La Giustizia Degli Uomini


Un'altra storia per il contest Tre Parole Una Storia. La seconda.
Non c'è molto da dire in più rispetto a quanto riportato qui sotto. Inizialmente il titolo era L'omelia finale di Don Tiziano, ma quello attuale mi sembra più evocativo.

SINOSSI:

Oggi ti racconto la storia di un uomo che incidentalmente è anche un prete. E di altri preti che incidentalmente non sono uomini. E' una storia sulla verità e sul modo di affrontare la vita. In fondo è anche una storia sulla leadership, quella vera. Oppure è un modo per parlare di Dio, via.

NUMERO DI PAROLE: 

Sono 1.500 giuste giuste.

SVOLGIMENTO:

Un piccolo paese. 1961.

La chiesa era gremita di persone per la messa domenicale, quel giorno più del solito. In effetti il cambio di un parroco, dopo vent'anni e in un modo così repentino, non poteva che far clamore. Le discussioni e le congetture si inseguivano da giorni nel bar della piazza centrale, per non parlare di quello che era successo durante la settimana in panetteria, dal macellaio e dal barbiere. In realtà un po' tutti volevano bene a Don Tiziano e la faccenda della sua rimozione non era andata giù a molti. Egli era, infatti, un uomo schietto, sincero, sanguigno. I credenti vedevano in lui una guida e i non credenti, quei pochi in quel periodo, si chiedevano come fosse possibile che un uomo del genere avesse preso i voti. E poi... Piaceva alle donne. Sissignore. Il suo carattere aveva fatto breccia in più di un cuore, ma lui non aveva occhi che per la vedova Perrini, lo sapevano tutti in paese. I parrocchiani, insomma, erano convinti che fosse questo il motivo dell'allontanamento di Don Tiziano. Dubbi, sguardi, voci che si rincorrono e parole sottovoce che arrivano alle orecchie sbagliate. Era palese che un prete che amava e che, con tutta probabilità, scopava in modo sano, evidentemente disturbava lo spirito dei poveri di umanità.

Fatto sta che quella domenica tutta la piccola comunità del paese era raccolta in chiesa. Qui erano presenti, per sancire il passaggio dei "poteri",  il prete che lo avrebbe sostituito, Don Benedetto, e nientemeno che Monsignor Curcio in persona. Don Benedetto era seduto alla sinistra del Monsignore, con il sorriso forzato a graffiargli il viso. Era un trentacinquenne paffuto e rosso in volto, gli occhi piccoli nascosti da un paio di occhialini rotondi. Il graffio che esibiva e tutto l'insieme del suo aspetto, lo rendeva quasi ebete agli occhi dei più. Mentre gli sguardi degli astanti si interrogavano sulla nuova guida, Don Tiziano era all'ambone e stava concludendo la lettura del passo del Vangelo.

- ... "Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?" Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!"- terminò Don Tiziano.

Monsignor Curcio era contrariato. Don Tiziano aveva appena letto il Vangelo secondo Luca 7,36-50. Non era il passo sul quale si erano accordati. Questo riguardava l'incontro tra Gesù e la peccatrice, dove il figlio di Dio perdona la prostituta. Non è che Don Tiziano aveva in mente un panegirico sulla prostituzione? No, vero? Don Tiziano era imprevedibile. Eppure sembrava aver compreso la situazione e la problematica riguardante Don Benedetto. Don Tiziano doveva aver capito che non esistevano alternative.

Il prete celebrante guardò la folla nella chiesa. Aveva preparato una spiegazione critica del passo che aveva appena letto, ma il suo cuore era in tumulto e quanto aveva saputo di Don Benedetto lo aveva turbato e indignato. Chinò il capo sugli appunti che si era preparato.

- Fratelli e sorelle. Nel passo che ho appena letto... -

Si interruppe e alzò il capo verso la folla che lo stava ascoltando. Una buona parte dei ragazzi stava chiacchierando tra loro oppure guardava il loro amore dall'altra parte della navata. Sorrise. I ragazzi. Così indisciplinati e così assurdamente sognatori. Si girò a osservare il suo successore e il Monsignore. Quest'ultimo ricambiò lo sguardo con un sorriso di assenso. Come dire: "Vai avanti. Di'a tutti ciò che avevamo concordato."

Appoggiò le mani sul leggio e scosse la testa voltandosi a guardare la croce immobile alle sue spalle.

- Fratelli e sorelle... - ripeté.

Si interruppe nuovamente. Poi:

- Amici. Amici miei. Vi conosco uno ad uno. Ho riso con voi e ho giocato a carte con molti di voi. Ho ascoltato le vostre preghiere, le vostre speranze, i vostri dispiaceri. Come sapete mi è stato detto di lasciare questo paese e questa chiesa ma... temo di non poterlo fare. -

La gente tra i banchi cominciò a mormorare. Don Benedetto si portò una mano davanti alla bocca e bisbigliò qualcosa sottovoce a Monsignor Curcio.

- Poco fa vi ho letto un passo del Vangelo e questo passo parlava... ve la faccio breve... di una prostituta. Che tratta meglio Gesù di quanto non abbia fatto colui che l'ha ospitato a casa propria. Duemila anni fa Gesù riusciva ad andare oltre le apparenze, pensate un po'. "Lei è una prostituta", "Chi se ne frega" risponde Gesù "mi ha trattato bene. E io la perdono".-

Fece una breve pausa e guardò nuovamente il Vangelo. Poi alzò la testa e riprese.

- Oggi non siamo capaci di andare oltre le convenzioni e le apparenze. Mescoliamo l'amore di Dio per tutte le creature con le idee blasfeme di un vecchio rincitrullito, noioso e cattivo che non fa altro che dirci quello che dobbiamo o non dobbiamo fare. -

Tutti i ragazzi smisero di chiacchierare. Le vecchiette si portarono una mano alla bocca e i signori in prima fila scossero la testa. Tutti gli altri si lasciarono sfuggire un sorriso. Monsignor Curcio era sull'orlo dell'infarto.

- Io ho il cuore colmo di amore. Per Gesù, certo, e per Dio. Ma anche per una creatura ben più terrena che questo palazzo diroccato che è diventata la Chiesa Cattolica italiana mi impedisce di amare liberamente. -

Il vociare tra i banchi aumentò a dismisura.

- Io ne prendo atto: lo sapevo e lo so, mea culpa. Sapevo che nel momento in cui avrei abbracciato la Chiesa sarei andato incontro a una vita di sacrifici. Ma allora pensavo che il mio amore per Dio fosse forte. Invece era solo cieco. Ora, ve lo dico sinceramente, il mio amore è più completo e vero, perché ho imparato ad amare davvero. Io amo una donna come amo Dio e per me sono importanti nella stessa misura. -

Rimbrotti, proteste, ma anche applausi e fischi soprattutto dai più giovani. Monsignor Curcio si alzò e si avvicinò a Don Tiziano.

- Le assicuro che è meglio se torna a sedersi, Monsignore. -

"Siediti", "Vai a sederti". Qualcuno dalla prima fila se ne era andato, qualche vecchietta continuava a farsi il segno della croce, ma la gran parte del pubblico invocava Don Tiziano. Curcio tornò a sedersi e si prese la testa tra le mani. Don Benedetto cominciò ad avere paura.

- Non posso permettere a nessuno, però, di svilire i miei sentimenti. Questa mattina qualcuno è entrato in questo tempio, in questo luogo d'amore verso la vita e verso Dio per cercare di nascondere il male. E per farlo ha cercato la scusa del mio amore verso una signora per bene. Io però ho molti amici e ho saputo tutto. Da giorni. -

Don Benedetto si alzò dalla sedia ed iniziò a muoversi verso l'altare. Voleva raggiungere l'oratorio e da lì probabilmente la macchina.

- Don Benedetto. Non scappare. Rendiamo note a tutti le tue abitudini. I bambini dell'oratorio di San Guglielmo le conoscono bene le tue abitudini, vero? -

- Don Tiziano!-

- Taccia, Monsignore. Stia zitto! - urlò Don Tiziano.

Nella chiesa calò il silenzio totale. Don Tiziano tornò a rivolgersi ai propri parrocchiani.

- Io sono un peccatore che cerca di portarvi qualche parola di conforto. Mi piace parlare con voi di tutto. Anche di religione e di Dio perché sono le mie passioni e mi piace pensare che vi piaccia ascoltarmi. Spesso lo fate e spesso fate finta, ma va bene. Non mi offendo e vi voglio bene. -

Ancora una pausa.

- Don Benedetto non è un peccatore. E' il male. -

Mormorii.

- Don Benedetto ha violentato, stuprato e malmenato almeno dieci bambini a Roma. E' stato allontanato dalla curia per nasconderlo in questo paese. Io non lo posso permettere.-

Alzò le braccia verso l'alto.

- In nome del calice colmo di vino e dell'ostia sacra che rappresentano il sangue e il corpo di Cristo e che io ho il privilegio di offrirvi da vent'anni, io chiedo giustizia. -

In chiesa si scatenò il putiferio. Un paio di uomini scattarono contro Don Benedetto e lo presero per la giacca. Questi cercò una reazione, ma fu trascinato fuori a forza dalla chiesa e tempestato di pugni. Di Monsignor Curcio si occupò Bottero, che era il macellaio del paese. Lo prese a calci nel culo dall'altare fino all'uscita della chiesa. Quando Curcio uscì, cadde a terra. Riuscì a vedere Don Benedetto che veniva portato via da un gruppo di persone. Gridava pietà ed era sanguinante.

Dietro di lui arrivò Don Tiziano. 

- Non so se si tratti di giustizia divina o di giustizia degli uomini, ma è meglio di ciò che voleva lei. 

I parrocchiani che non erano con Don Benedetto, si schierarono dietro di lui. Nel bene e nel male era lui Dio in terra in quel momento, giusto o sbagliato che fosse.

- Ora, Monsignore, lei tornerà a Roma. Dirà che Don Benedetto è scappato. Che si vergognava dei suoi... vizi. Che era depresso, pazzo, rincretinito. Non mi interessa. Se ne vada e non torni mai più qui.-

Il Monsignore salì sulla Seicento parcheggiata lì vicino, mise in moto e in pochi minuti sparì all'orizzonte.

Don Tiziano rimase parroco del paese ancora a lungo finché non morì per cause naturali. La vedova Perrini gli rimase sempre accanto. 

Di Don Benedetto non si seppe più nulla.

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