Ascolta le farfalle

Stafford sfilò il capello, passando una mano tra i capelli ormai ingrigiti e diradati dal tempo. Ogni suo più piccolo gesto tradiva un nervosismo che stava lottando duramente per prendere il controllo di quell'uomo apparentemente tanto sicuro di sé.

Aveva improvvisamente interrotto la pianificazione della battaglia, distratto da un dettaglio che, probabilmente, i presenti avrebbero giudicato sciocco e frivolo. Una farfalla stava svolazzando leggiadra, sbattendo le sue sottili ali colorate con rara delicatezza. Eppure non era solo quell'elegante insetto ad avere attirato l'attenzione del Duca di Buckingham. Le minuscole zampette della variopinta bestiolina si erano appena poggiate sui soffici petali di una rosa vermiglia, l'unica dell'intero cespuglio ad essere già sbocciata.

Poteva forse essere una banale coincidenza?

- Signore, - uno dei soldati lo riportò alla realtà - ho da darle notizie terribili, purtroppo. La flotta di Tudor non è riuscita ad approdare. Il maltempo ha costretto le navi a tornare indietro.

Stafford gettò un'ultima occhiata alle bellissime ali, cariche di colori, della piccola farfalla. La rosa su cui stava comodamente adagiata sembrava voler inondare persino l'aria stessa di un sanguigno rosso intenso.

Non era una coincidenza.

- Attaccheremo comunque. - sentenziò con tono risoluto.

- Ma signore, la pioggia rischia di rallentarci ed il malcontento si sta...

Stafford zittì quel pavido soldato con un repentino gesto della mano. Non voleva sentire alcuna obiezione provenire dalle sue truppe. Aveva atteso a lungo il momento in cui avrebbe fatto pagare a Richard tutti i crimini commessi e non sarebbe stata di certo qualche sporadica lamentela a farlo desistere dal suo più che nobile intento.

E, in fondo, la farfalla aveva deciso di far riposare le sue stanche ali usando come giaciglio la rosa rossa. Il più forte simbolo di libertà ed eleganza fra gli insetti aveva scelto i Lancaster. Sarebbe potuta essere una semplice coincidenza, ma Stafford aveva voluto vedere in quel banale evento un segno del destino, come se Dio stesso avesse voluto guidarlo verso la strada della vittoria. I Lancaster avrebbero distrutto il dominio degli York, uccidendo quel re vile e malvagio che era Richard. Quello stesso re che Stafford aveva stupidamente appoggiato fino a qualche mese prima.

Il Duca concluse i suoi pensieri, smise di curarsi dei segni divini che sembravano circondarlo e diede un ultimo incoraggiamento alle truppe, per poi partire, insieme ai suoi soldati, alla volta della battaglia decisiva.

In breve tempo il suo esercito ricoprì intere vallate, spinto dal desiderio di vendetta del comandante e rallentato, nella sua folle avanzata, da condizioni meteorologiche eccessivamente avverse. La pioggia, interrottasi per breve tempo, aveva ripreso a cadere inarrestabile, colpendo con ferocia i visi contratti dalla fatica ed inzuppando le vesti al punto da renderle fredde e pesanti. La fanghiglia che ricopriva il terreno impastava gli stivali, trattenendoli in un abbraccio fastidioso e frustrante che rendeva difficoltoso ogni passo.

Le farfalle smisero di volare nel momento in cui i soldati cessarono di aver fiducia nel loro comandante. L'esercito di Richard si mostrò feroce e assetato di sangue, come uno sciame di vespe affamate che, impavido, attacca qualunque creatura osi intralciare il suo inarrestabile volo. Le lance si ergevano verso il cielo, le lame fendevano l'aria, il respiro di mercenari senza scrupoli si univa al fetore di una guerra folle e distruttiva, combattuta tra fratelli.

Cosa mai avrebbe potuto fare una farfalla contro centinaia di letali pungiglioni? Quale sarebbe potuta mai essere la sua scelta, se non quella di fuggire come la più infima delle codarde?

Il Duca di Buckingham si ritrovò solo. Le variopinte ali in mezzo alle quali si era cullato, riponendovi un'irresponsabile fiducia, si tramutarono in grigia cenere, impregnata del sapore della morte. La paura aveva stretto nelle sue spire ognuno dei soldati che formavano l'esercito di Stafford. Le armature di fittizio coraggio di cui si erano ornati quegli uomini erano andate distrutte, abbandonate sul campo di battaglia durante la precipitosa fuga di cui si erano resi protagonisti i loro possessori.

Luomo fu costretto ad abbandonare il campo di battaglia come un vigliacco, umiliato dalla sconfitta ed amareggiato dallingiusto prevalere degli York sulla gloriosa stirpe dei Lancaster. Fuggì via, temendo per la sua vita, allontanandosi da una morte che aveva sempre temuto e che ora stava chiamando il suo nome in modo troppo insistente. Le sue gambe corsero veloci verso labbazia che avrebbe potuto rappresentare la sua salvezza.

E non riuscì a fare a meno di pensare ai segni mandati dalla mano di Dio, la sua mente non poté non riflettere sulle ingiustizie della vita e sul destino beffardo che gli era piombato addosso, pesante come la più grande fra le montagne esistenti. E quando quel vigliacco di Bannister lo tradì, consegnandolo nelle mani dello stesso Richard in cambio di qualche moneta doro, non fu in grado di cancellare il sapore amaro che gli aveva invaso lanima, inondandola come letale veleno.

E, infine, lultimo pensiero che la testa di Stafford fu in grado di elaborare, prima di essere staccata dal corpo, fu che le farfalle volano sempre, che si posano su qualunque fiore esse vogliano per loro natura. Non esiste una preferenza, quei piccoli insetti volano su qualunque fiore desiderano perchè sono liberi, perchè sono essi stessi il simbolo della libertà. Il Duca di Buckingham si maledì per aver cercato di piegare al suo volere quelle dolci ali multicolore, rimpianse di essere stato talmente sciocco da credere ai segni del destino, si trovò ridicolo per aver potuto immaginare che una farfalla avesse scelto il simbolo del casato dei Lancaster con coscienza.

Il destino non esiste. Le farfalle sono le custodi delle coincidenze, padrone della casualità di unempia ed effimera vita.

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