Capitolo 3 - Piccoli frammenti di quitidianità

«Tutto ok?»
Sento la voce di mia madre dall'altra parte della porta, disincantandomi da quelle righe e quelle parole scritte con una calligrafia infantile.

«Si, mamma»
Rispondo senza invitarla ad entrare, perché il mio intento è proprio quello di continuare a leggere, ma quando appoggio di nuovo il mio sguardo su quei fogli, sento nuovamente la sua voce che mi trapassa le orecchie.

«Ok allora esci che mi dai una mano ad apparecchiare»
Alzo gli occhi al cielo e nuovamente la sento borbottare.

«Non da mai una mano in casa, da sola non fa nulla, devo sempre dirglielo io»

Esco dalla stanza sbuffando, appena si gira mi guarda come se mi stesse analizzando, poi si rigira verso mio padre «ieri sera si è ubriacata e oggi non ha voglia di fare niente, come sempre. Deve aver preso da te, non c'è altra spiegazione»

Vedo mio padre, seduto affianco al tavolo, mentre gioca con il telefono e mi lancia uno sguardo complice con un piccolo sorriso al lato della bocca.
Mi scappa una risatina, ma appena mi sente, Hitler riparte all'attacco «beh non vedo cosa ci sia di tanto divertente, state confabulando qualcosa voi due?»
So benissimo che non è per niente arrabbiata, sta solo cercando di stuzzicare.

Alzo per la milionesima volta gli occhi al cielo «dai mamma basta ora, eri così insopportabile anche da ragazza?» scherzo

«No, era peggio»
Mio padre si alza dal tavolo ridendo venendo verso di noi, mia mamma ridacchiando appoggia lo straccio che aveva in mano nella penisola e lo guarda sorridendo.
«E tu cosa ne sai scusa? Io mica ti conoscevo»

«Ti devo ricordare che anni fa questo paese era un buco che tutti conoscevano tutti?»

Mamma continua imperterrita a provocare, si diverte proprio.
Alza le spalle «poteva essere anche un buco, ma io non mi ricordo di te»

«Vabbè dai lasciamo stare, eri la principessa che non si degnava di dare uno sguardo ai plebei come me immagino»

Ed ecco qui che si ritorna ai soliti discorsi di quarant'anni fa. Immancabili.

«Io non ero la principessina, so solo che non ti conoscevo, punto»

Ogni volta sempre la stessa storia.

«Ehi, esisto anch'io, vi ricordate di me?»
Agito la mano per farmi notare, ma nulla. Loro continuano a rinvangare e nominare gente mai sentita in vita mia.

Dopo aver pranzato parlando del più e del meno, papà decide di andare a sdraiarsi un po', mentre io e mamma ci prendiamo un caffè.

Appena papà mette piede in bagno, mamma si volta verso di me.

«Allora? L'hai iniziato?»

«Si, ma sono solo alle prime pagine»

«Ci vuole ancora un po' allora, all'inizio può sembrarti noioso ma tu continualo, non te ne pentirai»

Annuisco, mentre sorseggio il mio adoratissimo caffè. Abbasso lo sguardo e lei subito mi scruta con i suoi occhi da cerbiatta «non immaginavo che avevi sofferto così tanto, insomma... la lontananza di casa»

Rialzo gli occhi verso di lei e la vedo fare un sorriso triste. Sta tornando indietro, sta rivivendo quel piccolo attimo della sua vita.

«Si, beh... non è stato facile»

Abbassa lo sguardo, la vedo per un attimo persa, mentre cerca qualcosa di indefinito. Sta cercando di razionalizzare qualcosa che secondo me non c'è. Le vedo i ricordi che le scorrono davanti agli occhi. Occhi nostalgici, che chissà cosa hanno visto.

«Per me allontanarmi dalla mia zona di comfort è stato davvero traumatico tesoro, credimi. Ero abbattuta, non sapevo cosa fare perché sentivo che quella terra così lontana non era la mia casa, ma comunque allontanarmi dai miei genitori non è stato bello. Ero in bilico tra lo stare con i miei genitori o nel mio posto felice. Dovevo fare una scelta e da lì il mio destino è andato a formarsi. È iniziato tutto da quella decisione»

«Pensi che se tu avessi scelto di restare lì, con i nonni, la tua vita sarebbe stata diversa?»

Ridacchia e solleva le spalle.

«Chissà, magari mi sarei risparmiata molti pianti»

«Pianti?»

Che domanda sciocca. Me ne rendo conto, ma non ho potuto fermarmi... solo perché l'ho sempre vista forte e coraggiosa, non vuol dire che non abbia sofferto.

«Oh si tesoro, e non sai quanti»

«In diciotto anni non ti ho mai vista piangere»

«Forse perché le mie lacrime sono finite»
Il suo sguardo fisso su di me non mi da tregua, non riesco a pensare lucidamente perché mi sto rendendo conto, piano piano, che non la conosco poi così bene.

Ho sempre conosciuto la mia mamma come una guerriera che non si abbatte in nessuna situazione, una donna forte in tutto; mi rendo conto solo ora che la persona che ho difronte a me è solo una facciata, il risultato di un percorso. Anche lei è stata una ragazzina, anche lei ha sofferto.

«Non vedo l'ora di sapere cosa ti porti dietro»
Le sorrido mentre prendo entrambe le nostre tazzine dal tavolo per portarle nel lavandino.

«Se ti ho dato il diario è perché voglio che tu lo scopra»

Le lancio uno sguardo furtivo, poi le do le spalle e vado nuovamente in camera. Sa già cosa ho intenzione di fare.

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