Capitolo 1-Andrea

Avete presente quando tutto sembra procedere normalmente nelle vostre giornate, la vita scorre, ma continuate ad essere insoddisfatti?
Quel pensiero fisso resta costante e non vi abbandona da troppo tempo, martellandovi in testa, logorandovi da dentro, ormai fingere diventa sempre più difficoltoso e soprattutto inutile.
Ho provato in tutti i modi ad estirpare questa rabbia che mi mangia vivo da anni, ho attraversato diverse fasi che la mia famiglia ha chiamato di ribellione, tutto a causa di quello che ho vissuto, ma un dolore simile ti annienta in qualche modo.

Ebbene, lo ha fatto.

Ora che sono adulto, e dopo aver scavato a fondo dentro di me, posso dire con estrema tranquillità, che è tutta colpa di quell'uomo che mi ritrovo purtroppo come padre, e l'unica cosa che mi farà stare bene, è la vendetta.
Voglio vederlo strisciare, voglio vederlo in rovina, voglio vendicarla, perché chiudere i rapporti con lui, non mi è bastato.
È un arrogante figlio di puttana.

Ah, dimenticato egoista.

Purtroppo non condivido solo il suo DNA, ma anche alcuni lati del suo carattere, e mi odio per questo, l'unico aspetto positivo che mi ha trasmesso, è la sua determinazione, e sono ostinato a portare a termine i miei piani.
Forse Davide ha ragione, sto diventando ossessionato da tutto questo e il rancore finirà per mangiare l'ultimo briciolo di quel che resta di me, allontanandomi da tutti, ma sa benissimo che ho solo lui, poi ci sono mia sorella e i miei nonni, per fortuna lontani.
Non fa che ripetermi che non devo chiudere il mio cuore agli affetti, all'amore.

Ma non ho intenzione di farlo, non è colpa mia se non trovo quella giusta.
Ho chiuso un'altra storia, è vero.

Mi ha lasciato lei, con la stessa frase che hanno usato le mie ex, "non mi sentono coinvolto", che diavolo vorrà dire?

Semplicemente non era quella giusta, punto.

Ora sono più concentrato a far carriera da solo, dimostrare a quell'uomo di non aver bisogno di lui, ne dei suoi soldi, per questo sono partito dal basso in una famosa azienda concorrente a quella di mio padre, e quando arriverò in cima, sarà per merito mio, non del mio cognome, e potrò schiacciarlo.

Davide è il mio migliore amico, si preoccupa per me, l'unico che non mi ha mai abbandonato e su cui posso contare, l'unico al corrente dei miei piani.
Siamo fratelli, anche se di madri diverse, anche se non abbiamo lo stesso sangue che ci scorre nelle vene, ma gli affiderei la mia vita.
È il mio confidente, la sola persona con la quale sono me stesso, al quale permetto di conoscere i miei segreti, le mie paure.
Siamo cresciuti insieme, le nostre famiglie si sono trasferite qui in America dalla lontana Italia quando eravamo bambini per fare fortuna, e ancora oggi i nostri padri sono in società.
La sua famiglia è rimasta unita, ha quel calore che nella mia non ho più trovato, tipico dell'Italia, passo spesso il pranzo della domenica con lui e i suoi, è sempre stato così da quando siamo adulti e sono andato via di casa, da quando mia sorella è fuggita in Italia durante l'adolescenza.

Esco dalla doccia e avvolgo il mio corpo in un asciugamano, le gocce di acqua scendono sul mio petto tonico e muscoloso e cerco di asciugarmi con un un altro, mentre la mia immagine nello specchio mi osserva severa.
Ho di fronte un uomo che ha perso i suoi sogni, la sua voglia di scoprire il mondo e guardarlo con occhi diversi, da quella notte mi sono perso e non ho più trovato la strada di casa.

Prendo dalla sedia accanto al letto la camicia blu scuro, i miei capelli biondi rossicci mi ricordano lei, il mio viso è rilassato e sono felice di aver fatto questo viaggio, seppur breve, in Italia.
Sento la voce della nonna richiamare quella dormigliona di mia sorella Grace, ha ventiquattro anni ma non cambierà mai.

Tutto questo mi manca terribilmente, ma mi consola saperla qui, amata e felice.

Per me lei è la mia vera famiglia, insieme ai nonni, e noi, per loro, siamo ciò che di più prezioso gli resta, il ricordo vivente della figlia.

Vengo spesso a trovarli, anche se questa enorme lontananza non mi permette di farlo quanto lo vorrei.


Finisco di prepararmi, mi guardo intorno e mi accerto di non aver lasciato nulla, chiudo la valigia e con essa scendo la piccola scala di casa per ritrovarmi nel salotto modesto dei nonni.
Mi sento sempre il più ricco del mondo in questa casa semplice, con le loro cure, il loro affetto, le risate e il cuore pieno di amore quando mi abbracciano, perchè a me non mi servono i soldi per avere tutto.
Vorrei trasferirmi qui da loro, ma ho dei piani ben precisi da seguire, qualcosa che è diventato fondamentale per me, niente e nessuno potrà mai distogliermi da questo obiettivo, la mia vendetta.

Un buon profumino di torta appena sfornata mi stuzzica le papille gustative facendomi venire l'acquolina in bocca, la nonna mi vizia sempre, la vedo arrivare con passo un po' lento e una ciambella al cioccolato che posa al centro del tavolo, alza lo sguardo contornato da qualche nuova ruga e mi sorride illuminandosi.
Sento le risate del nonno provenire da fuori, esco e lo trovo a chiacchierare con i vicini, subito pronto ad offrirgli un caffè o la torta appena sfornata.

Mi guardo intorno, la vista del mare è uno spettacolo senza pari, sembra confondersi con il cielo,
questa è la Calabria, con il suo mare cristallino, posti da scoprire e persone che non puoi dimenticare.
In America ti sogni tutto questo, questa semplicità, questo calore, questi sapori autentici che sanno di vita, lì si pensa al lavoro, a correre, a sopravvivere, io non conosco nessuno dei miei vicini e abito in un palazzo di dieci piani da cinque anni.

<< Quando ci porterai una ragazza? >>

Quasi mi va storto il boccone che stavo masticando, inizio a tossire facendo ridere mia sorella e il nonno, che mi da una pacca sulle spalle, mentre lei non si impietosisce affatto, anzi, continua a sistemare il fermaglio che le ho regalato, a forma di farfalla, sui capelli ramati, un po' ingrigiti.


<< Non attacca con me giovanotto, sto diventando vecchia e vorrei dei pronipoti, quindi datti da fare. >>
Il tono di voce perentorio quasi fa paura, io deglutisco cercando di immaginarmi con una donna e un bambino, un anello al dito, ed è una cosa che vorrei, ma a tempo debito, e comunque, non è colpa mia se scappano tutte ed io non riesca a trovare quella giusta.
Grace apre la bocca carnosa mezza sporca di cioccolato, pronta a prendermi in giro, la conosco benissimo, nonostante gli ultimi sette anni li abbiamo passati lontani, ma la guardo severo e capisce l'antifona perché richiude la boccuccia imbronciata.
<< Magari un giorno nonna. >>
Mi alzo e le schiocco un bacio sulla guancia, ormai è ora di partire e questo è l'unico motivo per cui potrò sottrarmi dal continuare questa ramanzina sul mio futuro.
Chiamo un taxi, nonostante loro non siano d'accordo, ma non mi piacciono i saluti strappalacrime, non so quando potrò tornare e prendermi una pausa dal lavoro, e vedere gli occhi chiari della nonna tristi, rende triste anche me, quindi sarà più facile salutarci qui.
<< Hai gli occhi di tua madre, ma anche il cuore. >>
Accarezza la mia guancia con la sua mano, osservo i dettagli del suo volto e le direi la stessa identica cosa, anche se, in realtà, mia sorella è la sua fotocopia, invece abbasso gli occhi, perché io purtroppo mi sento così simile a quell'arrogante.
<< Sì, sei anche come tuo padre a volte, ma puoi lavorarci su alcuni lati del tuo caratterino. >>
Come sempre, sembra leggermi nel pensiero.
<< Soprattutto se ti impegnerai a trovare una brava ragazza. >>
Scoppio a ridere perché non perde occasione per sottolineare questo nuovo punto e so che me lo ripeterà ad ogni telefonata, è diventata una fissazione la sua, la conosco.
Li abbraccio tutti e tre forte, beandomi del calore della mia famiglia, affetto del quale dovrò fare a meno per un po', li saluto e salgo sul taxi diretto in aeroporto, c'è un aereo che mi aspetta per portarmi a Roma e poi a ... non so se chiamarla casa.

Il piccolo aeroporto è stranamente affollato, ovviamente nulla di paragonabile a quelli a cui sono abituato io, trascino la piccola valigia verso i controlli di sicurezza, dentro c'è giusto l'essenziale, ed è proprio mentre sono in fila che vengo distratto da una assurda ragazza, proprio davanti a me, in video chiamata con l'amica, dalla voce un po' troppo allegra.

Credo che la senta tutto l'aeroporto, forse dovrebbe abbassare il volume o mettere le cuffie.

<< Respira, anzi respiriamo insieme, dentro, fuori, dentro, fuori. >>
La mora dai lunghi capelli prende alla lettera l'amica, chiude gli occhi e alza il braccio libero in alto, portandolo poi in basso, per mimare animatamente la gabbia toracica, e così facendo, quasi tira uno schiaffo in faccia ad un'hostess che sta superando la fila.
<< Ieri sera ho visto Final destination, il film dove il ragazzo ha una premonizione, vede l'aereo esplodere e scende seguito da un gruppetto di amici e poi...boom...l'aereo esplode davvero in volo. >>
Porto la mano istintivamente al viso sospirando.

Di certo questa è l'ultima cosa che si dovrebbe dire a qualcuno che sta per avere una crisi di panico prima di un volo.
<< Sofi, sei una stronza, io ho paura e tu mi dici queste cose. >>
Si lamenta la mora iniziando a mordicchiare un'unghia.
<< Tranquilla, il tuo volo non è il centottanta. Ma dimmi, c'è qualcuno di carino? Gira questo telefono. >>
Quasi rido per il cambio repentino della conversazione e soprattutto di come la moretta le chiude il telefono in faccia,indispettita.
<< Se dovessi arrivare a casa viva, la strozzo. No. La lascio fuori, sul minuscolo balcone a morire di caldo per tutto il giorno. >>
Inizia ad alta voce a pianificare la sua vendetta contro l'amica.

Principiante.

Ancora di spalle, armata di due valigie enormi, quasi più grandi di lei, cappellino e zaino di un colore talmente sgargiante da far male agli occhi, così tanto che sono tentato a calare sui miei i rayban che ho sulla testa per proteggermi, finalmente passa i controlli e tocca a me.

Ma da dove è uscita questa ragazza?
Spero vivamente prenda un altro aereo.

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