I Quattro Moschettieri

Ci sono storie e storie. Storie che scrivi perché vuoi, storie che devi, racconti sui quali ti applichi ma che ti escono così, racconti che scrivi ma che non senti veramente tuoi. Quello che vi apprestate a leggere è mio, tutto mio. È il mio racconto preferito, quello che amo di più nella sua assoluta semplicità, quello che più ho amato scrivere, quello di cui vado più orgoglioso. Lascio le note di allora. Buona lettura.

Parole da utilizzare: Satira, Sfigmomanometro, Immortale.

Sinossi: storia della vita di quattro Moschettieri del Re durante tre punti cruciali della loro esistenza.

Colonna sonora: Good Riddance (Time of your life) - Green Day

Nota: io la E accentata non riesco a farla ne' con word e neanche con wattpad. La E' con l'apostrofo va dunque letta come E accentata e non è un errore. Grazie.

«En guarde!»

Aramis guardò il volto dell'uomo del Cardinale contrarsi in una smorfia di disappunto dopodiché questi tentò un affondo. Il Moschettiere fece scendere la spada sulla mano della guardia che perse la presa sull'elsa. Nel frattempo Porthos era alle prese con due altri sgherri di Richielieu.

«D'Artagnan, dove ti sei cacciato?»

«Eccomi!»

D'Artagnan prese ad attaccare uno dei due mettendolo immediatamente in difficoltà con la propria velocità. Il fellone non trovò di meglio che gettare la spada ed allontanarsi correndo. Poco dopo anche il secondo marrano decise che era abbastanza anche per lui. La potenza e la decisione di Porthos lo avevano sfiancato per cui si mise a correre nella stessa direzione dell'altro. Anche l'avversario di Aramis se la stava dando a gambe, non prima di essersi girato verso i moschettieri pronunciando le proprie immortali parole.

«Andate a fanculo, Moschettieri del cazzo!»

I loro avversari si stavano dunque allontanando ridendo di gusto.

Athos era stanco già da un po'. Respirava male e si era seduto sul bidone accanto al negozio della Lina. In quel momento era chiuso, la Lina riapriva alle quindici. Povero Athos. Dieci minuti di battaglia erano troppi per lui. Lentamente si rollò una sigaretta e se la ficcò in bocca. Gli altri tre si avvicinarono e alzarono le spade di legno verso il cielo.

«Uno per tutti...» esclamarono in coro.

Con uno sforzo notevole anche Athos, sigaretta spenta in bocca, si alzò puntando a sua volta la propria spada verso l'azzurro.

«... tutti per uno» terminò Athos. Detto questo tornò a sedersi e si accese la siga.

«Oh, poi passa.»

«D'Artagnan. Se ci cuzza tua madre ci fa secchi, altro che Richielieu.»

«Ma passa qui e stai zitto.»

Due seduti per terra, gli altri due sul bidone. Era un tiepido primo pomeriggio di inizio aprile. Non c'era nessuno per strada, a parte i Moschettieri del Re.

«Non vorreste andar via?»

La domanda di Aramis colse un po' tutti di sorpresa. Era sempre stato il più sensibile dei quattro.

«E dove vorresti andare, sentiamo? È un paradiso qui, non vedi? Tutti questi palazzi, questa vita. A me fanno venire un sacco di idee.»

«Porthos, a te tutto fa venire idee strane.»

Risate.

«Dico sul serio. Torino è un po' grigia.»

«Athos è grigio! A forza di fumarsi queste schifezze. Ma dove hai preso il tabacco?»

«L'ho rubato a mio fratello. Lui ha quattordici anni e il Gino glielo vende. A me una minchia.»

«Miiiinchia!» gli fece eco D'Artagnan. Prendeva sempre in giro il suo accento siculo.

Athos si alzò in piedi, tossì un po' e rivolto verso D'Artagnan.

«Come osi? In guardia, fellone.»

«I Moschettieri non combattono fra di loro. I Moschettieri sono sempre uniti.»

Athos ci pensò un attimo.

«Massì» e buttò la spada di legno a terra. D'Artagnan si dipinse di un sorriso che solo gli undicenni riescono a disegnarsi in volto.

-------------------------------------------------------

«Pezzo di merda!»

Athos prese D'Artagnan per la camicia e lo sbatté contro la bacheca degli studenti, strappando il manifesto della mostra di satira di Mellana che avevano appena appiccicato. Aramis lì vicino rimase di sasso. Era il più sensibile dei quattro e non seppe reagire prontamente.

«Ma che cazzo fate?»

La voce di Porthos si perse nel corridoio vuoto del Politecnico. D'Artagnan sferrò una ginocchiata nel basso ventre a Athos, che si piegò in due dal dolore.

«Sei patetico!» urlò.

«Carla... Carla è la mia fidanzata» rispose Athos.

«Carla vuole me! Te lo vuoi mettere in testa? Non ti vuole più. Vuole me!»

«Non è verooo!»

Athos scattò in piedi e caricò D'Artagnan a testa bassa. Entrambi caddero a terra, ma Athos, che si ritrovò sopra D'Artagnan, era in posizione privilegiata e iniziò a caricarlo di pugni sul viso. I colpi si susseguivano dapprima rapidi e poi sempre più lenti e stanchi fino a quando Athos fu vinto dalla tosse che lo fece crollare di lato. Porthos e Aramis corsero verso i loro amici.

«Ma si può sapere che vi prende?» disse Aramis.

«Siete due teste di cazzo» concluse Porthos che stava cercando di far alzare Athos, il quale non smetteva di tossire.

«Tu...» D'Artagnan aveva il volto sanguinante e gonfio «Tu! Con me hai chiuso! Hai capito? Hai chiuso! E voi levatevi dai coglioni.»

«Ma no, ragazzi. Siamo sempre stati...» disse Aramis.

«Ma smettila!» disse D'Artagnan mentre si allontanava.

Aramis rimase in piedi a guardarlo uscire dalla propria vita e sentì qualcosa di simile alle lacrime salire dallo stomaco.

------------------------------------------------------------------

Fuori dalla finestra i peschi sono in fiore. Tutto intorno le aiuole si sono riempite di colore. Fin dove arriva lo sguardo non si vedono che colline verdeggianti.

«Da piccolo avrei voluto fuggire da Torino e vivere in un posto come questo.»

Aramis guarda Milady che armeggia con lo sfigmomanometro sul suo braccio. È per non annoiarsi che ha iniziato a chiamarla Milady. Le piace pensare a lei come ad una donna misteriosa e letale nascosta in una divisa da medico.

«Centocinque su settanta. Non male, Aramis.» Lei sta al gioco per fortuna.

«Sono immortale, Milady.» E sorride stancamente.

Milady gli sorride a sua volta mentre si toglie i guanti e la mascherina. In clinica i protocolli per la gestione dei malati terminali con la sindrome da immunodeficienza acquisita sono rigidissimi.

Aramis si sposta con la sedia a rotelle verso la finestra. Morire di AIDS proprio mentre la malattia sembra quasi debellata, o per lo meno fa molte meno vittime, è paradossale. La verità è che il suo corpo è talmente provato che ormai non pensa di avere più molto tempo di fronte a se'.

«Ci sono visite!» annuncia Milady scocciata.

«La mia dottoressa topolona preferita. Come va, chica?»

«Me ne vado, Aramis. Tieni buono il tuo amico.»

«Si chiama Porthos.»

La guardano allontanarsi.

«Ah, se avessi vent'anni di meno le farei vedere io.»

«Eh, ma anche trenta chili di meno.»

«È il grasso che fa l'uomo.»

Si siede sul bordo del letto e cerca di non guardare troppo il suo amico che sta semplicemente sparendo. Peserà sì e no quaranta chili e il suo colore rasenta il bianco della carta. Non riesce più a camminare, le gambe non riescono a reggerlo. Lo aveva visto la settimana prima e allora si era deciso.

«Ho fatto una cosa» annuncia.

«No, senti. Non ho voglia di sentire i racconti dei tuoi spettacolini sessuali.»

«Perché hai dei gusti sessuali tremendi. Ecco perché! Ma io lo sapevo da quando eravamo piccoli che eri così.»

«I gusti sono gusti. Milady non mi piace, ma Richielieu...»

«Chi? L'altro dottore?Ma smettila. »

«Avresti dovuto vederlo stamattina. Quando porta la barba corta gli farei vedere io... » 

«Che schifo! Non voglio sapere altro e comunque non è di questo che ti volevo parlare.»

Porthos guarda Aramis. Aramis guarda Porthos.

«E allora?»

«Dietro di te.»

Un uomo è entrato nella stanza di soppiatto, senza farsi sentire. Non sa cosa dire, non sa cosa fare. È invecchiato e sempre grigio fumo in volto. Porta degli occhiali che una volta non aveva.

«Ciao Aramis...»

«Athos!»

Aramis si avvicina con la sedia a rotelle al suo amico. Sa che l'altro non lo farà mai.

«Non ti preoccupare. Non sono contagioso a meno che non mi scoppi la testa adesso.»

«Non dire sciocchezze, Aramis.»

In qualche modo lo abbraccia, ma ha paura di spezzarlo in due.

«Athos. Athos, il mio amico Athos.»

Ora sono scesi nel grande giardino di fronte alla clinica. Athos spinge la carrozzella di Aramis. I medici gli avevano proibito di prendere aria, ma a questo punto non fa più molta differenza.

«I tre Moschettieri» dice Aramis ad un certo punto.

«Non potevo mancare» risponde Athos.

Nessuno fa la domanda che tutti vorrebbero fare, allora Porthos fornisce lo stesso la risposta.

«Non sono riuscito a parlare con D'Artagnan. È sempre impegnato. Convention, riunioni, roba così. Gli ho lasciato una marea di messaggi. Manco una risposta.»

«È un pezzo grosso.» dice Aramis.

Passeggiano come tre amici che non si sono mai lasciati. Parlano della vita e di quanto tempo han lasciato dietro alle spalle. Che poi è un po' la stessa cosa. Un uomo li guarda di nascosto. Prende coraggio ed esce allo scoperto.

«En guarde!»

Il grido li coglie di sorpresa. Dietro di loro l'uomo in giacca e cravatta li affronta in modo spavaldo. Ha una spada di legno in mano sulla quale c'è scritto D'Artagnan. Con la mano sinistra lancia altre tre spade verso i Moschettieri.

«Fellone!» grida Porthos brandendo la spada col suo nome.

«È tutto quello che sai dire, palla di lardo?» dice D'Artagnan. Ha le lacrime agli occhi e non è più il guascone di un tempo. I capelli sono spariti e la pancia spinge sulla camicia. Si rivolge ad Athos.

«E tu, damerino, cosa credi di fare?»

Athos non risponde, lo guarda e basta. Aramis non riesce neanche a parlare.

«Allora, damerino, dico a te.»

Athos fa due passi lenti verso di lui. Poi si china a terra, raccoglie una spada e la consegna ad Aramis. Lui la guarda. È la sua. È la sua di allora, di cinquant'anni prima.

«En guarde!» ripete D'Artagnan con la voce rotta dall'emozione.

Athos lo guarda impassibile. Poi si china nuovamente e raccoglie la spada con il suo nome. Accarezza la lama di legno e poi dice: «Questa spada ti infilzerà come un tordo.»

I due iniziano il loro duello. Aramis non riesce a trattenere le lacrime. Ma si sa: è sempre stato il più sensibile dei Quattro Moschettieri.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top