9.4 Nemici fino all'amore
-Bea! Ti vuoi muovere?-
Le gemelle continuavano a chiamarla senza sosta, facendola fermare ogni due per tre per rispondere. Aveva quasi terminato di prepararsi per questa stupida festa di inizio anno alla quale la stavano costringendo ad andare, ma con tutte le loro lamentele non sarebbe mai uscita dal bagno.
-Un secondo solo!-
Si stavano urlando da stanze diverse da quasi mezz'ora e Sofia andò dalla figlia per buttarla fuori, anche a calci nel sedere se fosse stato necessario, ma quando entrò in bagno come una furia e vide la figlia con indosso un bellissimo abito azzurro e i capelli raccolti in un elegante chignon si sciolse come ghiaccio sul fuoco.
-Come sto?- le disse la figlia, una volta finito di allacciarsi le sue adorate converse bianche.
La madre le fece una veloce radiografia, iniziando subito a dire che era bellissima, ma quando puntò lo sguardo sulle scarpe si imbronciò.
-Che cosa c'è mamma?-
Beatrice si era spaventata e corse allo specchio, pensando di avere qualcosa di sbavato o messo male, ma vide che tutto era perfetto.
-Trice, togli immediatamente quelle cose.- rispose la madre, puntando il dito indice contro le scarpe della figlia e si allontanò subito dopo.
"Neanche fossero delle scarpe portatrici di peste bubbonica" pensò la ragazza, mentre si accingeva a slegare le scarpe e a rimanere a piedi nudi contro il duro marmo del pavimento.
Pochi secondi dopo, sua madre tornò in bagno tenendo in mano delle pericolose scarpe con il tacco dello stesso colore del vestito e senza fiatare, Beatrice le mise ai piedi.
L'avevano già costretta a indossare scarpe simili altre volte e sapeva camminarci, ma questo non voleva dire che non si sarebbe portata dietro un paio di scarpe sue da mettere appena sarebbe stata senza le sue amiche.
-Queste e tutte le tue altre scarpe te le requisisco io, per stasera. Ho già capito che cosa vorresti fare.-
Niente da fare, sua madre era sempre un passo avanti a lei, Beatrice lo sapeva, ma ogni volta sperava di riuscire a fargliela.
Aveva preso da lei l'essere scaltra e furba.
-Bea!-
Ester e Federica ripresero a chiamarla a gran voce, tanto che a rispondere che stava arrivando fu la vicina di casa della diretta interessata, la quale diventò tutta rossa e corse dalle sue amiche, pensando erroneamente che prima arrivavano a questa festa e prima sarebbe potuta tornare a casa per finire il piano del lunedì successivo.
-Andiamo.- disse solo, una volta che le raggiunse, prendendo un maglioncino leggero per quando sarebbe tornata e la sua borsa, che si ostinava a chiamare portafoglio, nella quale c'era solamente il cellulare e un pacchetto di fazzoletti.
Non che ci potesse stare altro dentro quella pochette.
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-Sei pronto socio? Io sto uscendo di casa ora. Hai bisogno di un passaggio o vado dritto da Andre?-
Matteo era al telefono con Rocco, già pronto con un semplice paio di jeans neri e una leggera camicia bianca, alla quale aveva lasciato sbottonati i primi bottoni.
Ogni donna avrebbe avuto "l'onore" di intravedere una parte di quel suo petto segnato dagli anni passati a giocare con il pallone.
-Passami a prendere, questa sera ho intenzione di riempirmi d'alcool come una spugna di impregna d'acqua!-
"Perfetto, nemmeno stasera potrò bere." Matteo sbuffò leggermente, sperava che almeno questa volta fosse l'amico a guidare, lasciandolo libero di bere fino a svenire sul petto della prima bella ragazza che avesse incontrato.
-Arrivo tra cinque minuti e se non sei pronto quando arrivo, ti lascio lì.-
Matteo mise giù senza sentire la risposta dell'amico, derisoria come al solito, e si mise in auto, premendo sull'acceleratore, mentre Rocco ghignava e si dava un cinque mentale da solo per essere riuscito a completare la prima parte del piano.
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-Beatrice! Sei uno schianto!- l'accoglienza in casa di Andrea fu seguita da un fischio di apprezzamento fin troppo lungo proprio dal padrone di casa, che riservò lo stesso trattamento alle gemelle dietro di lei.
-Sì, bè, allora facci entrare che ho bisogno di bere.-
Beatrice non ce l'avrebbe fatta a stare in questa casa ancora a lungo se non avesse iniziato a bere fino a diventare allegra, mai ubriaca, solo allegra.
Avrebbe dovuto rimanere in guardia, sapeva che il suo nemico non mancava mai a feste simili.
-Oh, la tigre inizia già a mostrare i denti, mi piace!-
Andrea era il solito ragazzo che ci prova con tutte, seppur innocuo e la sua missione, fin dal primo anno di superiori, era riuscire a conquistare il cuore della ragazza più pazza che avesse mai incontrato, Beatrice.
Lei, dal canto suo, aveva occhi solo per il suo nemico e non perché le piaceva, ma per tenerlo d'occhio e affondarlo nel momento in cui avrebbe abbassato la guardia.
Matteo era la sua preda.
-Sì e inizierà a usarli se non la smetti.-
Andrea si fece da parte, mettendo su un piccolo broncio che le due gemelle si apprestarono a sciogliere, dandogli un bacio sulle guance mentre entravano. A loro era sempre piaciuto, era l'unico che ci provava con la loro migliore amica, cioè era uno dei pochi a non aver paura di lei.
-Bella festa Andre! La musica si sente dall'inizio della via!-
Rocco e Matteo erano proprio dietro di loro e stavano facendo il loro ingresso trionfale proprio adesso.
-Ehilà ragazzi! In realtà è diventata bella poco fa, con l'ingresso in casa di tre bellissime ragazze- disse facendo loro un occhiolino, mentre batteva il cinque con entrambi.
-Ah, sì? E chi erano, di grazia, così possiamo contendercele.-
Matteo stava già partendo alla carica, pronto a segnare sul suo taccuino la sua prossima conquista, quando sentì il nome della sua nemica.
-No! Non pensarci nemmeno!-
Il grido sembrò un flebile sussurro visto l'esagerato volume della musica rock che era presente in casa, ma sortì l'effetto desiderato.
-Che cosa vuoi adesso? Vuoi farti anche lei? Non ti basta tormentarla da quando vi conoscete?-
Andrea era furioso, lui voleva Beatrice e non solo per portarsela a letto: era la donna dei suoi sogni, con la quale aveva conosciuto l'amore a prima vista.
Matteo non gliel'avrebbe portata via.
Se ne andò, senza aspettare una risposta dal chiamato in causa che, dopo qualche attimo di smarrimento, finalmente entrò in casa.
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