1 章

L'abisso: infinita oscurità attraente.

-Chiara

Buio. Riuscii quasi a percepirne il sapore amaro e la sua fragranza oscura invadermi le narici in modo quasi sconcertante. Eseguii un sospiro pesante, talmente pesante da riuscir a svuotare i miei polmoni da qualunque molecola d'ossigeno presente in essi. Respirai; lasciai che nuova aria mi invadesse, purificandomi dal lercio che percepivo fuori e dentro di me. Aprii gli occhi: fui totalmente invasa dal buio, ancora. Un senso di ansia si creò in me, trasformandosi in vero e proprio terrore dopo aver udito un forte fracasso, non molto lontano da me. Alzai il capo; non so cosa precisamente stessi cercando, poiché fu il terrore a dettare i miei movimenti e pensieri incerti, fu esso ad urlarmi scappa.

Mi alzai ed eseguii passi lenti, faticosi, intorno alla stanza buia. Poggiai le mani su una parete, e con non poca incertezza iniziai a sfiorarla, seguirla, fino a giungere ad una finestra sbarrata. Con non poco sforzo riuscii a staccare le assi di legno interne – ormai sul punto di divenir marcie - che la serravano tappando ogni singolo spiraglio di luce che tentasse di entrare, scoprendo poi che ce ne fossero delle altre più robuste all'esterno. Mi voltai arresa, pronta a curiosare tra le cianfrusaglie che riempivano il pavimento polveroso intorno a me. Mi diressi verso una grande scrivania, su cui era posto un immenso e lurido specchio e osservai la mia immagine offuscata. Con un maglione abbandonato lì vicino, tentai di rimuovere i vari strati di polvere depositati sul sottile vetro. Riuscii a malapena nel mio intento, ma riuscii comunque a scorgere sul mio viso vari strati di lerciume, i capelli annodati e l'abito stropicciato. Non mi ero mai guardata con tanto disgusto. Lasciai che l'aria evadesse libera dai miei polmoni, e con un coraggio a me sconosciuto, continuai ad osservare. Troppo impegnata a curiosare non mi accorsi di uno scatolone abbandonato sul pavimento, inciampandovi. Mi feci male, davvero molto, ma al momento non mi sembrò importante, anzi, mi sembrò totalmente irrilevante. Invece di preoccuparmi di ciò iniziai a svuotare lo scatolo, cercando nel suo contenuto qualcosa che potesse interessarmi. Trovai svariati oggetti che sembrarono possedere a un bambino, tra cui un vecchissimo carillon, un pallone da spiaggia sgonfio e un album di fotografie, posti sopra un mare di peluche dal colore sbiadito. Feci per aprire il carillon, ma non appena provai partì immediatamente una melodia, che per quanto bella fosse, era completamente di troppo in una situazione simile. Lo rimisi al suo posto, e con non poca curiosità raccolsi l'album di fotografie. Lo aprii, e da esso cadde una fotografia parecchio ingiallita. La raccolsi, ma non ebbi nemmeno il tempo per osservarla, che mi fu sottratta dalle mie stesse mani, da altre molto più grandi e forti.

Lo spavento prese ogni parte di me, ed entrai nel panico più totale. Un urlo grattò la mia gola e come per istinto mi allontanai dalla figura di fronte a me, inserendo una certa distanza di sicurezza tra me e lo sconosciuto dalla stazza imponente.

-"Neanche il tempo di riprenderti e fai la curiosa. Attenta a quel che tocchi, zuccherino." Fu allora che sollevai lo sguardo verso il suo viso, e con sorpresa mista a paura, notai come il suo viso fosse coperto, tenendo in bella vista solamente i suoi occhi scuri e cupi come la pece, freddi come neve d'inverno. Un brivido mi percorse la schiena. In quale strano gioco mi ero cacciata?

Domandai a me stessa che cosa avessi fatto di tanto male per trovarmi in un posto simile, insieme a una persona che riesca a incutermi timore fino a fior di pelle. Forse feci un torto a qualche angelo del paradiso, e fu così che mi stava spedendo giù negli inferi di colpo. Questo pensiero mi sembrò talmente irreale quanto vero. La sua figura imponente mi sovrastò ancora per qualche minuto, troppo intento a scrutare il terrore invaso in ogni angolo del mio cuore. Fissai i suoi abiti scuri, troppo impaurita da sfidar il suo sguardo. La camicia nera non era stata del tutto abbottonata, lasciando che qualche collana potesse risultare il bella vista. E i pantaloni eleganti, del tutto ben stirati, mi lasciarono quel retrogusto aspro sulla lingua. Mi sembrò un uomo importante, magari con un qualche titolo, un incarico importante nella società.

Poi con movimenti svelti, si abbassò anch'egli, posizionandosi di fronte a me.

-"Senti zuccherino, smettila di fissarmi così. O la suola delle mie scarpe sarà l'ultima cosa che vedrai oggi." Deglutii ad udire la sua voce profonda e melodiosa, in completo contrasto al suo atteggiamento verso i miei confronti; quasi come se fossi un burattino il quale teneva ormai in pugno. Mi sfiorò appena, scostando una ciocca arruffata dal mio viso, con così tanta delicatezza che quasi pensai di essermelo immaginato. Mi allontanai lievemente, giusto per fargli comprendere di non essere abboccata in un qualche gioco infernale dettato dalle sue labbra e di non pendere da esse. Dal suo sguardo percepii che stesse sorridendo, e sinceramente, pensai fosse solo riguardo a un suo pensiero su qualcosa di vagamente contorto, qualcosa che la mia mente non riuscì a comprendere. Poi ancora, la sua voce.

-"Giochi col fuoco, lo sai questo vero?" Un brivido mi pervase interamente, quasi come se un fulmine mi avesse appena colpita. Mille domande si susseguirono nella mia mente, tutte senza alcuna risposta. Il terrore era ormai divenuto parte di me, che quasi mi sembrò strano pensare vagamente di scampare al pericolo imminente, presente di fronte ai miei occhi. Pericoloso quanto stranamente intrigante. Seppur il terrore mi dominasse, non riuscii a distogliere lo sguardo dai suoi occhi profondi quanto un intero abisso di oscurità.

-"Posso sapere chi diamine sei?!" Urlai in preda alla frustrazione, allo stress, a tutta la paura che mi scorreva nelle vene e pompava il mio cuore già da una buon ora. Il coraggio si fece vivo per un breve istante, giusto il tempo di sfidar il suo sguardo penetrante. Mi fissò per un momento e, con voce roca, ruppe il silenzio devastante che ci circondava. L'ansia mi devastò, talmente tanto che ad udirlo parlare il mio cuore tremò.

-"Mi chiamano V." Rispose vagamente, dirigendosi verso la porta oscura e proibita. Come crede che ciò mi basti?  L'adrenalina mi pervase per l'ultima volta e, con un movimento scattante, lo raggiunsi. Lo afferrai per la camicia, facendolo voltare nuovamente verso di me. Incontrai ancora i suoi occhi color cioccolato e il suo sguardo intimidatorio e, quasi mi pentii di esser stata talmente avventata. 

-"Diminutivo di?" Domandai ancora con voce flebile, quasi in un sussurro di terrore.

-"Sono Vante il Vorace, capisci che intendo?" La voce fu forte, profonda, abissale. Mi tremò l'animo ad udire il suo tono fermo e implacabile. Lasciai lentamente il tessuto scuro scivolare via dalle mie dita, e indietreggiai lentamente, nascondendomi nella penombra della stanza.

Senza alcuna titubanza, chiuse la porta dietro a sé, abbandonandomi alle tenebre più pure che la stanza avesse da offrire. Fu così che il silenzio mi circondò e l'abisso m'inondò.

Tutto quel che mi rimane da fare, è respirare.

a.a. -> 

Questa è la nostra prima collab insieme, questo primo capitolo è stato scritto da Chiara quindi tutti i crediti vanno a lei. Un bacio da entrambe, non fregateci tae.

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