One Shot Per Il Contest Di @angolodidorothy
Mi sveglio di soprassalto.
Il cuore che mi batte forsennato nel petto come un cavallo imbizzarito e il sudore che cola a piccole gocce dal mio petto mentre ancora urlo.
Mi metto le mani nei capelli piangendo.
Il solito incubo che mi perseguita da ormai quarantacinque anni.
Elvis Presley, mio marito e il padre di mia figlia Lisa-Marie, inginocchiato sul pavimento del bagno in preghiera senza vita con gli occhi chiusi che ha emesso il suo ultimo respiro. Mi aveva detto che andava a leggere perché non riusciva a dormire nonostante avesse preso qualche barbarutrice per addormentarsi. Quelle ultime parole che mi perseguitano da una vita intera.
Quell'immagine che non riesce a togliersi dalla mia mente nonostante siano passati quarantacinque anni dalla sua morte.
Cerco di calmarmi ma mi è impossibile. Il corpo è attraversato da piccoli brividi e tremo mentre singhiozzo. Le lacrime non smettono di scendere. Lui sapeva calmarmi con la sua voce profonda quando avevo gli incubi e quando avevo gli attacchi di panico. Ora non succede più. Dall'agosto del 1977 per cercare di eliminare questo trauma vado da una psicologa. Mi hanno sempre detto che con loro dovevo essere sincera e più aperta ma non ci riuscivo e ancora mi è impossibile. A loro importava, e importa, qualcosa di me? No. Mi hanno detto che dovevo prendere dei sonniferi per riuscire a dormire ma dopo la morte di mio marito sono diventata allergica a ciò. Non prendo nulla per farmi passare gli attacchi di panico.
Vivo come un fantasma seguendo sempre la solita routine nonostante i miei 87 anni a Graceland, la nostra casa. Dalla sua morte ho deciso di far mettere un altro bagno chiudendo quello dove andavamo di solito. Troppi brutti ricordi che vorrei cancellare.
Mi alzo da letto prendendo un libro dalla mia libreria perché so con certezza che se mi addormentassi di nuovo vedrei quella solita scena. Non è un semplice libro. È il fumetto che lui amava tanto e che conservo gelosamente: Captain Marvel terzo. Rileggo quelle parole che so ormai a memoria finché il sole non illumina la stanza. Prendo il bastone per aiutarmi a camminare e scendo in cucina per preparare la colazione. Mi faccio un caffè forte ed esco in giardino. Gli uccelli cantano allegramente ma io non avverto tale sensazione. Ormai sono depressa e mi rimetto a piangere. È sempre così: passo le giornate a piangere sperando di morire presto ma Dio non vuole ancora. Ho vissuto abbastanza con diversi traumi che mi hanno segnata profondamente e che solo Elvis riusciva a capire. Solo lui. Non mi sono mai aperta con Michael Jackson, il cantante/ballerino ex-marito di mia figlia, anche se lui ha sempre cercato di farmi parlare con i suoi modi dolci e il suo tocco delicato. Anche lui portato via da delle persone orribili e morto a causa del propofol, una barbarutrice. Due morti identiche.
Entro in casa e tra i molti libri trovo un piccolo diario. È sgualcito e impolverato. Non l'avevo mai notato e aprendolo trovo una lettera. La rigiro ed è dedicata a me.
La apro ed è la scrittura di Elvis.
Cara Natalie
Amore mio se leggerai questa lettera vuol dire che sono morto. Vuol dire che il mio cuore non ha retto. Sono stato cieco da non notare che mi sono fidato della persona sbagliata fin dall'inizio. Tom Parker, il colonnello, mi voleva morto e ora è successo. Mi dispiace per non esserci più per combattere al tuo fianco i traumi che ti perseguitano fin da quando eri una bambina. La bambina di cui mi sono innamorato. Che sorrideva sempre nonostante le ferite che riportava nella psiche e sulla pelle. So che la mia morte ti causerà altro dolore e altra sofferenza ma non smettere di combattere. Tu sei la donna più forte che abbia mai conosciuto. Ho deciso di lasciarti questo diario in cui scrivere tutto ciò che ti tormenta e i tuoi incubi. Non provare a toglierti la vita. È inutile. Sarei molto arrabbiato se lo facessi. Resta insieme a nostra figlia. Lei ha bisogno di una madre visto che io non ci sarò più. Vivi la vita al meglio, amore mio. Ti amo dal profondo dell'anima. Dii ai tuoi demoni di andare a farsi fottere, d'accordo?
Ti amo bocciolo di rosa
Tuo
Elvis Aaron Presley
Rileggo più volte la lettera. La data riporta che è stata scritta due giorni prima della sua tragica morte. Lui sapeva già di stare male? Allora perché non ha seguito i miei consigli? Perché? Domande che rimarranno senza una risposta. Metto la lettera sul comodino dove si trovano le cornici con le foto di noi da adolescenti. Dire giovani fa male al cuore perché lui lo è rimasto per sempre. Aveva solo 42 anni quando è deceduto. Non voglio ricominciare a piangere e decido di scacciare i miei demoni come lui mi ha suggerito. Glielo devo dopotutto.
Apro il diario e inizio a scrivere raccontando tutta la nostra storia e di mio padre. L'incubo che mi ha perseguitato fino alla morte di Elvis.
Descrivo mio padre. Un uomo drogato, alcolizzato e che viveva solo di sesso.
Lui nacque il 10 aprile 1916 a Fulton, Mississippi come Vernon Presley. Una strana coincidenza della vita. Mia madre mi aveva sempre raccontato che fin da giovane lavorava in nero in night club con diverse donne. Faceva sesso con loro. Lui e il sesso erano una cosa sola. Essendo molto bello era naturale, no? Era stato mio nonno, Robert, a introdurlo in quegli ambienti fin da ragazzino. Da quel momento per lui era diventata una vera e propria dipendenza. Stava a ore, tornando spesso a tarda notte, in quegli ambienti. Beveva, fumava, si drogava e faceva sesso. Non si allontanò dai night club nemmeno quando conobbe mia madre: Elena Sparrow. Di lei parlerò più in là visto che mi ha aiutata moltissimo a superare, almeno in minima parte, questo trauma.
Elena era una ragazza a modo che aveva deciso di visitare l'America e anche per cercare lavoro. Ella era veramente diligente e amava svolgere tutte le faccende con minuzia. Ella era anche analfabeta visto che le donne non potevano frequentare le scuole all'epoca. Nonostante questo proibizionismo nei confronti del genere femminile lei decise di sua spontanea volontà, una volta diventata maggiorenne, di avere un insegnante privato. Pagava le spese della sua casa e degli insegnamenti attraverso un piccolo lavoro; vendeva oggettini che lei stessa creava dalle sue abili mani: erano in terracotta, vetro e altri materiali. Quando ebbe imparato abbastanza decise di andare in America visto che viveva in Italia. Qui proprio in un nigh club a cui si era fermata incontrò mio padre. Fu lui a offrirle da bere e lei rimase catturata dal suo sguardo ammaliante. Erano entrambi molto belli. Lei era affascinante con i suoi lunghi capelli neri, gli occhi verdi come smeraldi e un corpo perfetto senza neanche un imperfezione. Loro parlarono molto ma soprattutto si dedicavano al sesso. Mio padre come un cobra aveva fatto entrare mia madre nel giro di sesso e droga. Non facevano altro. *
All'età di sei anni avvenne il trauma che mi perseguita ancora oggi dopo la morte di mio marito Elvis.
Le sue mani toccarono le mie gambe fino ad arrivare al mio sesso. Non gridai perché avrei solo peggiorato le cose. Mi abbassò le mutandine andandomi a toccare lì. Mi sentii violata. Giocò con le mie piccole labbra per poi andare a mordere l'inguine lasciandomi dei solchi violacei. Ero inerme tra le sue mani e braccia. Mi ritrovai quell'uomo addosso che iniziò a leccarmi e a baciarmi. Ingenuamente pensai che fosse una carezza innocente, ma le sue mani continuarono a toccare luoghi che non avevo mai conosciuto nemmeno io. Lui, per non farmi gridare, mi mise una mano sulla bocca mentre quello che doveva essere il suo membro entrò dentro di me con una violenza inaudita. Il dolore fu tale che io gli morsi la mano mentre calde lacrime scorrevano sulle mie guance ma a lui non sembrò importare. Gridava di piacere mentre io tremavo. Lui poi mi andò a toccare i capelli neri bagnati dal sudore per giocarci. Poi si spostò verso un mio gluteo per sculacciarmi. Gridai silenziosamente. La mia psiche era irremediabilmente devastata. Quando arrivò al suo culmine sentii qualcosa di strano riempire il mio corpo. Era un liquido caldo. Urlò come un mostro. **
Da quel momento ebbero inizio le torture peggiori. Crescevo nel terrore. Soltanto all'età di quattordici anni incontrai il mio angelo custode. Ero diventata una bellissima ragazza con delle forme che avrebbero attirato l'attenzione di molti ragazzi. Per pagarmi le lezioni di chitarra, visto che il lavoro di mia madre ci faceva guadagnare poco, andai a lavorare in una stazione radiofonica lì nelle vicinanze e incontrai Elvis Presley. Era un ragazzo bellissimo: occhi celesti come il mare, capelli neri, un'adorabile ciuffo e un corpo divino per non parlare della sua voce che riusciva a incantare chiunque. Lui si innamorò perdutamente di me ma mi ci volle del tempo per ricambiarlo.
Quando scoprì quello che passavo sotto mio padre decise di farmi vivere sotto il suo stesso tetto insieme alla famiglia: Gladys ( sua madre), Vernon ( suo padre) e Jessie ( sua sorella). Soffrivo di incubi notturni ma grazie a lui riuscivo a stare sempre meglio. Lui era la mia ancora di salvezza in un mare in tempesta.
Racconto del nostro amore profondo e perfino di quella strana profezia che poi si è rivelata stranamente vera.
Mi perdo nei ricordi.
Se solo potessi, risalirei quella collina.
Se solo potessi, risalirei quella collina
Già, quella collina. Quella collina in cui ci eravamo fermati un giorno a fare un pic-nic lontani da occhi indiscreti. Era un giorno qualunque del 1977. Era agosto. Il sole splendeva alto nel cielo e faceva caldo. Mancavano pochi giorni alla sua morte ed ero sempre più devastata. Non sapevo come avrei affrontato gli incubi da sola. Sarebbe stato impossibile. Lui ormai non era più l'Elvis di cui mi ero innamorata. Era fuori forma, il suo glaucoma agli occhi era diventato più grave e spesso durante i concerti si scordava le parole.
non mi ferisce
vuoi provare come ci si sente?
vuoi sapere che non mi ferisce?
vuoi sapere qualcosa del patto che sto facendo?
quello che riguarda me e te.
Se solo potessi,
farei un patto con Dio,
e farei in modo che lui invertisse i nostri ruoli,
risalendo per quella strada,
risalendo quella collina,
risalendo quell'edificio
Oh se solo potessi...
Già, mi sarebbe tanto piaciuto che fossi morta io invece che lui. Dio si è preso la persona sbagliata. Mi piacerebbe ritornare là, su quella collina, per ridere spensierati per l'ultima volta.
tu non vuoi ferirmi,
ma guarda quanto è andato in profondità il proiettile.
inconsapevolmente ti sto spingendo lontano.
c'è una minaccia nei nostri cuori, tesoro
Quella minaccia di cui eravamo sempre a conoscenza ma a cui non avevi dato importanza. Il colonnello Tom Parker. Lui ti ha ucciso solo per il suo gioco di azzardo e per non essere arrestato poiché era un immigrato irregolare. Era uno stronzo. Solo io l'avevo compreso a causa di quella profezia.
In questo silenzio tombale di Graceland mi rendo conto di quanto mi manchi. Mi manca tutto di te, amore mio. Eri un uomo bellissimo, sia fuori che dentro, Elvis.
Nota Autrice
L'inizio della one shot è ripresa dal prologo della mia ff su Elvis Presley: " Unchained Melody".
* Parte ripresa dal primo capitolo della mia storia.
** Parte ripresa dal secondo capitolo della mia storia.
Vi metto qui la trama e la copertina per chi fosse interessato.
TRAMA
Natalie Taylor Presley è una donna che ha vissuto una vita segnata da molti traumi tra cui la morte di suo marito Elvis. Questo peso se lo porta addosso da ormai quarantacinque anni rivivendolo spesso nei suoi incubi. Solo un oggetto riuscirà a portarle sollievo: un diario in cui descrivere tutto ciò che la tormenta.
Io, attraverso il suo punto di vista, cercherò di far emergere i demoni interiori di Natalie e soprattutto di Elvis, il personaggio a cui dedico questa storia.
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