Capitolo 24 - punti di vita diversi

Caro diario,
Questi giorni in questa gabbia non passano più.
Sto cercando qualsiasi modo per tornare in Sardegna ma purtroppo non sono ancora riuscita a fare nulla.

Qui, con i miei genitori, mio fratello minore e mia sorellina non me la passo malissimo... ma non sto comunque ancora bene.

L'altro giorno mio fratello è uscito con un paio di suoi amici, quando è rientrato aveva indosso i suoi occhiali da sole. Di notte.

Mi sono imboscata subito che stesse combinando qualche ragazzata, infatti appena è entrato l'ho guardato storto, lui mi ha dedicato una breve occhiata e se l'è filata in camera sua.

I miei genitori non hanno sospettato nulla, nella loro ignoranza, presuppongono solo che si sia divertito con i suoi amici.

Non sono la sorella che va a ridire subito tutto ai genitori, ma sicuramente lo terrò d'occhio e gliene dirò pure quattro.

Le mie giornate qui passano relativamente bene, ma terribilmente lente.
I miei cercano di accontentarmi in tutti i modi, mi viziano in qualsiasi maniera possibile ma sanno benissimo che non è questo che voglio per essere felice.

I primi a soffrire tremendamente sono loro, che mi vorrebbero vicina ma sanno benissimo che sto male e che soffro la lontananza del mio paese.

Inoltre, li vedo veramente pochissimo, mia mamma fa tre lavori, e mio padre oltre al suo, quando riesce va da mamma per aiutarla a finire prima.

Quindi, il mio tempo qui lo passo dedicandomi completamente a mia sorellina.

A lei ci penso io, in tutto e per tutto: le faccio la doccia, preparo il pranzo e la cena per tutti, stiro, lavo i panni, mi occupo di tutte le pulizie di casa e mi preoccupo che in casa non manchi mai nulla: dal cibo ai detersivi ai medicinali.

Puoi ben capire, quindi, che mi sento in una gabbia circondata da amore. Ma pur sempre una gabbia.

Le lettere di Sonia mi arrivano come sempre, e in ogni riga non leggo niente di eccezionale. Anche lei passa il suo tempo a guardare il fratello e ogni tanto a fare qualche uscita, ma mi ha scritto comunque niente di che.

Aspetto con ansia di tornare in Sardegna, per ora, speriamo bene.

Chiudo il diario, e i pensieri che mi frullano in testa in questo momento sono: ha davvero sofferto così tanto la lontananza di casa?

Come si sta a sapere, da genitore, che tua figlia non sta bene nel posto in cui stai tu?

Prendo il telefono e chiamo alla mia adorata nonnina. Lei è sempre in Toscana, anche se ha la casa qui, è rimasta da zia Fede (la sorella di mamma) per aiutarla dato che abita da sola e lavora tantissimo.

Mamma mi ha sempre detto che a nonna è sempre piaciuto stare lì, mentre per il mio angioletto che ormai è lassù, il mio caro nonnino, è sempre stato un sacrificio.

Appena entrato in pensione, ha preso la prima nave per la Sardegna e si è fiondato qui, finalmente a casa sua. Gli ultimi anni, prima che Dio me lo portasse via, l'unica cosa che voleva era stare a casa sua, viversela finalmente come voleva lui, dato che per tutti questi anni se ne era dovuto privare.

Dopo un paio di squilli, sento la sua voce delicata che accenna un «Ire?»

«Ciao nonna!»

«Ciao tesoro»

Mi fa le solite domande, e dopo finalmente le dico «sto leggendo il diario di mamma»

Glielo dico solo perché so benissimo che lei sa già tutto

«A dove sei arrivata?»

«A quando è tornata in Toscana dopo la terza media»

«Mi vuoi fare qualche domanda?»

La sua intuizione non sbaglia mai
«com'è stato per te vivere un momento così? Con tua figlia che stava con te ma non voleva»

«Terribile»

La lascio finire mentre lei fa una breve pausa per poi riprendere. La sento sospirare dall'altro lato «cercavamo di accontentarla come meglio potevamo, le compravamo qualsiasi cosa, se desiderava qualcosa da mangiare, gliela preparavo. Cercavamo di farla stare bene ma sapevamo che lei voleva tornare lì»

«Ci torna?»

«Sí, ma non ci starà molto anzi...»

«Tu eri più contenta quando era qui in Sardegna e sapevi che era felice, o quando era con te?»

«Io e nonno la volevamo qui, ci mancava tremendamente quando stava da zia, ma sapevamo e vedevamo che quando era da noi lei stava male»

Mi continua a raccontare
«Tu pensa che quando nonno la accompagnava all'aeroporto per andare in Sardegna, non riusciva a parlarle per tutto il tragitto. Non riusciva, perché stava male anche lui e non voleva trasmetterle l'angoscia. Preferiva tenerselo per se. Poi alla fine ci abbiamo fatto l'abitudine, la chiamava "l'uccello viaggiatore" perché era sempre in viaggio»

Il modo in cui mia nonna ricorda mio nonno è una cosa così unica e meravigliosa che poche cose al mondo lo sono così tanto.

E non doveva essere bello ne da parte di mamma e nemmeno dalla parte di due genitori che sono stati costretti a prendere una decisione così drastica per il lavoro.

Stare lontani dalla propria figlia ma sapere che lì era felice, oppure averla vicina ma vederla triste.

«Tua mamma ha sofferto tanto, e questo non è ancora nulla»

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