Capitolo 28 - sguardi fugaci
"Caro diario...
In questo momento sento una necessità irrefrenabile di scriverti, perché davvero non riesco a restare indifferente e a non pormi le solite mille domande quando c'è di mezzo lui.
Questo pomeriggio mi ha chiamata Anna, mia cugina, per avvisarmi che sarebbe passata a casa a prendermi per andare alla festa che c'era in piazza.
Sentivo come un ansia bella, particolare, come se il mio inconscio sapesse che lo avrei visto.
Non vedevo l'ora di incontrarlo, dopo questi mesi così soffocanti.
"Cosa farà quando mi vedrà?
Si accorgerà che i miei capelli sono molto più lunghi?
Magari mi farà qualche suo solito scherzo per attirare la mia attenzione, anche solo per farmi innervosire."
Erano una marea di domande che mi frullavano in testa senza sosta, mentre cercavo di immaginarmi come sarebbe stato.
Ho cercato di agghindarmi come meglio potevo, ho scelto il vestito più carino e mi sono truccata più del normale. Tutto per attirare la sua attenzione.
Ma quando sono arrivata lì, sono stata colpita da una doccia di acqua fredda. Una totale indifferenza, gelida come quella volta al mare. Mi ha guardata per un secondo ma era come se stesse guardando il vuoto, non si intravedeva la minima traccia di sentimento, di tolleranza, di interesse. Solo tanto buio che mi annegava dentro, come sempre d'altronde.
Non riuscivo a sorridere, era più forte di me.
Nella mia testa c'era sempre la solita domanda "perché?"
Non capivo, e non capisco tutt'ora.
Perché tutta questa indifferenza? Non ci vediamo da tre mesi.
Anna e Sonia continuavano a distrarmi, cercavano di allontanarmi da lui e mi riempivano di attenzioni perché entrambe sapevano e avevano visto tutto.
Ma è stato tutto inutile, i sorrisi finti uscivano fuori in maniera totalmente meccanica e nulla riusciva a distrarmi.
Mi sento come una povera illusa, immersa in un rebus di cui non riesco a trovare la soluzione.
In questo momento, distesa nel letto, mi sento come un foglio bianco: completamente spoglia di ogni speranza. Ci vorrebbero i suoi occhi neri per colorare questa immensa tela bianca che è la mia testa.
Sono una perdente, una perfetta idiota che crede ancora al primo bacio, al fatto che il nostro lieto fine ci sarà. Ma più passa il tempo e più quella sensazione di vuoto aumenta. Non l'ho mai voluto ammettere nemmeno a me stessa, ma ho sempre sentito che tra noi non ci sarà mai nulla, lui è troppo inarrivabile, qualcosa mi dice che non ci sarà pace tra di noi.
Percepisco le lacrime iniziare a sgorgare dai miei occhi e bucare le mie guance. All'improvviso, nulla ha più senso. Mi sento risucchiare in un vortice di pensieri che non riesco a decifrare, non riesco a gestire.
Ho deciso di scrivere tutto questo solo per mettere nero su bianco tutto ciò che ora mi passa per la testa, ma so in cuor mio di non arrivare a nessuna conclusione.
Mi lascio andare completamente, e domani mi ritroverò con queste pagine bagnate da inutili pianti che mi aiutano a sfogare tutta la mia confusione.
Quale sarà ora la sua mossa? Continuare a ignorarmi? Ma io non sono in grado di sopportarlo, ne sono già pienamente consapevole.
L'illusione di questi tre mesi, i fremiti per vederlo nella speranza che lui facesse anche la minima cosa per attirare la mia attenzione. Perché si, mi sarei avvicinata, sarei stata al suo gioco; d'altronde non aspettavo altro.
Il motivo più importante per il quale ho preso quella nave, era lui. E' sempre stato lui, possibile che non lo sappia? Che non se lo immagini nemmeno lontanamente?
Non lo accetto, il mio subconscio non lo accetta e tantomeno i miei sentimenti.
Insomma, non ha senso.
Perché?"
Mamma quanti anni avevi quando eri rientrata dalla Toscana, dopo la morte di nonno?
Alza gli occhi al cielo «sedici anni, se non ricordo male»
«Eri... così piccola»
Dopo tutto quello che ho letto, l'unica cosa che sono riuscita a chiederle è stata davvero questa inutile domanda?
Ho letto i suoi sentimenti, il cuore di una adolescente che in quel momento stava affondando nella sua disperazione perché non aveva la minima idea di cosa avrebbe dovuto fare.
Questo suo passato, mi ricorda terribilmente il mio.
Pure io alle medie ero pazzamente innamorata di un ragazzo.
Si può dire innamorata? Non lo so, ma sono sicura che stravedevo per lui, ogni volta che lo vedevo rimanevo paralizzata, e anche io sapevo che con lui non sarebbe andata avanti. Era una cosa inconscia.
Quando lui aveva iniziato a prendere le distanze da me, allora io mi sono subito buttata tra le braccia di Alessio. Sentirmi coccolata da lui, per me è stata una vera salvezza.
Avevo quattordici anni.
Era così che si sentiva mia mamma? Persa, un po' come lo ero io.
E ad un tratto tutto era così maledettamente chiaro: io non conoscevo per niente mia madre, non capivo perché nei suoi occhi c'è sempre stata quell'ombra e quella tristezza.
Come ho potuto, questi anni, giudicarla e sputarle in faccia parole amare, dicendole che lei non poteva capirmi? Come ho potuto, se non so niente di lei?
Mi sento così schifosamente persa, arrabbiata con me stessa perché non mi sono mai nemmeno presa il disturbo di farle le domande giuste.
E ora che me ne rendo conto, ora che so giusto qualcosa di lei, voglio rimediare a tutta la mia indifferenza nei suoi confronti.
C'era davvero bisogno di aspettare così tanto, prima di capirlo?
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