Capitolo Dieci: ... Where the heart is
'Je veux te faire l'amour '
Eren si fermò di colpo e mi guardò con la sua solita faccia da pesce lesso: si grattò pensoso la testa ed infine esordì con un 'Eh?' decisamente perplesso.
Manuale: 'Come uccidere la libido in 3 secondi o meno. Di Eren la scimmia.'
"Aaaaaargh!"
Mi sarei volentieri strappato i capelli: ora, uno cerca di fare il romantico, la pseudo bomba sexy... Un'allusione di qui, un'allusione di là, occhiatine ammiccanti e tutto il resto, per assistere a cosa, poi? Ad un australopiteco con un lemure in prognosi riservata al posto del cervello, totalmente imbambolato.
"Eren, come te lo devo dire... vediamo... Ti ricordi quando il santo Padre qui presente e Madonna Zöe non ti avevano ancora reso padrone del sacro dono della parola?"
"Ah-ah..." Annuì lui.
"Ecco, bene, già un passo avanti. E dimmi, ti ricordi anche quale delle tre uniche parole che conoscevi, ti era familiare, oltre a 'merda' e 'vaffanculo'?"
"Scopare?"
"Esatto! Oooh, bravo!"
Probabilmente, se ci fossimo trovati in un cartone animato, una di quelle classiche palle rotolanti del deserto sarebbe apparsa veloce sullo sfondo: Eren continuava a non capire.
"Non credo di aver afferrato..."
"Eren. VOGLIO FARE L'AMORE CON TE."
Alla fine esplosi esasperato e mi ritrovai ad urlargli contro, ma cazzo, nemmeno un bambino poteva essere tanto innocente!
Resomi conto di quanto appena detto però, arrossii incontrollatamente.
"...Sempre se vuoi, è ovvio: non vorrei essere accusato di stupro, sai, mi manca solo la denuncia del tribunale dei primati. Già immagino: 'L'imputato Levi Ackerman, colpevole di aver traviato il nostro casto e puro protetto ed averlo condotto sulla via della perdiz--"
"Levi."
Eren interruppe il mio blaterare non sense premendo le sue labbra contro le mie ancora dischiuse: insinuò la sua lingua al loro interno e mi coinvolse nel più appassionato dei baci mai scambiati fin'ora.
Si strinse contro di me con trasporto, mentre una mano andava ad accarezzarmi rassicurante la schiena: lo dovevo prendere come un sì quello, vero?
Il mio inner self stappò un spumante.
Quando Eren si staccò - dopo quella che mi parve un'eternità - mi fissò intensamente con le iridi liquide ed andò a stimolare la pelle delicata sotto il mio orecchio, mormorando sconnesso: ogni suo movimento, ogni suo gesto trasudava il più primordiale dei desideri, e per un attimo mi domandai come avesse fatto a nasconderlo così a lungo.
In un batter d'occhio, i miei vestiti ed il suo unico, striminzito indumento finirono abbandonati in un angolo dimenticato della grotta.
Non riuscii a non fischiare in apprezzamento: mi resi conto che lo stavo letteralmente divorando con gli occhi.
A fanculo il contegno proprio.
"Deduco ti piaccia quel che stai vedendo." Cantilenò lui, flettendo gli addominali sporgenti come a voler rimarcare il concetto.
"Oh-oh, eccome se mi piace, ragazzino." Mi leccai le labbra, e catturai di sfuggita lo sguardo famelico di Eren che ne seguiva il movimento.
Beccato.
Poi, improvvisamente, non vi fu altro per me che i suoi baci, i suoi tocchi, i suoi morsi e le sue mani che esploravano, mappavano ogni singolo centimetro del mio corpo nudo: per la prima volta nella mia vita, mi dimenticai di tutto il resto.
Il piacere m'invase le viscere che tremarono in anticipazione: digrignai violentemente i denti, sull'orlo della totale perdita di controllo.
Nulla di quanto avessi provato prima di allora poteva essere equiparato al fiume di sensazioni che m'inondò di lì a poco: il solletichìo sul mio collo, sulle braccia; lo strano tepore che andava aumentando nellapancia, intervallato da piacevoli, intermittenti spasmi quando le mani calde di Eren percorrevano l'intera lunghezza delle mie gambe, per poi soffermarsi sulla pelle sensibile dell'interno coscia.
La voglia irrefrenabile che mi aveva reso schiavo stava diventando sempre più una necessità urgente, disperata, critica, da soddisfare il prima possibile.
Ma Eren mi obbligò ad adattarmi al suo ritmo pacato, al suo tocco rilassato, portandomi in bilico tra beatitudine e follia ancora ed ancora, negandomi l'orgasmo volta dopo volta: a nulla valsero le mie suppliche.
"Eren...t-ti prego..."
Il mio membro arrossato doleva bisognoso di attenzioni, ed una occhiata fugace ad Eren mi fece rendere conto che anche lui non se la stava passando tanto meglio.
"Non ancora, Levi." Soffiò, sogghignando.
Piccola merda.
Ormai eravamo un groviglio scomposto di braccia e gambe: presi in mano la situazione, e mi avventai impaziente sulle sue labbra. Proseguii poi lungo la curva sinuosa del collo, lasciando una scia umida sino all'altezza dei pettorali.
La mia discesa si concluse quando inglobai completamente un suo capezzolo scuro, stimolandolo provocatorio con i denti: lo sentii gemere e sciogliersi sotto il mio tocco, in un climax sublime.
Sorrisi a fior di labbra, gongolandomi tra me e me, mentre la mia mano scattava ad accarezzargli lascivo il sesso tremante: se voleva giocare sporco, aveva trovato un degno avversario.
Ma Eren per l'ennesima volta mi prese in contropiede, e con un colpo di reni inaspettato capovolse le posizioni: mi spalancò le gambe con un unico, fluido gesto, e nulla m'impedì di urlare sorpreso quando vidi la mia intimità sparire tra le sua labbra rosse e tumide.
Con dolci, cadenzate lappate mi stava conducendo verso l'inevitabile oblio: il mio corpo era in preda ad una scarica continua di tremiti, e sobbalzava vittima degli spasmi.
Fu quando sentii un suo dito violarmi però, che persi completamente il lume della ragione, e diventai un pasticcio urlante, materia pura da plasmare un tocco dopo l'altro.
"E-eren... Smettila di giocare e sbrigati!"
"Suvvia, Levi, quanto sei impaziente..."
"Eren, muoviti o giuro che te lo frantumo!" Ansimai incazzato, tra un gemito e l'altro.
"E sai che son capace di farlo."
Non so se fu merito della mia minaccia, o dell'eccitazione irrefrenabile che si era appropriata anche di lui, ma un istante dopo - guidato dalla mia voce più esperta - Eren si unì a me.
Ad ogni spinta, sentivo gli ultimi bricioli di lucidità abbandonarmi definitivamente, il basso ventre che si contorceva, la mia schiena incurvarsi sempre di più.
"ErenErenEren..."
Sembrava che non fossi in grado di particolare altra parola all'infuori del suo nome.
Affondai le mie unghie nelle sue spalle tese, mentre lui fece cozzare i nostri bacini ancora una volta: lamenti rochi, più simili a ringhi che altro, si levavano dalle profondità più remote della sua gola.
Eren si riversò dentro di me con unico, lamento gutturale, e si accasciò stremato sul mio corpo nello stesso momento in cui raggiunsi l'apice del piacere ed il mio seme andava a sporcargli l'addome abbronzato.
Sfiniti, ci addormentammo così, ancora intrecciati, madidi di sudore ed ansimanti, mentre tutto attorno a noi sembrava sopito, distante.
Solo lo sciabordare tranquillo della cascata a cullare il nostro sonno e la consapevolezza di amarlo sempre più radicata in me.
***
I giorni successivi trascorsero senza alcun evento di particolare rilevanza: sapevamo bene che il battello sarebbe presto giunto a riprenderci - era questione di ore, ormai - ma nessuno aveva intenzione di nominare la partenza imminente.
Erwin e Mike avevano trascorso la maggior parte del tempo appiccicati come cozze, tant'è che non persi occasione di punzecchiarli.
Pensate che una mattina - mentre facevo colazione con gli ultimi residui di tonno e fagioli rimasti - vidi passare un messer Sopracciglio piuttosto claudicante: camminava a scatti, piegato in avanti, con una smorfia di dolore a deturpargli il bel volto.
E lì scattò il gene stronzo degli Ackerman: passai l'intera giornata a perseguitarlo, rincorrendolo ovunque e mollandogli, di tanto in tanto, possenti pacche sul deretano solo per vederlo sobbalzare sofferente.
"Ti si è infilato un tronco di baobab su per il tubo di scappamento, Erwin?"
"Levi, non è divertente."
"E io che pensavo fossi l'attivo per eccellenza, dannazione stavolta non ci ho preso. Mi è caduto un mito. Di' la verità... ti sei fatto mettere a novanta dal cane da tartufo?"
"Levi, per favore."
"Brucia il culetto?"
"LEVI!"
Finii con l'esaurirlo talmente tanto, che il povero biondino si mise a piangere sulla spalla di Hanji - mentre io mi dovetti rifugiare su una palma per sfuggire all'ira funesta di Zacharias.
Piccioncini apparte, intanto la Zöe aveva convinto quella pover'anima di Moblit ad accompagnarla in giro per le ultime escursioni di rito: l'ometto ritornava la sera palesemente provato e con punture sempre più grosse e purulente sparse per tutto il corpo.
Nanaba - forse la più normale di tutta la brigata - invece si limitava a sonnecchiare sulla spiaggia, raccogliere conchiglie e buttare giù qualche schizzo sul paesaggio circostante: era un'artista meravigliosa ed i suoi quadri sarebbero stati dei ricordi fantastici, una volta rientrati a Londra.
Già, ricordi...
"A cosa pensi?"
La voce di Eren mi giunse come un eco lontano, ma finì per scuotermi dall'involontario torpore nel quale ero precipitato.
Era da poco passato il tramonto: la rossa sfera infuocata del sole si stava per tuffare nell'immensa distesa salata, tingendo il cielo velato di una piacevole sfumatura rossastra.
Io ed Eren ce ne stavamo rannicchiati nella stessa insenatura che, dieci giorni prima o giù di lì, era stata testimone dei nostri primi intimi, impacciati tentativi: mi sembrava passata una vita...
"A... niente, mi ero un attimo distratto." Mentii.
Eren non sapeva niente della nostra imminente dipartita: non era a conoscenza che l'indomani, alle prime luci dell'alba, la nave che ci avrebbe condotto nuovamente a casa sarebbe salpata dalla costa selvaggia, e noi con lei.
Hanji, Erwin e gli altri avevano insistito a lungo, per farmi vuotare il sacco - e a ragion veduta, sia chiaro: ci avevo provato, lo giuro, ma ogni volta che tentavo di liberarmi di quel peso assurdo, i suoi occhioni verdi mi facevano morire le parole in gola.
Volevo godermi Eren e la sua felicità fino all'ultimo, potevano davvero considerarmi un egoista?
"E' qualche giorno che sei strano. Guardati ora, per esempio: hai una faccia orribile." Constatò poi il ragazzo, facendomi sussultare.
Cristo, ma dove aveva studiato psicologia, il belloccio? Dubitavo che le scimmie organizzassero punti d'ascolto e consultori vari all'ombra delle palme.
"Si dia il caso che questa sia la mia faccia, mocciosetto impertinente: se non ti piace, potevi pensarci prima!" Borbottai, con l'ultimo briciolo di spavalderia rimasta.
"Levi..." Eren mi afferrò dolcemente il mento, facendomi voltare: finii con affogare nelle sue pozze smeraldine, che mi fissavano in attesa.
Al diavolo...
"Dimmi cosa hai."
"Eren..."
"Avanti, cosa può essere di tanto grave? ... N-non mi stai tradendo con qualche macaco, vero?"
"Oi, imbecille! Ora non è che perchè mi son fatto te, allora debba scoparmi tutti gli esseri che respirano!"
"Ahahaha! Sto scherzando! Scusami, Levi, forse sono io che sono un po' troppo para--"
"Domani ce ne andiamo."
Mi uscì tutto d'un fiato, e un secondo dopo, avrei desiderato solo essermi morso la lingua a sangue: Eren era rimasto con la bocca socchiusa, una mano a mezz'aria in una carezza che non arrivò mai, il pomo d'adamo che sussultava a intermittenza.
"C-che cosa?"
"Domani... torniamo a casa. Viene il battello a prenderci..."
Lui continuava a guardarmi attonito, tentando probabilmente di metabolizzare le mie parole, ma invano.
"M-ma come...? Quando lo hai saputo?"
"La data del ritorno è stata stabilita lo stesso giorno della partenza. Era tutto programmato..." Mano a mano che parlavo, mi resi conto di quanto realmente cattivo dovetti suonare: avevo pensato solo a me stesso, ai miei sentimenti, a costruire una sorta di bolla sicura attorno a quegli ultimi giorni, ignorando completamente i sentimenti del ragazzo che dicevo di amare e la bomba che sarebbe scoppiata inevitabilmente una volta scoperto la bugia.
"E perchè non me l'hai detto...Levi...?"
"P-perchè..."
Perchè non volevo vederti triste, perchè non volevo ferirti, perchè non volevo che tu ci stessi male: perchè io non volevo star male -
"PERCHE' NON ME L'HAI DETTO!?!"
Eren gridò con quanta forza aveva nei polmoni: il petto villoso che si alzava e abbassava veloce, il volto paonazzo e una vena pulsante sulla fronte.
Nei suoi occhi di giada, potevo leggerci un mondo fatto di rabbia, amarezza, confusione, delusione...tradimento.
"Eren... Ho sbagliato, okkey? Lo so che avrei dovuto dirtelo subito, o almeno, qualche giorno ma, ma io--"
"Tu! Sempre tu, Levi! E a me? A me non ci hai pensato? A come sarebbe stato scoprirlo per caso, la viglia della partenza stessa, e solo perchè ti ho estrapolato la confessione con la forza? Dio, credo che se non avessi insistito tanto, saresti andato a dormire come se nulla fosse, stasera! Probabilmente domani mi sarei alzato per non trovare nessuno di voi."
"No, no! Non è vero, te l'avrei detto, lo giuro!"
"Certo, come no."
La sua voce grondava dolore, ed ogni parola era intrisa di tristezza: che cosa diamine avevo fatto, e che cosa mi stava dicendo il cervello in quel momento, esattamente?
"Eren, per favore..."
"Per favore un bel niente. Che non ci rivedremo mai più, a questo non ci hai pensato? Che tutto quello che è successo qui, tra noi - sì, perchè ne sono successe di cose - rimarrà solo una chiazza sbiadita tra i tuoi ricordi? Possibile che tu sia in grado di lasciarti alle spalle così tanto con altrettanta facilità? Non credevo di contare così poco per te, Levi: si vede che sono stato solo un passatempo per animare un po' la tua vacanza. Mi aspettavo almeno che tu me ne parlassi per tempo, mi sarei preparato: me ne sarei fatto una ragione. Non sarò nè intelligente, nè colto quanto te, ma ho dei sentimenti, come tutti voi uomini di cultura." Sputò infine.
Nemmeno il tempo di aprire bocca, che Eren era già scomparso, macchia indistinta nell'intricata vegetazione: il sole scomparse dietro la linea infinita dell'orizzonte, mentre l'oscurità mi avvolse.
***
"Andiamo, Levi: anche a me sarebbe piaciuto salutare Eren, ma non possiamo attendere oltre, ci stanno aspettando."
Erwin mi tendeva una mano dalla passerella del battello: Moblit e Nanaba stavano caricando le valigie nella stiva, ed Hanji arrancava verso di noi con uno scatolone tra le braccia pieno di cianfrusaglie, fogliame e campioni raccolti in giro.
Respirai a fondo, fissando assente la colonna di fumo bianco che si levava denso dalla ciminiera dell'imbarcazione, la "Paradì": sembrava un miraggio, vederla lì, ad un passo da noi, eppure mai come in quel momento avrei desiderato che scomparisse nel nulla, inghiottita dalle acque profonde.
Non ero il solito, ad essere di cattivo umore, quella mattina: l'assenza ingiustificata ed improvvisa di Eren non era stata accolta di buon grado, e nessuno ci mise molto ad individuare il colpevole.
Non lo negai, ma mi limitai a starmene in silenzio, profondamente scosso: era finita, e stavolta lo era davvero.
A distanza di neanche un mese, mi ero sentito più a casa in quella foresta di quanto non lo fossi mai stato immerso nel grigio torpore di Londra: svegliarsi alle prime luci dell'alba cullato dal canto melodioso di chissà quali uccelli variopinti, far colazione sulla spiaggia abbuffandosi di frutta deliziosa, trascorrere i pomeriggi ad esplorare anfratti sconosciuti, banchettare insieme davanti ad un falò acceso, gustando le prelibatezze che solo l'oceano era in grado di servire.
E poi c'era Eren...
Eren che in così poco tempo aveva completamente rivoluzionato la mia vita, portando alla luce un lato di me stesso sopito da anni, che non ero sicuro neanche di possedere.
Eren che mi salvava da quel branco di babbuini affamati,
Eren che mi prendeva in braccio stile sposina,
Eren che ronfava stretto al mio fianco,
Eren che ci seguiva di soppiatto sino al fiume,
Eren che per poco non mi affoga, ma che si fa perdonare un attimo dopo,
Eren che impara a parlare,
Eren ed io che ci baciamo,
Eren che lotta contro Sabor,
Eren che mi trascina dietro la cascata,
Eren...
Erano ancora questi i miei pensieri sul ponte della nave, mentre il mare sciabordava sotto di noi ed il fischio del comandante ci annunciava l'imminente partenza.
"Mi mancherà questo posto..." Hanji mi si accostò silenziosa, sistemandosi una ciocca ribelle dietro l'orecchio e fissando un punto impreciso nel verde.
La brezza marina giungeva fino lì, nella baia, scompigliandoci le chiome e coprendo la pelle di salsedine: un gabbiano gracchiò alto nel cielo terso.
Quando non risposi, continuò: "Se la caverà, vedrai..."
Vecchia strega, mi aveva letto nel pensiero! Anche se, probabilmente mi si leggeva in faccia: non sono mai stato un asso nel nascondere i sentimenti.
E a dirla tutta, nemmeno ci stavo provando.
"Non so se posso dire altrettanto di te, però."
Deglutii rumorosamente, passandomi frustrato una mano tra i capelli: Hanji aveva ragione.
Già stavo palesemente crollando a pezzi, e non avevamo ancora staccato gli ormeggi.
"Sai Levi, tutti nella vita commettono errori." Proseguì lei, sorridendo "Ad alcuni, purtroppo, non vi è rimedio, ed allora non bisogna far altro che mettersi l'anima in pace ed andare avanti, imparando da questi, facendone tesoro. Ma per altri... Oh per altri sì, che una soluzione c'è! Solo, talvolta siamo troppo accecati dalla disperazione per ciò appena successo, che non ce ne rendiamo conto."
Cosa stava cercando di dirmi, quella strizzacervelli?
"E tu sei ancora in tempo."
Un attimo dopo, i miei occhi - a mia insaputa, carichi di lacrime - scorsero al limitare della foresta una sagoma umana, familiare, che correva verso di noi.
"Eren..." Sussurrai, allibito.
Ed un secondo più tardi mi tuffavo nel manto cristallino, il cervello in cortocircuito.
Non era, salpando per Londra, che avrei fatto ritorno a casa.
Ricordo che un giorno, qualcuno mi disse che la vera Casa, sta dov'è il tuo cuore.
Ed io - mentre annaspavo tra i flutti dell'Oceano, nuotando verso la spiaggia - ero certo che Eren se ne fosse appropriato irrimediabilmente, ormai troppo tempo prima.
" Home is where your heart is
Find where you belong,
start to take control,
show a little soul
Then you feel who you are"
Fine
Nda: In ritardo clamoroso, l'ultimo capitolo... Non so nemmeno come mi senta, ma sono felice di aver concluso questa storia, ci sono affezionatissima <3
Spero che la lemon non abbia fatto troppo schifo - è la seconda che scrivo in assoluto, e non volevo risultasse per niente volgare, più un qualcosa di sensuale e piacevole :3
Domani posterò anche l'epilogo, così il sipario su 'Strangers like me' si chiude definitivamente ;-;
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