Capitolo Sette: Loving
Poi mi venne un'idea migliore.
"Sì."
E poggiai le mie labbra sulle sue.
Devo essere sincero con voi.
Un istante dopo che mi ero fiondato sulla bocca invitante di Eren, già me ne ero pentito. No, no, non perché non lo desiderassi, sia chiaro: avevo semplicemente paura di combinare un grandissimo macello.
Cazzo, non baciavo qualcuno da, mhmh, sette anni? E quei cosi insulsi che mi scambiavo con Nile non potevano neanche essere considerati come tali.
Chi mi garantiva che sapessi ancora farlo? E se fossi finito con il mordergli a sangue un labbro, o staccargli di netto la lingua? Come l'avrei giustificato, eh?
'Oh scusami Eren, sai, sono un po' fuori allenamento'
No, decisamente sarebbe stata una scusa da quattro soldi, e poi volevo che quel moccioso la usasse anche per altro, quella stramaledetta lingua! ... Cristo, l'ho detto veramente?
Disagio mentale apparte, per mia fortuna non successe niente di tutto ciò.
Mi sembrava di vivere un sogno: dopo un primo momento di titubanza, vidi Eren socchiudere lentamente gli occhi e cercare di approfondire il contatto, spingendomi contro di sè per la nuca.
Le sue labbra sapevano di miele e del cocco che tanto adorava, ed in breve tempo, ne fui assuefatto - in testa, un'unica certezza: volevo di più.
Picchiettai lievemente con la lingua in una muta richiesta di entrata, mentre la mia mano andava ad artigliargli i capelli intrigati.
Eren schiuse velocemente la bocca, lasciandomi entrare: mi stupì la dimestichezza con la quale stavo conducendo quei giochi peculiari, non sembravo nemmeno io.
Le nostre lingue danzavano all'unisono, cercandosi, conoscendosi, assaporandosi.
Ci baciammo per ore, o forse solamente una manciata di minuti; ci fermammo solo perchè il bisogno di respirare era troppo impellente da ignorare, altrimenti chissà.
Alla fine, eravamo due pasticci ansimanti: Eren mi fissava da dietro le lunghe ciglia, lo sguardo torbido e le labbra umide, rosse scarlatte.
Potevo rispecchiarmi nelle sue iridi liquide: i miei capelli erano irrimediabilmente arruffati e le mie guance infiammate - ecco perché mi sentivo scottare.
Mi piacevo così.
"Cazzo." Fu l'unica cosa che riuscii a dire, dopo un pesante silenzio durante il quale non seppimo fare altro che fissarci, scossi, con lo stomaco ancora sottosopra.
"Lev-a-i... Tutto bene?"
Poi l'improvvisa realizzazione di quanto appena successo, m'investì come un fiume in piena, e compresi di aver appena fatto esplodere una bomba.
No che non andava tutto bene, dannazione.
Avevo appena limonato pesantemente con un moccioso tutto peli e muscoli con almeno una decina di anni e neuroni in meno dell'accettabile - che conoscevo da malapena poco più di una settimana: no, non andava bene decisamente.
E la cosa peggiore, mi era piaciuto: no anzi, l'avevo letteralmente amato e lo avrei rifatto ancora, ancora e ancora, nonostante il mio cervello continuasse a implorarmi di fermarmi lì, che già il danno lo avevo fatto.
Non potevo perdermi ulteriormente con lui, non quando avrei dovuto dirgli addio da un giorno all'altro: Eren non si meritava niente del genere, non per colpa mia.
E anch'io di problemi ne avevo abbastanza, ci mancavano solo i sensi di colpa.
Vaffanculo, cosa diamine mi era preso?
Stavo per rispondere, quando un rombo di tuono in lontananza mi fece sussultare: la velocità con la quale il tempo cambiava nella Foresta era sbalorditiva.
"Sarà meglio muoverci." Dissi sbrigativo, alzandomi.
"Ma-" Fece lui, ma lo interruppi subito con un gesto stizzito della mano.
"Eren, ho sbagliato, va bene? Non sarebbe mai dovuto accadere. Dimentica tutto." Rimboccai il sentiero e camminai veloce, ignorando il suo sguardo addolorato che mi perforava la schiena.
Sapevo di essere stato uno stronzo di prima categoria, ma se avessi continuato sarebbe stato più difficile per lui, per entrambi. Avevo agito nel migliore dei modi...vero?
Quella notte, Eren non tornò da noi.
***
Il giorno seguente, mi risvegliai con il cipiglio minaccioso di Hanji a un palmo dal naso.
"Tu!" Mi urlò contro, facedomi schizzare dal materasso e battere una craniata di tutto rispetto contro la parete dietro di me.
"Porca puttana! Che cazzo urli, deficiente?" Mi massaggiai il punto offeso - sentivo già delinearsi il contorno di un bernoccolo - e protestai di rimando, con la bocca ancora impastata dal sonno.
"Tu! Piccolo omino cattivo!" Continuò lei, puntandomi contro il dito, teatrale. "Parla! Dimmi che cosa gli hai fatto, o Satana!"
E anche il suo ultimo neurone si era suicidato.
"Ma di cosa diavolo parli, deficiente? E smettila di gridare come una dannata, sennò da Satana ti ci spedisco a forza di sberle!" ( Scusami, Satana, non te lo meriti, lo so. )
In realtà, sapevo bene a chi si stava riferendo: bastava uno sguardo per capire che qualcosa non andava; la baracca risentiva terribilmente della sua assenza.
"Non fare il finto tonto da strapazzo con me, Levi Kenneth Ackerman!"
Ahia, aveva sfoderato il nome completo: era davvero furiosa, allora.
"Dov'è Eren? Che cosa gli hai fatto, bruto? Ommioddio, l'hai ucciso, vero? Sì! L'hai ucciso, assassino, assassin--"
Sbam!
Il bastone della scopa le arrivo dritto dritto sulla testa, rintronandola.
"La vuoi piantare, per cortesia? È successo qualcosa con Eren, va bene, è questo che vuoi sentire? Ma non l'ho cacciato io il moccioso, sia chiaro, se n'è andato per conto suo, capito?"
"Ahiaiai..." Si lamentò lei, ma si riscosse subito, e se possibile, era ancora più infervorata di prima.
"Ah-ah! Lo sapevo che c'incastravi tu, mangia baguettes a tradimento! Che cosa gli hai detto, sentiamo! Lo hai ricoperto di insulti?"
"Peggio..."
"Ma non mi dire! Lo hai di nuovo fatto sentire un imbecille per la sua lisca?"
"No..."
"Scommetto un rene che l'hai obbligato a sorbirsi le tue teorie su come sia meglio cagare in piedi piuttosto che sedut--"
"L'ho baciato."
Si ammutolì di colpo.
"L'ho baciato e me ne sono andato, lasciandolo lì come un coglione."
Lei stava per dire qualcosa, ma la bloccai subito.
"Sono uno stronzo, lo so, non c'è bisogno che tu me lo dica. Ma avevo... Ho paura, va bene? Ho sentito delle cose, quando l'ho fatto. Cose che fino adesso mi erano completamente estranee, e mi spaventano Hanji, mi fanno paura, tanto sono intense, vere."
"Levi... Oh Levi ma è tutto così semplice..."
La guardai senza capire: "Che farnetichi?"
"Sei innamorato."
La porta della baracca si spalancò, ed entrò Eren: il silenzio calò immediatamente sulle nostre teste.
"Ereeeeeeen! Sei tornato da noi!" Poi Hanji gli si gettò al collo, urlando contenta; lui le sorrise, senza neanche degnarmi di un'occhiata.
"Dove sei stato?" Chiese lei.
"Già, dove sei stato?". Le feci eco, ma Eren non sembrò udirmi, e rispose direttamente ad Hanji.
"Sono ritornato al mio branco, sentivo la loro mancanza, e avevo bisogno di schiarirmi un po' le idee. Ti dispiace se resto qualche giorno con loro? Tornerò presto, promesso."
"Ma certo tesoro! E lo chiedi pure? Sono la tua famiglia, è logico!"
"Tsk." Mi limitai a fare spallucce, ma dentro di me stavo ribollendo di rabbia, e gelosia.
Che se ne andasse sì. Che se ne andasse una volta per tutte, non m'importava, non m'importava se fosse tornato dalle sue scimmie di merda. Anzi, meglio ancora se ci fosse restato: è facile scappare dai problemi, eh Eren? Proprio ora che stavo iniziando a capire.
"Io sarò anche uno stronzo senza cuore, ma tu sei proprio un codardo!" Esplosi, e mi precipitai fuori, sbattendo violentemente l'uscio alle mie spalle, sotto gli occhi sbalorditi dei due.
***
Passarono tre giorni: con la sua fuga, Eren mi aveva risparmiato il fardello di evitarlo come la peste.
Il problema però, oltre al rimorso costante, erano le frecciatine amare scoccate da Hanji, che non perdeva occasione di criticarmi la teatrale scenata da prima donna e la mia cazzata di proporzioni epiche.
Finii con l'inacidirmi talmente tanto, che neppure lei seppe più come fare per starmi attorno.
"Vado a far ricerche." Sentenziò una mattina presto, uscendo armata di zaino e taccuino.
Si era fatto ormai pomeriggio inoltrato, e non era ancora tornata.
"Vaffanculo. Vaffanculo a Kenny, a Erwin, a Eren...E a anche, te, strega!"
Trascorsi buona parte della giornata a lucidare da cima a fondo la catapecchia e a girovagare senza meta sulla spiaggia, le mani in tasca e la fronte corrucciata.
Giunsi in prossimità di una lieve insenatura: d'un tratto, mi sentii toccare una spalla.
"Era ora, Quattrocchi. Pensavo ti avessero mangiata i leo- Eren."
Eren mi fissava sorridendo, gli occhi verdi ancora più luminosi di quanto mi ricordassi.
"Ciao."
Ciao?!? Era quello, quanto di meglio sapeva dirmi? Solo un misero, insulso, insignificante 'ciao'?
Mi prudevano le mani: avrei voluto prenderlo a parole fino a che non mi si fosse seccata la gola, riempire di calci il suo bel posteriore, urlargli contro che non c'era bisogno di scappare a gambe levate, che saremmo potuti venire a capo della questione e...
Poi feci probabilmente la cosa più saggia di tutte, e mi gettai tra le sue braccia.
-
Quanto mi erano mancate le sue labbra, in quel breve lasso di tempo: sapevano ancora di miele e cocco, e ancora, non me ne sarei mai voluto separare.
"Siamo stati due imbecilli." Articolai tra un bacio e l'altro.
Poi non seppi neanch'io come, ma mi trovai a cavalcioni di Eren, qualche istante dopo: sapevo solo che il calore della sua pelle nuda m'inebriava i sensi, le sue mani grandi sui miei fianchi mi facevano attorcigliare piacevolmente le viscere.
Mugugnai nella sua bocca, lasciando che le mie mani esplorassero i contorni del suo corpo: dalla mascella squadrata lungo le linee del collo, fino alla curva dei pettorali. Tracciai ogni centimetro con meticolosa precisione, quasi a volerne disegnare una mappa dettagliata.
Sentii Eren che lasciava la presa dai miei fianchi per insinuarsi sotto il tessuto dei pantaloni, saggiando la pelle ancora coperta: rabbrividii, e gemetti più forte, staccandomi dal bacio.
"Eren..."
Lessi nei suoi occhi la stessa lussuria, il medesimo desiderio che, ero convinto, animasse anche i miei.
Approfondì il contatto, spingendosi più in profondità e finendo col palparmi i glutei a pieni palmi. Inarcai la schiena, nell'estasi più completa.
"Cazzo..." Soffiai, serrando forte le palpebre.
Poi il rumore di una zip mi riportò alla realtà.
Eren mi fissava incerto, come se lo volesse, ma rimase in attesa di un cenno d'assenso da parte mia - che ebbe, non appena gli accarezzai dolcemente la testa.
"Non...so come fare." Ammise piano. Probabilmente finora era stato guidato dall'istinto, ma adesso la cosa si faceva più complicata.
"Tranquillo." Lo rassicurai io: non ero certo un Dio del sesso, non mi sarei mai permesso di criticarlo, anzi, in realtà ero l'ultima persona in grado di farlo.
Guidai la sua mano oltre l'elastico delle mutande: sussultai quando le sue dita si strinsero contro il mio membro già teso, ed iniziarono a stimolarlo piano, curiose.
"Sì Eren, così--aaah." Mi liberò dall'inutile costrizione dei miei vestiti e, spronato dai miei continui lamenti, prese a darmi sempre di più.
Diavolo, se era bravo.
Dagli occhi semichiusi potevo vedere che, con l'altra mano, aveva iniziato a darsi piacere con lo stesso ritmo: bastò quella visione per portarmi al culmine.
Venni con un gemito roco qualche istante prima di Eren, riversandomi completamente nella sua mano: vidi le stelle, letteralmente.
"Dio mio..." Ansimai, la vista offuscata dall'intensa scossa di piacere, il petto che si alzava ed abbassava ad un ritmo innaturale.
Anche Eren pareva avesse appena ricevuto una gran botta in testa: osservava la mano coperta dal mio seme come l'ottava meraviglia del mondo, rimirando il liquido perlaceo.
Prima che potessi dire alcunché, iniziò a pulirsi, leccandosela.
"Eren, sei disgustoso!" Ma non lo intendevo veramente, e scoppiai a ridere.
"È buono!" Si difese lui, completando l'opera.
Ci appisolammo poco dopo, esausti, con la risacca a cullarci, dolce ninna nanna, l'anima nettamente più leggera.
***
"Parlami di te." Chiese d'un tratto Eren.
"Di me?"
La sua domanda mi prese in contropiede: deglutii.
"Non c'è molto da dire, in verità." Ed era vero, la mia vita fino a quel momento era stata emozionante quanto stare in fila dal dottore.
"Non m'importa, voglio solo sentirti parlare."
Lo accontentai.
"E va bene, mocciosetto viziato. Mi chiamo Levi Ackerman, ho trentaquattro anni suonati e spero di non ridurmi con due peli in testa in croce come mio zio, può andare?"
Lui rise, accoccolandosi contro il mio fianco: "Continua..."
"Non so cosa ti aspetti, Eren, ma non sentirai racconti come quelli dei libri di Hanji. Sono una persona estremamente ordinaria, tanto da rasentare la noia: vivo in una casetta normale, in una via normale del quartiere più normale che tu possa trovare a Londra.
Odio i miei studenti con tutto me stesso, sono solo delle teste vuote incapaci, buone solo a lamentarsi del sistema.
Sono allergico alle noccioline e non sopporto la carne poco cotta, odio l'uvetta nei biscotti ma metterei la cannella ovunque: il thè è la mia droga.
Ho la fobia della polvere, dello sporco in generale e credo fermamente che i batteri tramino contro di noi - ma questo lo sai già." Presi fiato "Non ho mai conosciuto mio padre, penso che non ne abbia mai voluto sapere, di me: mia madre però era- è una donna forte, la più forte che io conosca, e si è presa cura di me nel migliore dei modi. Purtroppo, la vita parigina ci stava stretta, era troppo costosa, e la sua misera paga da cameriera spesso ci costringeva ad andare a letto con lo stomaco vuoto."
I ricordi si affollavano nella mia mente, sovrapponendosi sfocati.
"Avevo dieci anni: dovetti dire momentaneamente addio ai miei amici di sempre, Farlan ed Isabel, e partire per un posto sconosciuto, dove le persone parlavano una lingua diversa dalla mia, e che già sapevo avrei detestato con tutto me stesso. Quei due...Ti adorerebbero, lo sai? Soprattutto Isabel, lei è come te." Sorrisi, pensandoli.
"Ma me la cavai, ce la cavammo: mia madre riuscì a trovare impiego presso una nota sartoria, e mio zio Kenny di tanto in tanto ci allungava qualche gruzzoletto - ero grato a quello stronzo, nonostante me ne avesse fatte di tutti i colori."
Eren pendeva dalle mie labbra, così proseguii.
"A scuola conobbi Hanji, Mike ed Erwin, più avanti si aggiunsero Moblit e Nanaba: diventammo un gruppetto inseparabile di disadattati. La pazza di turno, il musone, l'adone greco, il dandy e la coppietta felice: un bel mix, non credi? Ma è grazie a loro, se la mia vita non fa poi così schifo."
Sì, decisamente volevo bene a quei cinque rimbecilliti.
"E tu?" Mi venne spontaneo domandarlo: mi ero appena reso conto che di lui, sapevo poco o niente.
"Io non so nulla di me." Le sue parole suonavano amare "Da che ne ho memoria, sono sempre stato con Kala ed il resto delle scimmie." Vedendo la mia espressione perplessa, chiarì: "Kala è come una mamma per me: è stata lei a salvarmi quando ero solo un bambino in fasce, ad accudirmi e a insegnarmi a sopravvivere, dopo che lui aveva già ucciso i miei veri genitori, e stava per uccidere anche me."
"Lui?"
"Sabor." Una luce pericolosa si era accesa nei suoi occhi, e un'ombra gli oscurò il volto. "Quella bestia e il suo branco ci danno la caccia da sempre, e continuano tutt'ora, a massacrarci: attaccano di notte, quei codardi, rapiscono i piccoli, devastano tutto..."
La frustrazione delle sue parole mi fece digrignare i denti sino all'inverosimile: sentivo di odiarlo anch'io, quel bastardo. Sperai con tutto me stesso che Erwin e gli altri non vi fossero incappati.
"Ma io lo ucciderò! Ucciderò tutti loro, fino all'ultimo!"
Afferrò un sasso e lo gettò con forza nel mare: rimbalzò due volte prima di disperdersi tra le onde.
"Perdonami" Dissi infine "Non lo sapevo, non sapevo niente di tutto ciò..."
Lui si calmò, e mi accarezzò teneramente la guancia.
"Non potevi saperlo, e anch'io non vi ho mai raccontato niente. Non perché non volessi, ma sai, fino a poco fa, l'unica parola che sapevo dire era 'merda'."
Scoppiammo in una fragorosa risata, poi ci adagiammo meglio contro la parete rocciosa, e osservammo il cielo chiaro, fino a che il sole non si tuffò nella distesa cristallina dell'Oceano.
"Vorrei portarti da loro, un giorno di questi. Se per te va bene, è ovvio."
"Ne sarei felice."
Quanto mi sarebbe mancato tutto questo: per la prima volta, nel corso della mia vita, mi sentivo completo.
Le nuvole minacciose all'orizzonte però, sembravano avvicinarsi sempre più, infausto presagio.
NdA: *riappare, conta le parole, sviene*
Non ci credo, ho aggiornato due volte in una settimana! Me lo merito o no un applauso?!?!
Penso che con questo capitolo vi siate beccate il diabete, ma spero di avervi soddisfatto 😉 - dite la verità, nella prima parte però Levi l'avreste voluto ammazzare ahahaha -
La pseudo scenetta sexy l'ho scritta sul divano mentre i miei guardavano la tv: siate clementi, è la seconda che scrivo in assoluto =_= volevo renderla sensuale ma non volgare, sono abbastanza soddisfatta.
Ci credete che mancano solo 3 capitoli più l'epilogo alla fine? Io no perché è la prima long che finisco ahahahahah ma ne devono succedere ancora delle belle ( Che fine hanno fatto Erwin & co.? E la smut dove la mettiamo? Questo era solo un assaggino!! )
Un bacione, alla prossima! ❤
Capitolo Otto: Danger
... aaaaiuto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top