Liberia - prova 2: L'accampamento
L'accampamento degli Oros si spalanca davanti ai miei occhi, con le sue tende ordinate e pulite sulla spiaggia bianca, lasciandomi perplessa perché non è assolutamente il luogo rozzo e barbaro, da orchi delle fiabe, che mi ero immaginata. Mi schiaffeggio mentalmente per la mia stupida ingenuità.
— Milady? — mi richiama all'ordine il capo delle guardie che mi accompagnano in questa missione diplomatica. Raddrizzo le spalle in quello che spero sembri un atteggiamento autoritario e mi incammino tra le tende.
Al nostro passaggio tutti si fermano a guardarci, sospettosi, e ci seguono con gli occhi finché arriviamo davanti alla tenda più grande, che immagino sia quella del loro re. Vorrei chiedere di essere ricevuta, ma purtroppo non parliamo la stessa lingua e così semplicemente aspetto.
Non lo ammetterei mai, ma la realtà è che io cuor mio ho paura: non so come finirà questa missione, potrebbe anche essere che nessuno di noi torni più a casa. Quando la regina ha chiesto a me, proprio a me, di farle da ambasciatrice sono stata estremamente fiera e orgogliosa, senza pensare neanche per un attimo al pericolo, che invece ora sento strisciarmi sulla pelle.
Pare che gli Oros non abbiano preso bene l'arrivo di un piccolo esercito nel loro accampamento perché prontamente ci circondano, armati di tutto punto e pronti all'azione.
— Cosa volete? — esclama all'improvviso una voce dietro di me, facendomi voltare di scatto. A parlare è stata una giovane donna bionda che di Oros non ha nulla. La fisso, sospettosa, stringendo gli occhi a due fessure.
— Sono qui per conferire con il vostro re.
— Parlerete con me, farò da intermediaria e interprete — risponde decisa. C'è qualcosa di strano in lei, a partire dal fatto che i soldati Oros stessi sembrano non fidarsi e tengono alcune armi puntate nella sua direzione.
Lancio un'occhiata al mio capo delle guardie, che annuisce seriamente.
— La mia regina vi propone uno scambio che sicuramente troverete vantaggioso per entrambi — esordisco. —Vi ridaremo il giovane Oros nostro prigioniero, insieme a cento scudi dorati e duecento botti d'acqua per nave, ma solo a patto che ve ne andiate dalla nostra terra per non tornare più.
La giovane sembra assimilare le mie parole, poi si reca nella grande tenda a conferire con il re. Esce nuovamente dopo quella che mi sembra un'eternità, passata a tormentarmi i guanti.
— Il re non si fida di voi liberiani, eppure è disposto ad accettare purché le botti d'acqua vengano raddoppiate.
È un alto prezzo, ma sono sicura che la regina sia disposta a pagarlo, pur di salvare il suo popolo. Mi congedo e, seguita dalle guardie, lascio l'accampamento. Solo una volta allontanatami dalla spiaggia mi consento di tirare un respiro di sollievo.
Poi, d'un tratto, un lampo di capelli scuri tra i cespugli attira la mia attenzione, ma quando mi avvicino alla vegetazione non vedo nulla.
— Tutto bene? — mi domanda il capo delle guardie.
— Sì, torniamo in città — rispondo cercando di nascondere l'inquietudine. Non voglio che la gente pensi che io sia pazza. Come mia madre.
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