Metamorfosi

Questa storia partecipa al contest "Non ho passato il test di Rorschach" della "Pasticceria creativa" di ciambella198

[2496 parole]

La nave vibra con un rombo metallico sotto le scarpe di Greta. La ragazza stringe più forte le mani sul parapetto appiccicoso di salsedine, senza staccare gli occhi dalla superficie liscia del mare. Ovunque si giri, vede solo tonalità di azzurro: all'orizzonte è chiarissimo, uno specchio d'argento che riflette il cielo, mentre vicino alla nave è di un imperscrutabile blu di Prussia.

«Gre, che fai?»

La ragazza si volta verso Marco nel momento in cui lui le scompiglia i capelli. Con aria infastidita, cerca di sistemarsi i ricci, ma una ciocca le si impiglia nella branchia.

«Guarda che hai fatto, cretino!»

Marco ride e l'aiuta a disincastrarsi. «Sei incredibile! Sono anni che hai 'ste branchie e ancora non ti sei abituata.»

«Sott'acqua funzionano meglio delle tue, però.»

In tutta risposta lui apre e chiude le proprie membrane.

«Sbruffone.»

Greta torna a scrutare l'oceano, tanto immenso da farle girare la testa. Marco si appoggia a sua volta alla ringhiera scrostata. «Hai paura?»

«Non dire sciocchezze.» Greta scuote la testa. «Sono anni che mi preparo a una missione come questa.»

«Io ho paura.»

La ragazza sospira.

«E se qualcosa andasse storto? Se le nostre ibridazioni dovessero fallire, se...» continua lui.

«Non falliranno, le abbiamo già testate infinite volte.»

«Sì, ma mai così a lungo e così in profondità. E poi sappiamo ben poco di quello che ci aspetta lì sotto...»

Greta si gira di scatto verso l'amico. «Smettila! Andrà tutto bene. Completeremo la missione con successo e torneremo a casa sani e salvi.»

La ragazza sente gli occhi bruciare. È colpa dell'aria fredda, si dice, del sale, della luce del sole. Con un gesto stizzito si asciuga le lacrime. Che fai, piangi? È tutta la vita che sogni questo e ora piangi?

Oltre il velo appannato delle lacrime vedo il volto di Marco corrucciarsi in un'espressione colpevole.

«Scusa, non volevo. Lo sai che sono un po' pessimista, dai, Gre.» La guarda senza sapere cosa fare. Dopo un paio di tentennamenti però la stringe in un abbraccio impacciato. Greta è tanto sorpresa che per un istante dimentica tutto: Marco non è mai stato tipo da gesti d'affetto e le volte in cui l'ha abbracciata si possono contare sulle dita di una mano. Ora però il calore del suo corpo passa attraverso la felpa e si insinua dentro di lei, a scaldarle il cuore e asciugarle le lacrime.

~ ~ ~

«Tutti sul ponte, ripeto, tutti sul ponte.» La voce del Comandante Borghi gracchia nell'altoparlante della cabina di Greta.

«Sì, arrivo» borbotta, mentre stringe i calzari ai quali fisserà poi le pinne.

Da quando lei e Marco si sono divisi per andare a prepararsi, ha cercato in tutti i modi di non farsi più prendere dal panico. Si è ripetuta mille volte che lei è stata addestrata, modificata, per questo e ha il pieno controllo della situazione. Se lo ripete anche ora, mentre verifica di avere preso tutto e lascia la cabina.

I suoi compagni sono già sul ponte e lei si alza sulle punte dei piedi in cerca di Marco. Trova subito la sua testa rasata e gli si affianca. Intorno a lei gli altri giovani, tutti pronti con la muta integrale e il marsupio con le provviste, chiacchierano tra loro, ma il brusio tace non appena il Comandante compare sul ponte.

Lui aspetta finché il silenzio non si fa totale prima di parlare.

«Bene» inizia «questa è la vostra prima missione ufficiale. Siete giovani, ma la scienza, anzi, l'umanità ha una immensa fiducia in voi. Fino a pochi decenni fa il progetto Thàlassa a molti sembrava solo utopia, il sogno di qualche scienziato pazzo, eppure ora eccovi qui, pronti a immergervi nelle profondità marine.»

Fa una pausa, mentre sul suo viso di solito serio si apre un sorriso amichevole, che a Greta pare incredibilmente stonato su quei lineamenti d'acciaio.

«Sappiamo tutti com'è finita l'ultima volta che alcuni di noi si sono spinti così in profondità. Scomparsi nel nulla. O così credevamo. E invece, dopo dieci anni, ci è stato dimostrato quanto ci sbagliavamo: i nostri compagni sono ancora vivi e hanno bisogno di voi. Salvateli e dimostrate al mondo che i nostri non sono sogni irrealizzabili. Quando dieci anni fa ci hanno accusato di aver sacrificato vite umane, noi non ci siamo scoraggiati perché noi sapevamo. Sapevamo che quello che facevamo non era un errore: la nostra era solo una tecnologia imperfetta, che oggi però punta verso il futuro. Voi siete il futuro.»

Le parole del Comandante sfarfallano nelle orecchie di Greta e perdono di significato; per la prima volta le sembrano solo frasi vuote, storpiate dalla retorica. Specchietti per allodole.

Eppure lei ha sempre creduto al progetto Thàlassa, fin da quando uno scienziato era venuto nella sua scuola a parlarne. E Greta ne era rimasta affascinata. Mentre tutti erano proiettati a portare l'uomo su Marte, il progetto Thàlassa mirava a creare colonie umane sui fondali oceanici. La piccola Greta aveva alzato la mano e aveva ribattuto che era impossibile, gli uomini non possono vivere nell'acqua. E a quel punto, la ragazza se lo ricorda bene, lo scienziato aveva sorriso. È questo il bello, aveva risposto.

L'uomo classico non poteva, certo che no, ma il nuovo uomo sì. Con le conoscenze sempre più approfondite della medicina e dell'ingegneria in pochi anni sarebbe stato possibile ibridare l'essere umano con qualsiasi specie animale, e allora la vita sottomarina sarebbe diventata realtà.

Lo scienziato aveva spiegato tutto con una tale passione che Greta aveva deciso: avrebbe preso parte al progetto Thàlassa. Aveva intrapreso l'iter necessario: si era iscritta all'accademia militare, aveva fatto tutti i test medici e si era sottoposta alle operazioni, una dopo l'altra, e ora, a ventisei anni, era pronta a sprofondare per la prima volta nell'oceano.

«Adesso mettetevi in fila davanti al dottor Malinverno per un ultimo controllo e poi salite sulle scialuppe» ordina il Comandante. Subito i ragazzi si affrettano a ubbidire e Greta afferra il polso di Marco per non perderlo nella confusione.

«Mi stavo chiedendo una cosa» le sussurra il ragazzo.

«Basta che non sia un'altra delle tue teorie pessimistiche.»

«Perché hanno aspettato così tanto per mandarci un messaggio di aiuto? Voglio dire, sono passati dieci anni, non ti sembra troppo tempo?»

Greta sbuffa. «Forse sono dieci anni che ci mandano messaggi, ma non li abbiamo ricevuti. Oppure prima non sapevano come fare e ora sì.»

«Ma tu sai come hanno fatto?»

«No.»

«E cosa hanno scritto?»

«Nemmeno.»

«E...»

«Basta, Marco. Non ti fidi del Comandante? O non credi nel progetto Thàlassa?»

«Certo che ci credo!»

«Ecco, allora per favore continua a crederci e taci.» La risposta le esce più brusca del voluto, ma è già abbastanza angosciata di per sé, senza bisogno di accollarsi anche i dubbi di Marco.

E se invece avesse ragione?

Mentre il dottor Malinverno le controlla pressione, temperatura e stato delle branchie, Greta scruta il Comandante con sospetto. Poi però scuote la testa: che sciocchezza, perché mai dovrebbe mentire?

Finita la visita, si allaccia in fronte la torcia a batteria idrodinamica e fissa ai piedi le pinne, per poi sedersi sulla scialuppa accanto a Marco. Sono tanto vicini che le loro spalle sfregano l'una contro l'altra, ma non dicono più niente. Poi il gommone viene calato e, quando impatta contro la superficie del mare, Greta sente l'amico deglutire rumorosamente.

«Buona fortuna» augura il Comandante, dall'alto della nave da cui aspetterà il loro ritorno.

Si allontanano e intanto l'istruttore che si è occupato della loro preparazione snocciola le ultime raccomandazioni. «Non disperdetevi e, se vedete che per la missione non c'è speranza, tornate in superficie. Mi raccomando, siete troppo importanti.»

Greta lo ascolta distrattamente, le orecchie piene del suono del vento e delle onde che si infrangono sui fianchi del gommone. Si perde ad ascoltare questi rumori così famigliari che sott'acqua non udirà più. Poi però la scialuppa si ferma e lei viene risvegliata dal suo incanto. Uno dopo l'altro i suoi compagni saltano nel blu e lei li segue come un automa.

Non appena si ritrova in acqua una scarica di adrenalina la attraversa: in un istante dimentica tutte le preoccupazioni e un sorriso le sfugge dalle labbra. Il gelo dell'oceano le punge la pelle, che subito si attiva per mantenere il disequilibrio termico ed osmotico tra interno ed esterno. Una corrente le sfiora il viso come la carezza di uno spettro gentile e lei apre gli occhi, facendo calare la membrana trasparente che le è stata impiantata per proteggere la cornea e permettere una buona visione.

I suoi compagni hanno già cominciato a disporsi nella solita formazione e anche lei nuota velocemente al suo posto. Inspira dalle branchie e sente l'acqua riempirle i polmoni. Il primo respiro è la parte peggiore, ogni volta le sembra di soffocare, ma è solo un attimo: già al secondo il suo corpo si è abituato, come sempre.

Secondo quanto ha detto loro il Comandante, devono scendere fino al fondale, molti chilometri sotto la superficie, e lì dovrebbero trovare i compagni dispersi. Semplice.

Troppo semplice, direbbe Marco.

Greta si gira a cercarlo e subito incontra i suoi occhi resi traslucidi dalla membrana. La luce della torcia li illumina di un bagliore sinistro che trasforma il suo volto socievole in una maschera grottesca. Greta si volta, rabbrividendo.

Pietro, il primo della formazione, fa il segnale convenuto per la partenza e il gruppo comincia a nuotare. Man mano che scendono, la luce del sole si fa sempre più fioca e il cielo diventa solo il ricordo di un sogno.

I pesci si ritraggono spaventati al loro passaggio. Non ce ne sono tanti in quella parte di oceano e più scendono più si fanno strani e minacciosi. Greta è sempre stata tanto affascinata tanto inquietata dalle creature che popolano gli abissi profondi: brutte, cieche, seguono leggi difficili da comprendere. Creature dure forgiate da un ambiente duro, in cui solo i più forti sopravvivono.

Dopo un tempo infinito, i fasci di luce delle torce illuminano un fondale roccioso, con picchi aguzzi e profonde valli fatte di ombre. La formazione si apre, come da protocollo, e i ragazzi cominciano a guardarsi intorno. Dalle cavità risalgono correnti gelide, che fanno tremare Greta nonostante la pelle modificata.

Pietro fa cenno alla metà destra del gruppo di scendere a illuminare gli anfratti, dove Greta li guarda infilarsi con il cuore in gola. Vorrebbe poter rompere la formazione e stringersi al fianco di Marco, ma si impone di restare immobile.

Uno dei ragazzi ritorna subito indietro e indica il buco da cui è uscito. Pietro fa cenno al gruppo di Greta di andare con lui e subito i ragazzi ubbidiscono. Greta si infila nella stretta cavità subito dopo Marco per poi sbucare in una grotta. Il ragazzo che li ha portati fin lì si avvicina a una parete, indicando qualcosa sulla pietra. Greta lo raggiunge e stringe gli occhi, perplessa. Poi comprende.

La roccia è ricoperta di incisioni, confuse e senza senso. Sono segni irregolari, graffianti, come se la pietra stesse urlando di dolore con voce stridente. A Greta pare quasi di sentirla nelle orecchie, nella testa.

Poi Marco attira la sua attenzione su un segno specifico, che non è solo un graffio ma rappresenta una lettera affiancata da altre lettere storte. Una parola.

Fame.

Il cuore di Greta fa un balzo nel petto. Fame, dice la parete. Fame. E non una volta sola. La parola si ripete decine di volte, insieme a poche altre.

Fame.

Aiuto.

Paura.

Greta si volta verso l'uscita. Andiamocene, vi prego. Ma il ragazzo che ha trovato la grotta sembra esaltato dalla scoperta, glielo si legge sul viso sorridente, e si avvia verso un'apertura che si addentra ancora di più nella roccia. Seguirlo è l'ultima cosa che Greta vorrebbe fare e sa che Marco la pensa come lei senza nemmeno aver bisogno di guardarlo, ma entrambi non possono che seguire il compagno.

L'apertura dà su una seconda grotta ancora più ampia della prima. I fasci di luce spazzano l'ambiente, illuminando una serie di strane rocce biancastre e sottili. Alcuni ragazzi si avvicinano, ma subito balzano indietro, spaventati. Perché non sono affatto rocce, ma ossa.

Centinaia di ossa disseminate per tutta la grotta, scheletri scomposti che biancheggiano nell'oscurità, teschi umani che fissano i nuovi arrivati senza vederli. Le cavità vuote di quelli che sono stati volti sembrano invocare un aiuto giunto troppo tardi.

Il primo ragazzo fa cenno agli altri di tornare indietro, ma Greta non riesce a muoversi. Ripensa alle parole di Marco e qualcosa non le torna: se sono tutti morti, chi ha scritto il messaggio?

All'improvviso un rumore di pietre che sbattono risuona tra le pareti. Una scarica di adrenalina attraversa le gambe di Greta, che comincia a nuotare verso l'uscita nel momento in cui una figura indistinta spunta da un buco nel soffitto. Le torce cercano di illuminare la creatura, ma va troppo veloce e di lei si scorgono solo dei brandelli: una mano pallida, una ciocca di capelli scuri. Poi per un istante un fascio di luce ne rivela il volto.

È uno scorcio che dura un secondo, ma basta per scatenare il panico. Greta intravede appena due occhi bianchi e ciechi per via della membrana troppo ispessita e due branchie spalancate ai lati del collo di quella che un tempo è stata una donna. La pelle è cadaverica, quasi traslucida, e in alcuni punti brillano accenni di scaglie.

Tutti cominciano a muoversi senza ordine e i fasci di luce scattano da un punto all'altro della grotta. Sembra l'illuminazione di una discoteca dell'orrore.

Greta attraversa l'uscita mentre la donna si avventa su qualcuno, trascinandolo sul fondo dove con un colpo secco gli spezza il collo. Intorno a loro l'acqua si fa rossa.

Non Marco, ti prego, fa che non sia Marco. Greta non sa a chi si stia rivolgendo, forse a quella divinità di cui ci si ricorda solo quando si è in cerca di un miracolo.

La donna si volta verso di lei e Greta si rende conto che chiamarla donna non è corretto, non è più. La natura ha completato la metamorfosi che il progetto Thàlassa aveva iniziato e ora la compagna perduta si è trasformata in un mostro degli abissi. Una creatura brutta, che segue leggi diverse, modificata da un ambiente duro in cui solo i duri sopravvivono. O i più fortunati, quelli che non sono stati mangiati dagli altri.

La creatura è veloce e forte, senza alcuna pietà. A muoverla è solo la fame, istinto primordiale privato di qualsiasi umanità che le fa abbattere un altro ragazzo nel tempo di un battito di ciglia. Forse è stata proprio la fame a spingerla a mandare un messaggio in superficie per ricevere in dono decine di vittime sacrificali, come un Minotauro nel suo labirinto.

Greta si sente afferrare per un polso e cerca di ribellarsi, ma quando si rende conto che è Marco si fa trascinare verso l'uscita delle grotte. Schizzano fuori come schegge e fanno subito segno agli altri di scappare. In superficie, più in fretta possibile.

La missione è conclusa.

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