Mani in autobus
La signora Matheis odiava i sedili dell'autobus, che avevano lo schienale che fungeva da maniglia per gli altri passeggeri.
Odiava avere le mani di persone sconosciute vicino alle spalle, alle orecchie, al collo.
Le davano una sgradevole sensazione.
Una sensazione di minaccia.
Una sera, dopo essere tornata dal lavoro, salì sull'autobus, e cercò posto in ultima fila.
L'autobus chiuse le porte e partì.
Reggendosi alle maniglie che pendevano dal soffitto, la signora Matheis si sedette sul primo posto che le capitò, per evitare di venir spinta a terra dal moto sbilenco dell'autobus.
Si lanciò un'occhiata intorno.
L'autista era appena visibile da dove era seduta lei, e non vedeva nessun'altro seduto in autobus.
Sembrava che fosse l'unica a bordo.
Le luci bianche dell'autobus illumimavano il suo viso riflesso al finestrino.
L'autobus smise di sbatacchiare e filò liscio all'improvviso. Doveva aver imbucato una strada poco accidentata.
La signora Matheis guardò fuori dal finestrino: era vero, l'autobus adesso era sulla strada che passava in mezzo ai boschi.
I cancelli provvisori messi lungo il limitare boscoso venivano illuminati dell'autobus che passava, gettando lampi bianchi e rossi nella luce che trapelata dalle finestre.
La signora Matheis immaginò che l'autobus poteva sembrare un attraente barlume di luce ambulante agli occhi di un osservatore esterno.
Pensò di cambiare posto.
Ma proprio in quel momento lo stomaco ebbe una contrazione di paura.
Percepiva una presenza misteriosa alla proprie spalle.
Si voltò, lentamente.
Quasi urlò quando vide una mano pesantemente appoggiata sullo schienale.
Si trattenne, e terribilmente a disagio, rivolse velocemente lo sguardo davanti a sè.
La mano le era sembrata strana.
Perciò sbirciò ancora con la coda dell'occhio.
Era traslucida come l'alabastro e aveva una strana luminescenza.
Quando la persona dietro di lei, (chiunque fosse) mosse la mano un po' verso di lei, la signora Matheis si affrettò a guardare avanti, facendo finta di niente e celando la propria inquietudine.
La mano si allungò un paio di centimetri più vicino a lei.
Quando sentì quelle dita fredde sfiorare la sua spalla, la signora Matheis non riuscì a trattenersi e cominciò a tremare violentemente.
La persona avvicinò la mano ancora un pò, e sfiorò con leggerezza la sua spalla. Facendo così, mise la mano sui suoi capelli, e le sfuggì un verso soffocato di dolore.
La mano balzò indietro. La persona sembrava preoccupata.
Accostò di nuovo la mano, con cautela e la accarezzò la spalla.
La signora Matheis si accorse di trattenere il respiro e essere completamente tesa.
Aveva smesso di tremare.
Le dita la sfioravano con affetto e lei si rilassò.
L'autobus continuava a procedere nel bosco buio.
Poi la mano balzò in avanti. E così la signora Matheis scoprì che non c'era una persona.
C'era solo una mano.
La mano adesso era nel suo grembo. Continuava ad accarezzare le mani sudate della signora Matheis, con affetto che lei non riusciva a descrivere.
Improvvisamente provò una gran tenerezza verso quella mano.
Allungò le dita, esitante, poi accarezzò la mano a sua volta.
Per un momento sorrise.
L'autobus parcheggiò accanto alla fermata illuminata da un lampione lungo e secco.
Tutti salirono sul veicolo completamente vuoto.
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