Capitolo 2 - presentazioni

Decido di godermi questo momento sdraiata nel letto, osservando la copertina rovinata e un po' ingiallita dal tempo. Apro la prima pagina immergendomi nei pensieri della mia cara mamma quando era adolescente.

Subito noto che, nella pagina dove in genere si scrivono le info personali, nel riquadro dove ha attaccato la sua fotografia, il suo viso è completamente coperto da strati di penna nera, come se qualcuno avesse voluto, con tanta rabbia, strapparla, oscurarla, non vederla più... ma come mai, se questo era il suo diario? Era forse arrabbiata con se stessa, talmente tanto da non potersi più vedere in quella foto?

Purtroppo ora non potrei chiederglielo perché c'è papà in salotto, e mi ha avvisata di non farle domande quando c'è lui.

Continuo a sfogliare, vedendo finalmente stese le prime frasi.

"Caro diario,
Prima di tutto, voglio anticipatamente chiederti scusa se queste prime pagine di presentazione ti sembreranno noiose, ma sono comunque necessarie: il mio nome è Julia, ho quattordici anni e frequento la seconda media. Abito in un paesino del sud Sardegna, uno di quelli dove tutti si conoscono e dove non accade mai nulla, so che può sembrare strano ma, anche se agli occhi di chiunque potrebbe apparire come noioso ed estremamente banale, anche scontato... io vorrei solo che questo fosse la mia quotidianità. Purtroppo, fin da quando ero piccola, sono stata costretta a viaggiare, a cambiare scuola, amici, abitudini e paesi a causa del lavoro che ha sempre fatto mio padre... e tutto questo mi ha portata ad essere una classica ragazza chiusa con gli sconosciuti.

Ho visitato tantissimi luoghi: dai paesini sperduti in mezzo alle montagne con il ruscello a due passi da dove abitavo io, alle grandi città costernate da tabelloni pubblicitari e gente che va sempre di fretta, dove il grigio dei palazzi oscurava il cielo anche quando c'era il sole che splendeva.

Al momento sto vivendo a casa di mia zia, nel paese che mi ha visto nascere e dal quale sono sempre tornata, per poter stare con la mia migliore amica e in un ambiente che comunque sento essere casa mia.

Ho dovuto combattere contro i miei genitori per farmi stare qui, perché quando ho iniziato la prima media in uno di quei paesi sperduti, dove non conoscevo nessuno, invasa da una mandria di adolescenti con la mia stessa età che ti guardava dalla testa ai piedi, decisi di ribellarmi, rifiutandomi di andare a scuola e dimostrando a mia mamma quanto io fossi triste lì.

Ora, chiunque leggesse queste righe penserebbe che io sono una piccola viziata, però in realtà non è così. Mi ero ritrovata in un luogo che non aveva nulla, sperduto tra i monti dove non c'era un posto integrativo per i ragazzi, dove non conoscevo nessuno. Il primo giorno di scuola è stato spaventoso: dovevo salire in un pullmino perché la scuola che avrei dovuto frequentare si trovava in un altro paese, pieno di ragazzini che sghignazzavano e che mi guardavano come se fossi un'aliena. Avevo la costante paura che quelle palline di carta potessero finire sui miei capelli corti, che quei fischi potessero essere rivolti a me.
Quando scesi dal pullman non sapevo nemmeno da che parte andare, mia mamma mi diceva di seguire la direzione dove andavano tutti i ragazzi e io così feci, ma fu davvero umiliante camminare da sola in mezzo a tanti gruppetti che chiacchieravano e ridevano tra di loro. Quando rivivo con la mente quei momenti sento ancora il mio corpo percorso da tantissimi brividi.

Frequentai quegli interminabili giorni di scuola fino al mese di novembre, ogni mattina mi alzavo con un nodo in gola e con l'ansia che l'incubo stesse per ripetersi nuovamente, e che quelle ore sembravano non passare mai.

Ero stanca di quella situazione, ero estenuata da tutto ciò che poteva ricordarmi quel posto ai miei occhi lugubre, con quella puzza di muffa nei muri dipinti di un verde vomito e di quei banchi in legno tutti rovinati e pieni di gomme da masticare attaccate. Decisi di non andarci più, di non frequentare più quel posto e di ribellarmi a quella routine così orrenda. Era l'unico modo per far capire a mia madre che stavo male, che quelle lamentele che le dicevo ogni giorno non erano solo i capricci di sua figlia. Non riuscivo ad ambientarmi e non so se il problema ero io o loro, non lo so e da grandissima egoista, non me ne frega nemmeno. L'unica cosa che a me importa è importa tutt'ora era solo quella di andarmene al più presto, con o senza i miei genitori.

Durante le vacanze di Natale vennero a trovarci i miei adorati zii, quando li vidi mi si illuminarono gli occhi di gioia e iniziai a supplicarli di portarmi via da lì. Così dopo aver insistito tanto, finalmente i miei genitori acconsentirono a farmi tornare in Sardegna, almeno fino alla fine delle scuole medie e a patto che durante l'estate tornassi da loro.

Non mi importava e non mi importa nemmeno ora. Per adesso la mia sicurezza è questa e quando arriverà il momento mi inventerò qualsiasi altra cosa pur di non tornare lì.

Così eccomi qui, felice e contenta di vivere (per ora) nel paesino dove non succede mai nulla ma dove conosco tutti."

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