Capitolo Due: Meeting
Ero spacciato.
Quei babbuini mi fissavano come l'ultimo pezzo di arrosto rimasto sulla tavola, la bava attorno alle bocche spalancate e il naso per aria a fiutare meglio il mio odore.
Da come fremevano eccitati, capii che dovessi essere particolarmente gustoso: l'aspirazione della mia vita, insomma, risultare appetibile ad un gruppo di bestie assassine.
Inizia a sudare, e parecchio: con la schiena pressata contro la parete scoscesa del dirupo, le gambe tremanti puntate a terra e la caviglia slogata che pulsava come non mai, sentii la paura prendere il sopravvento.
Il mio cervello lavorava veloce, cercando di elaborare una possibile soluzione, trovare una via di fuga, insomma, un qualcosa da mettere in atto per salvarmi la pelle, perché era più che evidente che a quelle fottute scimmie non andasse a genio discuterne davanti a una tazza di tè.
Stavo davvero per morire così?
Sarebbe stata quella la fine di Levi Ackerman? Sbranato da un branco di mammiferi assatanati, solo come un cane? Nessuno avrebbe mai trovato il mio corpo martoriato, e mio zio Kenny non avrebbe avuto una tomba su cui piangere il povero nipote caduto.
No, va bene, magari quello no.
... Seriamente riuscivo a far anche dello spirito in un momento del genere?
A riscuotermi dai miei sproloqui mentali ci pensò uno di quei babbuini, la cui stazza superava di gran lunga quella dei restanti: avanzò lento ed inesorabile verso di me, le narici dilatate.
"A cuccia bello. Cuccia ho detto!"
Come risposta ottenni un grido stridulo, tanto acuto che mi dovetti tappare le orecchie nel timore di diventare sordo: non si poteva dire che non ci avessi provato.
"Lo prendo come un no..."
Con un balzo, l'animale fu a un palmo dal mio naso: i suoi occhietti rossi erano fissi nei miei, spalancati all'inverosimile dal terrore.
Sentivo il suo fiato putrido sul volto e alcune gocce di saliva che mi inumidivano la camicia, già madida di sudore: fine dei giochi.
Serrai le palpebre, in un infantile convinzione: forse così non avrei sentito dolore, forse così sarebbe finita più in fretta.
Il mio pensiero volò per un attimo a Farlan ed Isabel: non li avrei mai più rivisti. E anche ad Hanji, ed Erwin, e Moblit.
Una lacrima mi scivolò veloce sulla guancia.
"Adieu..."
Poi, ad un tratto, il peso ostile della scimmia sul mio corpo venne meno.
Aprii lentamente gli occhi, incerto su cosa mi si sarebbe presentato davanti: il gruppo di babbuini si era volatilizzato con urli concitati, perdendosi nell'oscurità, mentre il loro capobranco era stato scaraventato qualche metro più in là e stava lottando con qualcosa.
O meglio, qualcuno.
Perfetto, ci mancavano le allucinazioni.
Perché quello che ora aveva immobilizzato la scimmia su di una roccia e le stava ringhiando contro, non poteva essere un uomo.
Un uomo nudo.
Un uomo nudo con dei deltoidi da far impressione.
"Ma che cazzo..."
Tentati di rimettermi in piedi, cercando al meglio di non far pressione sul piede ferito, ignorando gli immediati capogiri.
Mi tenni la fronte, mentre lentamente, iniziai ad alzarmi: sentii qualcosa di umido bagnarmi il palmo della mano. Giustamente mi ero anche aperto metà viso, perché la caviglia malandata e la schiena rigida come una tavola non erano abbastanza, no, dovevo anche sfigurarmi un po'.
Imprecai nuovamente contro Kenny.
Poi rivolsi lo sguardo verso il babbuino, sperando che il mio cervello non si prendesse nuovamente gioco di me: sicuramente, quando mi sarei girato, altro non avrei visto che quel dannatissimo primate scannarsi con un altro animale.
Nessun uomo nudo e muscoloso.
"Pas de homme, pas de homme, pas de homme" Continuavo a ripetermi come una cantilena, rispolverando il mio idioma di origine: mi aiutava a calmarmi.
E invece, vaffanculo, l'uomo c'era eccome.
Lo sentii ruggire un ultima volta contro il babbuino che, evidentemente capendo chi realmente comandava, con un verso stizzito, si liberò dalla presa e scappò con la coda tra le gambe.
Ero salvo.
Stavo già cantando vittoria, quando un ulteriore ruggito mi fece gelare il sangue nelle vene.
Gli occhi di quell'essere erano puntati dritti contro di me, due orbite verdi che mi scrutavano dalla penombra.
"Oh, merda."
***
La figura si avvicinò lentamente, la schiena ricurva e l'andatura sbilenca: sotto la luce della luna, - che rischiarava tutt'attorno senza le chiome degli alberi a impedirlo - tracciai mentalmente il contorno del suo corpo.
I muscoli, estremamente delineati, si tendevano passo dopo passo, flettendosi armoniosi: trattenni il fiato quando individuai un bell'assetto di addominali.
Qualunque cosa fosse, era decisamente ben attrezzata.
La suddetta cosa scattò e, con un salto degno del miglior atleta olimpico, mi fu addosso in un attimo.
(Urlai, e non molto virilmente, ma non ha importanza.)
Quando finalmente riaprii gli occhi, che avevo inconsciamente serrato in attesa di chissà quale morte atroce, mi ritrovai a fissare il volto della creatura.
Trattenni il fiato, la bocca aperta per la sopresa. Il mio primo pensiero fu 'Prendimi, ti prego' ma non lo avrei ammesso neanche a me stesso.
Deglutii, specchiandomi in quello pozze smeraldo che mi guardavano curiose, studiandomi: alcune ciocche più lunghe gli ricadevano sul viso, sfiorando i suoi zigomi alti.
Poi sorrise, e credetemi, non mi ero rammollito tutto insieme, ma quello era davvero il sorriso più bello che avessi mai visto.
"C-chi sei?" Chiesi piano, con un filo di voce.
Lui inclinò la testa, perplesso: benone, avevo a che fare con un energumeno, sexy, sia chiaro, ma senza cervello.
"Ce l'hai un nome?" Riprovai "Io sono Levi. Io," e m'indicai "Levi."
Sembrò capire, o almeno, così sperai, perché mi puntò un dito nel petto con un po' troppa foga, e rantolò un: 'Leee-v-aiii'
Storsi il naso, ma annuii rassicurante: il suo volto si illuminò.
"Leee-v-aiii, Leee-v-aiii, Leee-v-aiii!" Prese ad urlare eccitato - incolpai gli zuccheri della frutta per tutta quell'euforia.
"Sì sì Levi, Levi è il mio nome. Però ora tappati quella bocca sennò posso dire addio ai miei timpani! Già sono zoppo e storpio, non vorrei rimanere anche sordo."
Lui sorrise ancora, poi prese la mia mano - rabbrividii a quel contatto inaspettato - e se la mise sul cuore: la mia pelle nivea risaltava incredibilmente sulla sua caramello, in un piacevole contrasto.
"E-ren" Disse incerto "Io... E-ren"
Ah, allora ce l'aveva un nome, il marmocchio.
"Ti chiami Eren?"
Se è possibile il suo sorriso si allargò ancora di più, poi fece cenno di sì con la testa.
"Allora, grazie Eren."
Sicuramente non avrebbe capito, ma mi sentivo in dovere di ringraziarlo: dopotutto mi aveva salvato la pelle, non potevo ignorarlo solo perché aveva il quoziente intellettivo di un criceto, sarebbe stato troppo bastardo anche per Levi Ackerman.
Ero uno stronzo, ma non un ingrato.
Per un po', rimanemmo in silenzio: lo scimmion- Eren continuava a fissarmi con un'espressione inebetita sul volto, accucciato con le braccia abbandonate sulle gambe possenti. M'imposi di non prestare troppa attenzione al rigonfiamento che spuntava da sotto una scusa di gonnellino - erano foglie di cocco, quelle?
Autocontrollo, Ackerman, autocontrollo.
"Ehm," mi schiarii la voce, cercando un appiglio alla parete "Bene Eren, ora è meglio che vada, grazie ancora per tutto. Uhm, ci vediamo..."
Fu la cosa più intelligente che riuscii a dire, mentre cercavo di alzarmi per l'ennesima volta ignorando le grida di protesta della mia schiena.
C'ero quasi, ma non appena feci pressione sulle gambe, la caviglia infortunata non mi resse: caddi rovinosamente a terra, lasciandomi sfuggire un lamento.
"Si può sapere perché ce l'avete tutti con me?" Sibilai a nessuno in particolare, serrando la mascella dal dolore.
Sentii Eren emettere uno strano mugolìo e avvicinarsi concitato: indietreggiai di riflesso.
Lo vidi strapparsi un lembo di quella parvenza di gonnellino, gesto che mi fece arrossire ( se avessi iniziato a fissargli l'arnese, probabilmente non avrei più smesso ): con una delicatezza disarmante, tastò il punto del piede offeso.
Poi, sempre con estrema gentilezza, mi sfilò la scarpa - non mi sfuggì l'espressione perplessa che gli oscurò il viso, quando l'ebbe tra le mani - ed iniziò ad avvolgermi con la foglia, improvvisando una benda di fortuna.
Mi limitai a fissarlo in silenzio, incerto sul da farsi.
Come c'ero finito, esattamente, in un burrone, attaccato da un gruppo di scimmie sanguinarie e salvato poi da una sorta di bestione tutto ferormoni, con lo spirito da Crocerossina?
Ah sì, la mia voglia di avventura.
Mi sarei preso a sberle in faccia.
"Leee-v-aiii?" Dio, sembrava un bambino, un bambino grottesco però, visto la stazza: se ne stava ricurvo, ma potevo affermare con certezza che fosse molto più alto di me.
Anche se chiunque era più alto di me.
Gli sorrisi debolmente - lo feci davvero? - "Ti ringrazio Eren, ma non credo sia sufficiente, probabilmente avrò bisogno di una fasciatura più stretta, una crema e un buon ortoped-" Perché glielo stavo dicendo?
Per la seconda volta in quel giorno, sentii il terreno mancare sotto di me.
"Aaaaaah!"
Stavolta urlai davvero, e a pieni polmoni, giudicatemi pure per questo, ma un uomo ha il suo limite di sopportazione.
Tentai di dimenarmi, ma due braccia forti mi circondarono la vita, e improvvisamente mi ritrovai con la guancia pressata contro il petto di Eren, il suo odore forte, ma tutt'altro che sgradevole, che mi solleticava le narici.
Realizzai subito dopo che mi ritrovavo in braccio a un uomo sconosciuto e di dubbia intelligenza: il fatto che fosse mezzo nudo poi, non era di alcun aiuto.
"Eren, ma che cazzo fai? Non sono una dannata sposina, mettimi giù! Giù ho detto, mocciosetto!"
Lui, per tutta risposta, strinse ancora un po' di più la presa, e spiccò un balzo, iniziando a immergersi sempre più nel buio della foresta.
Le mie grida di protesta si persero nel silenzio della notte.
To be continued...
NdA: amo scrivere questa storia, seriamente, dovrei sfruttare il pov in prima persona più spesso, mi diverte troppo X°° comunque, entrata in scena di Eren e i suoi muscoli da culturista! Dal capitolo successivo tornerà anche Hanji 😉
Al prossimo aggiornamento!
Un bacione e grazie per aver letto :3
Capitolo 3: Interaction
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top