capitolo 10 - Chloe
Chloe
Le mie dita schiacciano pulsanti della tastiera a caso.
E' da mezz'ora che faccio finta di essere impegnata, e di sottecchi, i miei occhi squadrano il viso di Andrea, concentratissimo sul suo computer, poi sposto lo sguardo verso Mark, sta parlando al telefono con un collega del piano di sotto.
Anche questa mattina, oltre alla sua solita gentilezza, nulla, non mi ha calcolata.
Andrea ha chiesto al capo di far posizionare una scrivania accanto alla sua per me, almeno momentaneamente dividerò l'ufficio con loro due, questa dovrebbe essere un'occasione per me, farmi notare, poter avere un approccio, passare del tempo con Mark, anche se spesso è fuori, e lo saremo anche noi, ma non sembro riuscirci.
Lo guardo salutarci con un sorriso e andar via, ormai la giornata lavorativa è finita, ed io sospiro sconfitta, perché credo sia arrivato il momento di deporre le armi.
Mi arrendo, non gli interesso affatto.
«Forza bella addormentata depressa, andiamo. »
Sconsolata mi alzo e lo seguo, oggi non ho potuto fregare la macchina a Sofi, quindi sono venuta a lavoro con i mezzi pubblici e Andrea si è offerto di darmi un passaggio, salgo sulla sua lucidissima e pulitissima auto sportiva nera, e butto la borsa sul sedile posteriore sbuffando.
Stranamente il mio compagno di viaggio è taciturno, nonostante io abbia acceso la radio, solo dopo una decina di minuti mi rendo conto che la strada è totalmente sbagliata.
«Ma ci stiamo allontanando da casa mia, dove stiamo andando?»
Chiedo stranita guardando fuori dal finestrino.
«Ho pensato di andare a casa mia, iniziamo ad escogitare un piano d'attacco per la nostra missione e possiamo mangiare qualcosa.»
Risponde tranquillo continuando a guidare.
«Scusa ma potevi chiedermelo.»
Mi rendo conto che siamo praticamente arrivati alla spiaggia, parcheggia ed io corro dall'altro lato di questa estasiata, mi volto verso di lui sorridente e lo vedo raggiungermi.
«Tu abiti qui?»
Indico i palazzi rossi alle nostre spalle, fa un cenno di conferma con la testa.
«Wow, è bellissimo, immagino la vista al mattino e in ogni momento, sei davvero fortunato, e poi ti basta fare due passi e sei già sulla spiaggia.»
Tolgo i sandali e affretto il passo, immergo i piedi nella sabbia tiepida, inizio a camminare e saltellare verso l'oceano richiamando Andrea, ormai sono sulla battigia e l'odore di salsedine mi inebria, per un attimo mi fa pensare proprio all'uomo che mi sta raggiungendo sorridendo.
«Hai l'entusiasmo coinvolgente di una ragazzina, dai facciamo un tuffo.»
L'acqua fredda bagna i miei piedi fino alle caviglie e ad un tratto ho nostalgia di casa, se fossi nella mia bella Italia mi tufferei senza pensarci un attimo, ma qui, istintivamente faccio un passo indietro al suono delle sue parole.
«No, no, non dovresti neanche tu.»
Un altro passo indietro, mentre seguo con lo sguardo le sue mani sbottonare la camicia azzurra, bottone dopo bottone, intravedo il suo petto e poi gli addominali e non riesco a distogliere lo sguardo, neanche quando fa scivolare la camicia lungo le braccia e questa cade sulla sabbia.
« Perché scusa?»
Con le guance accaldate abbasso gli occhi con la speranza di non aver fatto una figuraccia, e non capisco proprio perché reagisco così.
«Chloe, ti ho chiesto perché?»
Al suo richiamo i miei occhi saettano nei suoi e li trovo fissi su di me, non capisco questa mia stupida agitazione.
« Perché ci sono gli squali, non ho mai fatto il bagno da quando sono qui.»
Lui mi fissa serio, ma poi il suo volto muta e scoppia a ridere.
«È solo una scusa, non vuoi fare il bagno in intimo. Ti vergogni di me per caso?»
I suoi occhi cangianti illuminati dagli ultimi raggi di questo sole che sta per scomparire, li rende ancora più luminosi e faccio fatica a concentrarmi su ciò che sta dicendo.
« Non sono così frequenti gli attacchi degli squali, come invece si crede in giro.»
Il suo sorrisetto malizioso fa capolino sul suo viso.
« Ho intenzione di schizzarti, farai comunque il bagno con me.»
Mi metto sulla difensiva, inizio a marciare indietro perché gli credo purtroppo, infatti si abbassa e con le mani inizia a buttarmi l'acqua addosso, ahimè, riuscendo a bagnarmi.
Non credevo lo avrebbe fatto sul serio.
Lo guardo ridere di me, posso solo immaginare la mia faccia con la bocca semiaperta dallo stupore e gli occhi sbarrati che via via si assottigliano in cerca di vendetta.
Entro in acqua, anche se solo fino alle caviglie, gettando la borsa vicino i sandali sulla spiaggia e sono pronta alla battaglia.
Con tutte le energie che ho lo bagno, lui non è da meno.
Le nostre risate leggiadre riecheggiano nell'aria, fino a quando Andrea decide che non è abbastanza essere zuppi, si avvicina con un scatto e mi afferra facendomi urlare, io mi aggrappo a lui nonostante lo implori di non buttarmi in acqua, perché ho davvero paura.
Il mio corpo è spalmato sul suo petto nudo e le mie braccia sono avvinghiate intorno al suo collo, anche lui mi tiene stretta a sé con il suo braccio muscoloso intorno alla schiena.
« Fidati di me, ti proteggerò io.»
Sussurra al mio orecchio, ed io, mi scosto allentando la presa, facendo incontrare i nostri occhi, forse troppo vicini, così vicini da riuscire a vedere ogni sfumatura verde in contrasto con le iridi nocciola chiare.
Le sue pupille, se possibile, sembrano diventare enormi e seguire i lineamenti del mio viso, fino alla bocca, e lo vedo deglutire per poi iniziare a trascinarmi verso l'oceano, spezzando questa strana ... qualunque cosa fosse.
«Se dovesse mangiarmi uno squalo, il mio fantasma ti perseguiterà in eterno.»
Mi stringo ancora a lui, che ride.
L'acqua bagna i suoi pantaloni e il mio vestito, per fortuna nero, continuo a guardarmi intorno mentre le piccole onde ci smuovono qua e là, la presa sulle sue spalle larghe è sempre più forte e non ammetterò mai che non mi dispiace affatto.
«Il tuo primo bagno a New York è stato grazie a me, piccolo koala.»
Mi lascio andare festeggiando le sue parole con un urlo, lo guardo sorridendo mentre lui continua a tenerci in equilibrio, è tenero il soprannome che ha usato e, l'atmosfera lasciata sulla battigia, sembra averci seguiti fino qui.
I nostri respiri non fanno fatica a mescolarsi e il suo petto muscoloso, stretto al mio, sembra muoversi allo stesso ritmo, i nostri occhi, incatenati, vengono separati da una voce in lontananza.
« Andrea.»
Entrambi ci voltiamo verso la spiaggia e un ragazzo alto e bruno saluta ridacchiando, mi allontano quel tanto che posso restando pur sempre aggrappata alle sue spalle.
« Dai andiamo, ho paura.»
Anche lui sembra ritrovare la lucidità necessaria avviandosi verso la riva, arrivati più vicini mi stacco da lui e cerco di sistemare il tessuto del vestito che è appiccicato sulla mia pelle, sono un po' in imbarazzo, nei confronti soprattutto dello sconosciuto che continua a squadrare prima Andrea e poi me, a turno.
Arrivati sulla spiaggia, il ragazzo si presenta come il miglior amico di questo farabutto che mi ha praticamente data in pasto agli squali e, quest'ultimo, mi presenta come la sua collega italiana, quindi deduco che abbiano già parlato di me.
Fradici ci avviamo verso casa di Andrea dopo aver salutato Davide, che palesemente, va via con una sciocca scusa e l'aria che si respira fra noi, è imbarazzo allo stato puro, vorrei scappare in realtà, ma conciata così, lontanissima da casa, la vedo difficile.
Entro nel suo appartamento dopo secondi di silenzio interminabili in ascensore, dove entrambi guardavamo fissi il pavimento trovandolo stranamente interessante.
Superata la soglia di casa, i miei occhi scattano sulla grande vetrata che si affaccia proprio sull'oceano e corro lì davanti, manifestando senza volerlo il mio entusiasmo.
«Wow.»
Ammiro la vista meravigliosa immaginando l'alba o le luci del tramonto da qui.
«Il bagno è l'ultima porta in fondo, ci sono degli asciugamani nel mobile, subito accanto c'è la mia stanza, nel primo cassetto del comò troverai qualcosa di comodo, prendi ciò che vuoi.»
La sua voce, fin troppo seria, spezza tutta la magia.
Mi avvio verso il corridoio lasciandolo in piedi accanto al grande divano ad angolo grigio, con la sua camicia in mano, mi chiudo nel bagno e poggio la schiena alla porta.
« Che diavolo è successo? Devo scappare da qui.»
Con mani tremanti afferro il telefono e mando subito un messaggio a Sofi, con la speranza che venga a salvarmi da lui, o da me stessa.
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