La Mostra di Fotografie Bizzarre [p.t 1]
La Mostra di Fotografie Bizzarre era allestita dentro un antico palazzo della città.
Il manifesto diceva:《Fotografie di eventi strani a cui gli scienziati non sono riusciti a dare risposta.》
Ero deciso a darle un'occhiata, interessato com'ero nella cose non normali.
Mi recai subito a comprare un biglietto, e entrai subito dentro.
L'aria era pesante e polverosa, come in tutti i musei. Lessi rapidamente il dépliant.
《Le fotografie assolutamente non sono "falsi", ma sono di ottima qualità. Di quello che vedrete sta a voi decidere la verità.》
Entrai nella prima sala. Le pareti grigie erano spoglie e tristi. C'era un'unica fotografia incorniciata appesa a una parete. Una giovane ragazza la stava contemplando. Era di spalle, vestita con un giubbino a fiori e una gonna rossa fino al ginocchio, capelli lisci, castani e lunghi fino al fondo schiena. Cosa insolita, portava un cappello di colore viola.
Discretamente, mi avvicinai. Non mi sentì nemmeno.
Diedi uno sguardo alla foto. Era in bianco e nero, e si vedeva un'indaffarata piazza di mercato nel centro di una gran città.
Nel mezzo della folla spiccava una ragazza. Aveva gli occhi spalancati, e si vedeva nitidamente che le sue pupille erano a forma di croce. Aveva i capelli lisci e lunghi...
Rabbrividii.
Poi la ragazza che stava osservando la foto si girò di scatto, spaventata.
Il mio cuore mancò un battito quando vidi che aveva le pupille a forma di croce e il viso identico a quello della foto.
Indietreggiai e andai a sbattere contro il muro. Ebbi un colpo al capo e per un decimo di secondo mi si accecò la vista.
Fu sufficiente. La ragazza scomparse. In un decimo di secondo, non era più dove era prima.
Mi ricomposi. Dovevo essermelo immaginato. In ogni caso, non ho ancora visto tutto di questa galleria. Ho altre foto da vedere, pensai.
Mi spostai nella sala accanto.
Stavolta c'era una coppia anziana.
Discutevano animatamente in qualche lingua straniera. Erano in piedi di fronte alla foto.
Guardai tranquillo la foto. All'inizio non notai nulla di strano. La foto mostrava una famiglia sorridente: i genitori, i nonni, e tre bambini con una bambina.
La bambina era in grembo alla nonna e rideva. Le mani della nonna le facevano il solletico.
Mi soffermai su quel particolare. Le mani rugose e le articolazioni rigide che risaltavano contro la pelle liscia e morbida delle mani della nipote, accorse ad allontanare le mani della nonna.
Poi alzai lo sguardo sui visi. Erano entrambi sorridenti e felici.
La bambina era pericolosamente in bilico. La schiena si inclinava verso il vuoto. Per sua fortuna, c'era una terza mano rugosa a sostenerla, nascosta dalla chioma castana e lunga della nipote. Di chi poteva essere la mano? Della..."nonna"?
Il nonno teneva la mano a due nipoti. Potevo scorgere qualcosa che spuntava da sotto la maglietta del più grande. Cinque dita, con l'indice pronto a punzecchiare il fratello più piccolo.
Sentii un rumore e mi voltai.
La coppia anziana di era diretta verso la prossima sala. Ma la vecchia signora doveva essere inciampata sul gradino, perché era a terra, e si puntellava sui gomiti. Riconobbi la nonna nel quadro. E rimasi allibito nel vedere che qualcosa effettivamente c'era, sotto il suo maglione, all'altezza delle spalle. E si muoveva. Il terzo braccio.
Il nonno mi guardò. Lo stesso sguardo di terrore che avevo visto sul viso della ragazza di prima.
Aiutò la moglie ad alzarsi. Poi si avvicinarono a me, preoccupati.
Mi faceva pena vederli così angosciati. Non sarei scappato. Sarei rimasto, avrei cercato di fare qualcosa per loro.
Il vecchio signore mi guardò negli occhi.
'Per favore' disse, e lo disse con voce preoccupata. Aveva un parlare particolare, e ogni sillaba finale era accentata. 'Per favore. È molto importante che lei non lo dica a nessuno. Per nessuna ragione. Non facciamo niente a nessuno. Ci lasci tranquilli. Per favore...'
Annuì. Ero troppo sconcertato per dire qualcosa. Dissi solo:'Vi dò la mia parola...'
Il vecchio annuì a sua volta, sollevato. Vidi la sua terza mano stringere la terza mano della moglie. Le stava infondendo sicurezza.
Si allontanarono con un debole cenno di saluto.
Ero perplesso.
Li seguii nella terza sala. Lì vidi la terza foto. Un... un uomo. La foto era quella di un uomo, ma si muoveva. Girava gli occhi intorno. Si chinava verso destra, ora a sinistra.
Rimasi a osservare, stupito.
Poi mi diedi un'occhiata fugace intorno. La sala era vuota. Appoggiai la mano sul vetro della cornice. Sentivo... Era come mettere la mano su una boccia, e sentire un pesce guizzare sotto il vetro.
L'allarme non scattò. Mi accorsi di non essere solo.
La ragazza di prima era lì. Stava tenendo lo sguardo puntato sul sistema di allarme. Vedevo qualcosa uscire dal sistema di allarme. Sembrava un globo di aria che vibrava, chiusa in una bolla.
La ragazza assorbì con gli occhi quella bolla. La bolla diventava piccolissima, fino a scomparire, risucchiato dalle pupille a forma di croce.
Quando scomparve, la ragazza mi guardò, imbarazzata.
'Assorbo i suoni.' confessò, prima di cedere e correre via, senza fare rumore.
Tutto stava diventando decisamente molto strano.
La foto successiva mi lasciò perplesso. Era anche questa bianco e nera. Tranne per una bambina. La foto era quella di un grande giardino rigoglioso. I fiori bianchi che risaltavano sui cespugli dalle foglie nere. Al centro, su una panchina grigia, stava una bambina bionda che sedeva, contemplando una rosa di un colore delicato. La pelle della bambina era altrettanto rosea. Aveva un vestito azzurro e lungo fino alle ginocchia. Era l'unica macchia di colore in tutta la foto.
Come poteva essere?
Poi sentì una risata infantile alle mie spalle.
Mi girai e mi ritrovai di fronte la bambina della foto.
Rise. Mi porse la rosa e disse qualcosa, forse "ded". Poi sparì, come scompare il lume di una candela quando ci soffi sopra.
Qualcosa di quella parola che aveva detto mi aveva colpito. Rimasi a fissare il vuoto a forma di rosa lasciato nella mia mano. Avevo un piccolo graffio sulla punta dell'indice. Mentre lo fissavo mi resi conto della realtà.
La bambina non aveva detto "ded". Aveva detto "dead". In inglese significa "morto/morta". Una bambina morta mi aveva porso una rosa con i colori dell'alba, che mi aveva graffiato la mano come se fosse una rosa vera.
Faticavo ad accettare questa stramba realtà.
Come sonnambulo, mi ritrovai nella quinta sala.
La quinta fotografia stavolta era scattata in un'aula scolastica. Deserta. C'era solo un bambino. Tutto normale. Anzi... un'ombra sul banco. L'ombra del bambino. La luce veniva da una lampada dietro la sua testa, così la sua faccia controluce non era visibile. L'ombra non sembrava quella che avrebbe proiettato un bambino piccolo. Sembrava piuttosto l'ombra di un uccello simile a un airone.
"So cosa succederà adesso." Pensai.
Mi voltai.
Un uomo anziano guardava la foto. Sorrise.
'Quello sono io. Dovevo avere cinque anni.'
'Quanti anni ha adesso?' chiesi, d'impulso.
Si passò una mano sulla fronte. 'Eh... novecentosettanta... boh.'
Guardai la sua ombra. Sembrava perfettamente normale.
Seguì la direzione del mio sguardo. 'Ah... Il mio trucchetto dell'ombra. Eh, ormai è passato tanto tempo... facevo questo trucchetto da ragazzo, ma ormai è passato tanto tempo... chissà, forse...'
Vidi l'ombra dilatarsi, restringersi, come una piccola pozza d'acqua ai piedi dell'anziano. Poi prese la forma di un cerchio, prima di tornare rapidamente normale.
'È incredibile, signore.' dissi, ancora sorpreso.
L'uomo sorrise ancora. Poi si allontanò, con un flebile:'Buona serata.'
A quel punto mi accorsi che era già buio.
La mostra chiudeva.
Uscii, nella notte illuminata da tante piccole luci, e mi sembrava di vedere molto più lontano.
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