Capitolo 21 - intromissioni sgradite

Caro diario,
Questi giorni che sono passati dopo il famoso schiaffo a Mirco sono stati particolarmente pesanti.

Ho avuto modo di riflettere e nonostante questo, non avevo la minima idea di come comportarmi se ci saremmo rivisti. Non sapevo se lui era ancora arrabbiato, se lo aveva ferito la figura di merda o l'azione dello schiaffo in se.

Avevo avuto modo di rivedere e scambiare quattro chiacchiere con Bea, ma vedendo lei tranquilla e che non prendeva l'argomento, ho preferito evitare anche io.
D'altronde cosa avrei dovuto dirle? "Ehi lo sai che l'altro giorno ho dato uno schiaffo a tuo fratello davanti a tutti? Dopo lui mi ha insultata mentre me la stavo dileguando"

Non mi sembrava il caso... così ho preferito evitare. Certo, se lei mi avesse chiesto o fatto qualche domanda, sicuramente le avrei detto la mia verità e come erano andate le cose dal mio punto di vista. Ma lei ha evitato e io l'ho ringraziata con il pensiero, anche se lei non lo saprà mai.

Sta di fatto che ero perennemente confusa e stordita.
Cosa era giusto fare in quel momento? Fermarlo, se lo avessi visto per la strada, e chiedergli scusa?

Oppure continuare a fare la finta dura e fargli vedere la mia più totale e falsissima indifferenza?

Non lo sapevo, fino a quando non l'ho rivisto.

È stato un incontro totalmente privo di senso, da un certo punto di vista, dato che lui non ha parlato molto, ma ci ha pensato l'amico/cugino con cui è sempre.

Non ho ancora capito se sono parenti o amici ma vabbè.

Ero con Sonia, come sempre, e stavamo cercando un modo per ammazzare il tempo. Così avevamo deciso di stare un po' fuori casa e farci una passeggiata. Quando stavamo rientrando però, ci sorpassa un motorino con alla guida proprio Mirco, peccato che c'era anche il cugino.

Quest'ultimo, con tutta l'arroganza che poteva avere in corpo, ci taglia la strada e si avvicina a noi.
Era palese che aveva voglia di litigare.

Senza nemmeno salutarci, mi dice:«se lo avessi fatto a me ti avrei appesa a quel palo lassù»

Rivolgendosi palesemente a me.

La mia occhiataccia sicuramente non gli è sfuggita, seguita da un «ma tu cosa vuoi?» uscito dal cuore.

Nel frattempo, il Dio greco dietro di lui osservava tutta la scena seduto sul suo motorino. Allungo lo sguardo e lo vedo intento ad accendersi una sigaretta e accennare un piccolino risolino.

Era bello, troppo bello. Tanto bello quanto stronzo, però.

Aveva quell'atteggiamento spavaldo che a me piaceva, come negarlo.

Nel frattempo quel coglione del cugino, che non riesce a farsi i fatti suoi, continua imperterrito «perché non lo ammetti?»

Dire che lo stavo guardando storto era un eufemismo. Mi stava iniziando a seccare ma comunque la situazione mi piaceva, solo perché c'era lui dietro che stava guardando tutto.

Ho preso una big babol dalla mia borsa e nel frattempo gli ho risposto «ma cosa?»

Non era in grado nemmeno di parlare

«Che sei interessata a lui!»
Continua, indicandolo mentre l'attenzione di Mirco cresce.

Ho negato, ho negato spudoratamente come se non ci fosse un domani. Mai gli avrei dato questa soddisfazione.

Nel frattempo che mi intrattenevo con questo rompipalle, Mirco si avvicinava sempre di più, e quando ho iniziato a fare le bolle con la gomma, lui sorrideva e come un bambino cercava di scoppiarle.

"Mannaggia a te"
Pensavo.

Ma il cugino simpaticone non ne aveva abbastanza, e continuava dicendo una cosa che a primo impatto mi ha spiazzata «se non ti piace come dici tu, allora perché nel tuo diario hai scritto sotto una frase sdolcinata, la sua iniziale?»

Ho sorriso. Prima di tutto, con quell'affermazione mi aveva solo dato conferma del fatto che Mirco leggeva il mio diario, e che oltre a questo ne parlava con lui.

Ho alzato le spalle e di risposta gli ho detto «non esiste solo il suo nome che inizia con la lettera "M"»

Frase già preparata in precedenza, ovviamente.

Poi continuo, aggiungendo «e poi, mi devi spiegare allora come mai hai deciso di mettere la tua firma, grande quanto due pagine di diario.
Dato che ti piace chiedere spiegazioni, ora dammele tu»

Mirco dall'essere divertito diventa bianco. Non sapeva cosa rispondere e si vedeva, lo avevo messo in difficoltà.

Così non gli resta che giocare la sua ultima inutile carta: mentire spudoratamente.

«Ma non è vero!»

Si, come no.

Così per richiamare l'attenzione del cugino ho iniziato a chiamarlo, ma dopo che ho pronunciato il suo nome mi guarda male e mi risponde con un tono acido «tu il mio nome non lo devi nemmeno pronunciare»

E dietro Mirco che copia «nemmeno il mio»

Amici miei, siete voi che volete la guerra allora.

Mi sono girata verso il cugino (che si chiama Lorenzo, ahimè) e con tutta la stronzaggine che c'è in me ho sputato veleno «a me di pronunciare il tuo nome non me ne può fregar di meno» l'ho guardato storto tutto il tempo, poi mi sono girata verso Mirco e ridendo gli ho detto «invece il tuo lo pronuncio quante volte mi pare: Mirco, Mirco, Mirco»

L'ho sfidato pronunciando il suo nome ben tre volte di seguito, mentre quell'altro rimane a bocca aperta, non sapendo cosa dire.

Cosa si aspettava? Che avrei fatto la parte dell'offesa? A me di lui non me ne frega proprio. Io lo conosco solo perché è il cugino, ma della sua presenza non me ne frega assolutamente niente.

È lui che si è avvicinato e ha iniziato a parlarmi, a sputare sentenze e poi a provocare e a cercare di farmi stare male, ma gli è andata male al poveretto.
Quanto mi fa pena una persona che per essere considerata deve arrivare a questo.

Ma non contento, continua «perché non ci provi a ridarglielo un'altro schiaffo?»

Io davvero non capivo, e non lo capisco nemmeno ora. Cosa voleva Lorenzo da me? Parlava e sputava sentenze come se il torto lo avessi fatto a lui, mentre quell'altro se ne stava zitto e le uniche poche parole che ha detto sono state solo un appoggio alle carolate di Lorenzo.

Ma la situazione mi piaceva, volevo continuare a stare con lui e quindi mi ha fatto comodo dargli spago.

«Perché dovrei darglielo di nuovo? Ora non mi ha fatto nulla, non ho motivo di dargliene uno»
Ma il presuntuoso continuava, così stufa di lui mi avvicino a Mirco per parlare direttamente non l'interessato «io te l'ho già dato uno schiaffo, perché ora non me lo rendi tu se hai coraggio?»
Lo sfido e mi piace da impazzire farlo.

Lui di tutta risposta fa un risolino, si avvicina e mi "accarezza" una guancia.
In quel momento hanno dato inizio le danze tribali nel mio stomaco.

Quel breve contatto mi è bastato a farmi andare in tilt, la sua mano fredda si è scontrata con le mie guance rosse e calde per la sua sola vicinanza. Il suo profumo ha inebriato tutto intorno, ero in estasi per un misero e semplice tocco.

Quando vedo i suoi occhi neri allontanarsi, riprendo finalmente il controllo di me e con un coraggio che non pensavo di avere, mi avvicino io stavolta a lui, e come un piccolo sussurro lo provoco ancora «guarda che quello non era uno schiaffo, non come quello che ti ho dato io»

Quando riprendo le distanze, lo vedo accennare un sorriso e continuare a guardarmi.
Odio il silenzio tra noi, quindi ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente «comunque, ora potete anche andarvene»

Lui mi guarda e in tono scherzoso sta al gioco «noi non ce ne andiamo, andatevene voi»

Lorenzo era fortunatamente ancora in silenzio, ogni tanto mi lancia qualche sguardo ma rimane comunque in disparte. Spero abbia capito che questa è una cosa nostra.

«noi? Veramente siete voi che siete venuti dopo, quindi aria»

Continuo, perché non mi stancherei mai di stare con lui, e ogni scusa è buona per mandare avanti una conversazione, anche se inutile e banale.

Lui continuava a non demordere. Mi teneva testa e a me questa cosa ha sempre fatto impazzire.

«Ci portiamo il letto da casa e stiamo qui a dormire»
Lo vedevo ridacchiare con Lorenzo e ogni tanto lanciarsi sguardi furtivi. Poi ad un tratto, come se si fosse illuminato, spalanca gli occhi e così a caso mi chiede «ma tu l'hai già fatto?»

Mi ha spiazzata! Ho solo quattordici anni, per la miseria! E non ho ancora avuto nessun ragazzo, come gli viene in mente?

«No!»

Non volevo apparire come una bigotta, ma per me arrivare a quello vuol dire amore allo stato puro. Concedersi così, non si può fare con chiunque, per lo meno, non io.

Mi ha guardata di sottecchi, ha socchiuso gli occhi come se stesse cercando di capire se stessi dicendo una bugia o la verità, e poi aggiunge «allora perché lo hai scritto nel diario?»

Ah, ecco perchè quella domanda!

«Ma non l'ho scritto io, l'ha scritto una mia amica»

Parlare di questo, proprio con lui, non fa altro che imbarazzarmi e purtroppo il rossore sulle guance non ha fatto altro che mostrarglielo.

Continua, inoltre, a non nascondere il fatto che legga tutto ciò che c'è scritto in quel diario.

Dopo questa conversazione che mi ha sconvolta e non poco, purtroppo per me e Sonia si era fatto tardi, a mio malincuore abbiamo dovuto liquidarli e correre a casa, prima che i miei zii e i suoi genitori si fossero accorti del nostro ritardo.

Sono impaziente di rivederlo, e tanto, ma tanto rincuorata, del fatto che non sia ancora arrabbiato con me.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top