4. Occhi di Luna - titolo provvisorio

Se ci pensiamo bene, il giallo è il colore che ci accompagna fin dalla nascita.
Giallo è il colore della luce che ci perfora gli occhi, giallo è il colore del sole che ci permette la vita su questo pianeta, giallo è il colore delle stelle che ci illuminano la notte e giallo è il colore di come, in certe notti, vediamo quel grande satellite terrestre, chiamato Luna.
Ma perché mi sono messo a pensare al colore giallo proprio adesso, direte voi. E avete anche ragione. Perché?

Questa mattina è stata come le altre: ho aperto gli occhi quando i primi raggi del sole mi hanno colpito le pupille attraverso le palpebre chiuse, una veloce tappa in bagno, corredata da una scarna colazione e fuori di casa alle sei del mattino per potermi recare all'università.
Sono stato fermo alla fermata del pullman la solita mezz'ora e sono salito, salutando l'autista come ogni mattina.
Come sempre, ho spostato gli occhi su ogni posto del mezzo di trasporto per individuare l'unico posto libero, esattamente al centro e di fianco a una vecchietta, la solita: si fa chiamare nonna Berta.
Ho compiuto i miei dieci passi che mi separavano da un percorso di quasi due ore comodamente seduto e con la solita musica nelle orecchie, pronto a sedermi, quando il giallo mi ha coperto la visuale.
Come fa un colore coprirti la visuale?

Sbatto le palpebre, convinto che non sia possibile, quando sento dei fili entrarmi negli occhi, il che mi porta a lacrimare e fare un passo indietro in maniera istintiva.
Quando riesco a smettere di far sgorgare acqua salata e torno a vedere, il posto davanti a me è occupato e l'autobus ha iniziato a muoversi.
Quello è il mio posto!
Seduta al solito sedile, in cui mi siedo abitualmente, c'è una ragazza dai capelli biondi come il sole.
La fisso senza espressione: sconvolto dal fatto che, dopo più di vent'anni che faccio sempre le stesse cose e nello stesso modo, venga sconvolta la mia routine e ammaliato da quei capelli che sembrano aver portato dentro questo "sposta poveri", come lo chiama un mio compagno di classe ricco come la morte, il calore e la luminosità del sole.

Ma, ripensandoci ancora, anche il grigio fa parte delle nostre vite fin dal nostro primo vagito.
Ve la ricordate ancora la nebbia grigia che oscurava i vostri occhi quando avevamo ancora pochi mesi di vita? O il colore dei capelli dei nostri nonni, che ci sono stati accanto quando eravamo piccoli e che ora ci hanno lasciato. O il colore delle nuvole che coprivano il cielo per lasciar cadere tutte quelle gocce di pioggia proprio quel giorno in cui ti sei procurato la prima ferita.
Te lo ricordi tutto questo? Ma perché penso di nuovo a queste cose? Già, perché?

Non so quanto sia passato, nonostante il telefono sbloccato che tengo in mano, ma sembra passata un'eternità da quando ho cominciato a fissare questa strana ragazza che non avevo mai visto prima.
Nonna Berta ha cominciato a lanciarmi strane occhiate che non promettono nulla di buono, ma lei no, lei ha ancora lo sguardo dalle sue scarpe.
Se state per chiedermi il modello o il colore delle calzature che indossava, abbassate quella mano. Ve lo dico chiaro e tondo, non ho dato nemmeno uno sguardo a qualcosa che si trovasse più in basso del suo viso.
Finalmente, lei alza i suoi occhi e li punta nei miei e in quel momento, proprio in quel momento, sembra che una marea abbia inondato il mio cuore.
Sono grigi.
E che novità, capita che le persone abbiano gli occhi grigi.
Lo so, ma avete mai provato a guardare una foto del satellite che gravita attorno al nostro pianeta? Una di quelle scattate dagli astronauti, però.
Io sì, e credetemi quando vi dico che lei aveva la Luna al posto degli occhi.

Mi regala un sorriso imbarazzato e un veloce movimento della mano, quasi per salutami e io rimango immobile, senza riuscire a spostare il mio sguardo, consapevole del fatto che le palpebre lottano per non chiudersi.
La mia trance viene interrotta quando lei si muove per alzarsi dal sedile su cui era seduta e sento la voce metallica dell'autobus dire che questa è la fermata per la Rondòn. La mia università.
Non riesco a capire come queste ore di percorso siano già trascorse.
Scendo da quel pullman un attimo prima che le porte si chiudano ed esso torni a emettere gas bianco da quel suo sedere quadrato.
Lei è proprio davanti a me, con un sorriso caldo e luminoso sul suo viso perfetto che mi guarda.
E io ricambio lo sguardo, nonostante l'imbarazzo inizi a farsi sentire.

«E così, ancora prima di iniziare la mia ricerca, il grande Tommaso Bercelli si trova davanti ai miei occhi.»
Il mio sguardo cambia, da curioso e pieno di ammirazione a confuso e pieno di domande.
Come fa questa sconosciuta a conoscere il mio nome? E perché mi ha definito grande se la cosa migliore che ho concluso nella mia vita è stata quella di scrollarmi i bulli di dosso?
Apro la bocca, ma quel che ne esce sono solo dei suoni strozzati e balbettati, come se le mie corde vocali fossero andate in vacanza. O in sciopero.
«Come faccio a conoscere il tuo nome? Fate tutti la stessa domanda, dopo un po' diventa noioso tutto questo
Le sue lune alzate al cielo, come a cercare di tornare dove dovrebbero stare, anche se il movimento denota solo fastidio.
Mi schiarisco la gola,cercando di riprendere un po' della mia calma apparente e le dico che, in realtà, volevo chiederle chi lei fosse.

Lascia ricadere la testa all'indietro, facendo in modo che il viso sia inondato dalla pallida luce del mattino che lei pare richiamare a sé e una fragorosa risata fuoriesce dalle sue labbra chiare e perfette.
La lascio ridere di me e della mia incapacità di mentire, affascinato dalla sua risata e ammaliato da lei come persona.
Senza dimenticare le strane sensazioni che mi provoca.

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