appuntamento con un amico di vecchia data per pranzo domani, suo padre potrebbe diventare un nuovo cliente da sottrarre al grande Vincenzo Milani.
Il fatto che io gli risponda subito gli desta sospetti e mi riempie di domande alle quali non rispondo se non alla più importante, quella di essere solo, purtroppo.

Ovviamente non poteva essere lei al telefono, conoscendola, a limite, sarebbero state offese, e ne avrebbe avuto ogni diritto.
Devo dimenticare ciò che ho provato ieri sera, devo dimenticare i brividi che ho sentito sulla mia pelle e che hanno attraversato perfino le membra che compongono il mio corpo.
Devo dimenticare le sue labbra sulle mie, morbide, e il suo sapore talmente buono da bramarne ancora, devo cancellare questi sciocchi pensieri che graffiano la mia anima nera.
Soprattutto, devo combattere l'istinto di mandare a puttane tutto e volermi cibare del suo corpo, volermi nutrire del suo essere, aver bisogno che la sua anima si fonda con la mia.

Porto entrambe le mani in faccia e la stropiccio esasperato, sembro un adolescente arrapato, ma ciò che mi preoccupa, è che tutto questo non sia frutto di ormoni impazziti.
Ma non ha senso.

Mi siedo sull'enorme divano ed osservo, dalla grande vetrata di fronte, l'oceano che sembra essere irrequieto tutto ad un tratto, come me.
Ormai sta scendendo la notte e la luna piena è alta nel cielo che sta diventando sempre più scuro, come la notte appena passata, testimone di battiti nuovi che cerco ora di rinnegare, inutilmente.
Battiti che ho rinnegato davanti a lei.
Lei che ha avuto il coraggio di presentarsi qui, ed io, ho fatto la cazzata di mandarla via.

Prendo d'istinto un cuscino e lo scaravento con forza e rabbia dall'altro lato della casa, il ricordo dei suoi occhi feriti è sempre vivido.
Come diavolo è potuto succedere che io mi sia lasciato coinvolgere così tanto e all'improvviso da quella ragazza?

Sto confondendo tutto, i sentimenti non possono nascere dal nulla, io ero focalizzato su Caroline, deve trattarsi sicuramente di una sbandata passeggera, perché è una bella ragazza, ci siamo trovati vicini, la chimica ha fatto il resto.

Bussano alla porta e appena la apro, la faccia incazzata del mio amico mi oltrepassa.
«Che hai combinato con quella povera ragazza per essere solo?»
Va dritto in cucina a prendere due birre e torna da me.
« Non mi va di parlarne.»
Spero di chiudere il discorso perché non sono in vena, ma lui non è della stessa idea purtroppo.
« Hai di sicuro fatto il coglione.»
Si siede e inizia a sorseggiare aspettando un resoconto da parte mia, agitato so che devo cedere, o forse la verità è che voglio farlo, perché ho bisogno di tirare fuori questo peso che mi schiaccia stranamente il petto.

« Mi ha spiegato il motivo del suo comportamento, sono stato un grande idiota, lei non è così, lei non è come le altre, ho frainteso tutto.»
Allargo le braccia ammettendo a voce alta che sono un coglione, mi siedo accanto a lui in attesa, ma Davide non si scompone affatto, come se le mie parole e la mia ammissione, fossero un fatto ovvio.

«Bene, quindi che è successo?»
È irritante questo suo atteggiamento e non voglio più giocare al prete e al confessore.

«Ho chiuso in partenza qualunque cosa stesse per nascere.»
Sentenzio nervoso sorseggiando la mia birra ed evito di guardarlo, la gamba inizia a ondeggiare nervosamente perché non mi aspetto una sua resa.

«Perché continui a fuggire?»
Il mio migliore amico posa fraternamente una mano sulla mia spalla, ma ho bisogno di distanza da quella domanda scomoda, mi alzo e raggiungo la vetrata.

«Hai provato qualcosa per quella ragazza, lei è venuta addirittura qui, datti una possibilità per essere felice.»
Non mi volto, non emetto un fiato in realtà, sento solo una battaglia fra ciò che vorrei e ciò di cui ho bisogno, e non mi era mai successo, colpa di quella combina guai, di quella testona cocciuta che non vuole uscire dalla mia testa e dalla mia vita.
La rabbia per questa fragilità improvvisa, cresce nel mio petto e mi fa stringere la bottiglia che ho in mano, avrei voglia di spaccare qualcosa, ma chi sono diventato?
Un rammollito.

La mia priorità è sempre stata una e non deve cambiare.

«Ho fatto la scelta giusta per me e per lei, sai cosa prevede la mia vendetta, quindi nessuna ramanzina.»
Gli dico duro, forse fin troppo.

«Non mi è mai piaciuta quella parte del piano e spero che tu non vada fino in fondo.»
Sento mio fratello sospirare pesantemente.

«Invece lo farò, mieterò anche vittime innocenti pur di distruggere quell'uomo, e Chloe sarebbe una distrazione, le farei del male se dessi una possibilità a ciò che ho sentito ieri sera.»
In fondo è così, la sto solo salvando da me tenendola lontana, le sto facendo un favore.
Continuo a sorseggiare più rilassato la mia birra, forse conscio di avere ragione, un ultimo generoso sorso e la finisco.

«Però non ti sei fatto questi problemi con le tua ex, non hai avuto questi pensieri quando hai programmato di provarci con Caroline.»
Mi volto con fronte aggrottata alle mie spalle, gli occhi scuri che trovo a fissarmi decisi quasi mi intimoriscono.
«Te lo dico io il perché, con le altre ti fermi all'attrazione, Chloe invece, ha scalfito la corazza che hai costruito per proteggere il tuo cuore dopo la tua perdita.»

Torno a sedermi sul grande divano ad angolo, poggio i gomiti sulle ginocchia, fisso il parquet scuro e rimugino sulle sue parole, questo figlio di buona donna sa sempre come colpirmi, sempre come farmi male.
Sembra un pugile esperto che mi mette ko ad ogni incontro, non schiverò mai i suoi colpi, assestati perfettamente, perché sa i miei punti deboli.

«Guardi troppe telenovelas con tua madre.»
Cerco di buttarla sul comico e spero di chiuderla davvero qui questo confessionale per stasera, ho la testa affollata da troppi pensieri e parole da dover comprendere.

Ma forse, dovrei cercare di comprendere ciò che tormenta il mio cuore, e soprattutto, se esiste una cura.

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