I Feel Everything So Beautiful When You Touch Me
Non riuscivo a crederci. Dopo tutto questo, non riuscivo a capacitarmene.
Ma, mi premeva di più avere una risposta ad una sola domanda che mi tormentava la mente da molte settimane: perché? Perché mi aveva fatto questo? Avevo fatto qualcosa di male io? Che diavolo di motivo aveva avuto per fare ciò che ha fatto?!
A queste domande volevo avere una risposta, e il più in fretta possibile.
Avevo provato milioni di volte a contattare Beryl, ma lei non rispondeva al telefono, nemmeno ai messaggi, nessuno sapeva dove fosse e per le strade di New York non si vedeva da un po' di tempo: in poche parole sembrava scomparsa letteralmente dalla faccia della terra.
Stamattina avevo deciso di andare a casa sua per sapere se stesse bene.
Indossai una t-shirt bianca, jeans del medesimo colore e sandali con un tacco di 5cm e uscii.
Arrivata davanti al portone fui assalita da un'improvvisa preoccupazione e panico, così mi dissi di calmarmi e finalmente pronta suonai al campanello.
Mi aprii Beryl. Aveva le guance arrossate e gli occhi erano rosso sangue, spenti come se ogni speranza fosse scivolata via dal suo corpo.
Teneva una bottiglia di vino tra le mani, strette sulla superficie liscia del vetro, le sue nocche bianche mi fecero capire che stava stringendo molto la bottiglia. Sulle guance arrossate scivolavano delicatamente, come ricordi che svaniscono, lacrime piene di tristezza e rassegnazione, i capelli biondi arruffati.
Non riuscivo a guardarla negli occhi, non perché mi vergognassi di lei, ma mi faceva stare troppo male vederla in quello stato: ubriaca e così triste.
Poi, finalmente, riuscii a sussurrare:
- Beryl, stai bene?...Ecco, io non ti vedo da tanto tempo e sono venuta per sapere se stessi bene, è molto tempo che non ti fai sentire- lo dissi incerta come se avessi paura della sua reazione. Ed era vero. Avevo paura di ciò che mi avrebbe potuto rispondere, avrebbe potuto urlarmi di essere una stronza, una persona senza cuore.
Troppi pensieri mi affollavano la mente e non riuscivo a metterli in ordine.
Proprio quando pensai che cominciasse a urlare fece una cosa che mi stupi' più di ogni altra cosa al mondo: Beryl posò la bottiglia a terra, venne verso di me e mi strinse le braccia attorno alla schiena in un abbraccio triste e pieno di cose non dette. Poi si mise a piangere. Un pianto liberatorio. La strinsi ancora di più a me: avevo già capito cosa voleva dirmi senza nemmeno aver pronunciato una parola.
Era una sensazione fantastica, vorrei essere rimasta lì per sempre, non volevo andare via. Avevo troppa paura. Di perderla ancora una volta. Capii che anche lei provava la stessa cosa e, per tranquillizzarla la baciai, un bacio dolce e pieno d'amore, quello.
Lei ricambiò e, in quel momento, capii che il regista aveva ragione:
Non dobbiamo nasconderci per paura di ciò che possono pensare gli altri di noi
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