Che L'incubo Abbia Inizio

Quel nome accese una scintilla nel mio cervello, la mia mente si risvegliò e con mia sorpresa non fui l’unica ad aver avuto quella sensazione. I ragazzi sul palco si scambiarono degli sguardi tra di loro, Skyler mi lanciò un’occhiata. Chi era Addison Monroe? “Non c’è nessuna Addison Monroe in questa scuola.” Annunciò il preside senza staccare gli occhi da Noah. “impossibile.” Disse la donna francese. “Tu ragazà, in prima fila con occhi da scerbiato.”  Continuò indicandomi. “Io?” esclamai sorpresa. La donna annuì guardandomi dritta negli occhi. “Non conosco nessuna Addison Monroe.” Risposi imbarazzata. “Ragazza in prima fila avvicinati al palco, sei l’ultima che si unirà a gli altri ragazzi.” Intervenne la voce metallica dell’altoparlante. Salii sul palco lasciandomi dietro centinaia di commenti, tutti si lamentavano, dicevano che non era giusto che io andassi in vacanza se non ero stata estratta, in effetti non avevano tutti torti. Lu mi guardò salire le scalette laterali, non sapevo se mi odiasse perché avrei passato due settimane con il suo fidanzato o se fosse sollevata per lo stesso motivo, sapeva che non ci avrei provato con lui e questo la metteva tranquilla in qualche modo. Non appena misi un piede sulla superficie di legno del palco sentii lo sguardo di qualcuno bruciarmi la pelle, sollevai il mio e notai che Nate Cooper mi stava fissando, chissà per quale motivo avevo sperato che quello sguardo fosse di Skyler. Mi sistemai vicino a Chanel e aspettai che la donna francese finisse di parlare, quando lo fece tutti iniziarono ad alzarsi, ma furono interrotti dalla voce metallica degli altoparlanti. “I ragazzi estratti si avviino verso l’uscita della scuola, i vostri genitori sono già stati avvertiti, non c’è la possibilità di ritirarsi. Delle valige con dei vestiti vi aspettano sulla porta d’ingresso, salirete sulla limousine parcheggiata qua fuori, se qualcuno cercasse in qualsiasi modo di scappare oppure di andarsene verranno presi provvedimenti scolastici come la sospensione o l’espulsione. Fate buon viaggio ragazzi.” La voce si spense con uno stridulio e la folla si riempì di brusii. Tess iniziò ad agitarsi e a chiedere delle spiegazioni, non poteva accettare che sua madre l’avesse lasciata lì su quel palco con noi. “Che c’è Barbie, ti rode che per due settimane non avrai più la tua piscina di soldi?” la stuzzicò Jessica con un ghigno storto. “Stai zitta incivile.” “incivile io?” ribatté lei con una risata amara. “Smettetela ragazze.” Si intromise Isabel con un tono calmo nella voce, reggendosi ad Eric per stare in piedi. “Ragazzi andiamo.” Annunciò la donna francese mentre la folla si avviava verso l’uscita e la sala si svuotava lentamente. “Noah-” fece per dire il preside guadagnandosi il suo sguardo, non poté nemmeno parlargli che la donna francese ci trascinò fuori dalla sala, lungo i corridoi e infine sul ponte di cemento dove poco tempo prima avevo salutato mia madre. Lì, ammassate sull’asfalto ci aspettavano dieci valige nere luccicanti, su di esse delle etichette indicavano i nomi dei proprietari, come se l’estrazione non fosse avvenuta in modo casuale, sembrava che la scelta dei ragazzi da portare sull’isola fosse stata programmata già da tempo. “Wow.” Fu tutto quello che riuscì a dire Grayson quando la limousine, parcheggiata al lato del parco, si avvicinò a noi. “Non ti ci abituare troppo.” Lo zittì Jessica osservando con sguardo attento gli uomini guantati che scendevano dalla limousine e ci prendevano le valige. “Scusate, io devo andare a casa, avete sicuramente dimenticato qualcosa, i miei vestiti non ci stanno tutti lì dentro.” Si affrettò a dire Tess accollandosi ad uno degli uomini in giacca e cravatta. “Mi dispiace signorina, questo è tutto quello che mi ha dato vostra madre.” Rispose lui mettendo una valigia nel bagagliaio. “Almeno posso chiamarla?” continuò Tess seguendolo e sistemandosi la frangia bionda. “No, sua madre è partita poco fa per una settimana a Parigi, la potrà chiamare non appena arriveremo all’isola.” Concluse l’uomo chiudendo il bagagliaio e sparendo tra i sedili anteriori. Tess rigirò il braccialetto che aveva al polso nervosamente e con uno sguardo cupo squadrò tutti i suoi compagni di viaggio, sì, compresa me. “Salite.” Disse la donna francese aprendo la portiera e mostrandoci una serie di divanetti foderati in pelle nera. “Wow.” Ripete Grayson ridendo e precipitandosi all’interno della vettura. Mi sedetti tra Chanel ed Eric, di fronte a me, stravaccato come fosse a casa sua, Nate mi fissava con un sorriso, di fianco a lui, in compenso, Noah squadrava di continuo Eric e Skyler non faceva altro che lanciare occhiatacce a Nate, in una gara di sguardi che non terminava mai. Isabel guardava fuori dal finestrino alla sua sinistra e Tess si rigirava in mano il suo braccialetto, Grayson commentava la limousine e Jessica lo zittiva ogni volta, che bella squadra formavamo. “Ok, qui la cosa va di male in peggio, perché non ci facciamo qualche domanda per conoscerci meglio?” esclamò tutto un tratto Chanel quando la tensione tra Skyler e Nate e tra Grayson e Jessica diventò insopportabile. “Sì, così puoi sbatterci in faccia la tua vita da corte reale, dimmi un po’ hai un vestito per ogni stanza del tuo castello Chanel? O dovrei chiamarti mia altezza.” “Smettila Jessica non è colpa sua se è nata nella famiglia reale.” Mi intromisi io creando un piccolo sorriso sulle labbra di Chanel. “Allora tu perché vieni in questa scuola eh? Non sembri il tipo di ragazza ricca.” Chiese Grayson con uno sguardo di sfida. “Tu che ne sai, non sai neanche come sono fatti cinque dollari a considerare da come ti vesti.” Ribatté Jessica con un ghigno. “Ok ora basta.” Annunciò Noah staccando gli occhi da Eric per la prima volta da quando era salito sulla Limousine. “Il figlio del preside ha parlato. Ma sentitelo.” Commentò Tess con una risatina. “Beh almeno mio padre si preoccupa per me, tua madre che ha fatto eh? Niente. E’ partita per Parigi e ha lasciato la sua unica figlia…da sola.” Ribatté Noah con un sorriso tirato. “Non tirare fuori mia madre.” Urlò Tess alzandosi dal suo posto e cercando di afferrare Noah. “Sentite non ce la faccio più.” Esclamò tutto un tratto Jessica sovrastando gli insulti di Tess contro Noah. “capo.” Chiamò l’autista battendo sul vetro della Limousine. “Quanto manca?” chiese quando questi tiro giù il finestrino lentamente. “All’isola o al porto?” rispose lui guardando il riflesso di Jessica nello specchietto retrovisore. “Entrambi.” Annunciò lei dopo averci lanciato un rapido sguardo. “Per il porto un’oretta mentre per l’isola cara mia, non arriveremo prima di stasera.” Concluse l’autista richiudendo il vetro. Gli occhi celesti di Jessica si chiusero ad una fessura. “fantastico.” Commentò guardando Tess che cercava di prendere a pugni Noah ma veniva fermata da Skyler. “Belle le nuvole.” Ansimò Isabel formando una macchia di condensa sul finestrino della limousine. Tess finalmente si calmò e si sistemò accanto a Skyler, Jessica si mise le cuffiette alle orecchie e non fiatò più, Nate iniziò a rigirarsi un mazzo di carte tra le mani e Grayson iniziò a giocare con il cellulare. Ogni tanto mi ritrovavo a guardare nella direzione di Skyler e, quando non lo facevo, sentivo il suo sguardo bruciarmi la pelle e successivamente sentivo Tess schiarirsi la gola e fargli alcune domande per distrarlo, in un circolo continuo che non finiva mai. “Dove l’hai fatta?” chiese tutto un tratto Tess a Skyler prendendogli la mano e seguendo la linea della cicatrice che gli tagliava in due il palmo. “Da piccolo il mio cane mi ha morso.” Disse in modo distaccato togliendo bruscamente la sua mano da quella di Tess. “Come si chiama? Il cane dico.” “Chiamava, è morta. Stella, se ci tenevi tanto a saperlo.” Rispose fissando il sedile di fronte a lui. “Beh non avrai più un cane ma almeno hai ancora una mano.” Commentò Jessica che aveva origliato tutta la conversazione. “e una ragazza.” Si intromise Noah con un ghigno. “Ma non vi stufate a starvi sempre addosso mamma mia.” Disse Nate parlando per la prima volta da quando eravamo saliti in macchina. “Ci risiamo.” Dissi alzando gli occhi al cielo. “Tesoro non siamo nella tua parte di città, qui non basta un panetto di coca per comprare tutti.” Commentò Tess guardandolo con aria di sfida. “Beh con quella anche solo una striscia.” Ribatté indicando Isabel, che ancora guardava fuori dal finestrino estasiata. Tess iniziò a blaterare e Nate non si degnò nemmeno di risponderle, cosa che la fece infuriare ancora di più, eravamo insieme da meno di un’ora e già non ce la facevo più. Tutto un tratto la macchina si fermò e mi sentii sollevata. “Grazie a Dio siamo arrivati.” Esclamai preparandomi per scendere. “Oh no, ci hanno attaccati…ora ci uccidono… che succede?” blaterò Isabel vedendo che gli alberi sotto i suoi occhi non scorrevano più e avevano lasciato posto ad uno specchio d’acqua. Chissà che cosa stava vedendo in quel momento. L’uomo con lo smoking e i guanti ci aprì la portiera e ci precipitammo fuori in un millesimo di secondo, non so chi desiderasse di più stare il più lontano possibile dagli altri, probabilmente Jessica dal momento che, non appena la portiera scattò con uno schiocco metallico, sparì tra le barche. “Bell’iniziò.” Disse Skyler con un sorriso quando fummo sul pontile. “Già, spero che non sia sempre così perché sennò partiamo in 10 e torniamo in 9.” Risposi con un sorriso. “So che sei nuovo in questa scuola non è vero?” sentii dire a Noah, pochi passi avanti a me. “Si e tu sei il figlio del preside.” Rispose Eric avviandosi verso lo yacht che ci aspettava attraccato al molo. “Così ho sentito.” Rispose Noah con un sorriso. “Hai fatto a pugni il primo giorno?” continuò lui. “Se vuoi metterla così si.” “Troppo presto eh?” Eric annuì ridendo e salì sul pontile dello yacht.  Mi fermai a guardarlo prima di seguirlo al suo interno, era enorme, laccato di bianco con delle strisce blu che riflettevano i raggi del sole, ormai alto nel cielo, sulla fiancata il riflesso cristallino dell’acqua si rifletteva in mille sfumature rendendolo ancora più bello di quello che già era. “Saint Christine.” Esclamò Nate facendomi prendere un colpo. “bel nome.” Continuò salendo sullo yacht e scostandosi i ricci corvini dagli occhi.

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