Sex and the Ducky

Buon giovedì e ben ritrovati, viaggiatori del tempo!

Oggi abbiamo il piacere di ospitare tra le nostre pagine @SimoneFar, che ci ha donato una perla di storia davvero poco consueta... E terribilmente interessante! Una pagina di storia come, forse, non l'avete mai letta...

Inizi del 1500, sera. A casa d'Ippolito d'Este si è appena finito di mangiare e i vari commensali invitati per il banchetto stanno ancora oziosamente discutendo del più e del meno. A un certo punto il padrone di casa rivolge un'occhiata a un uomo dagli occhi vispi che si trova verso il fondo della tavola, intento ad intrattenere un paio di ragazze con la metà dei suoi anni, secondo cugine di un non ben precisato signorotto, scampate chissà come al velo di monaca. L'uomo si scusa con entrambe con uno sguardo sornione, uno sguardo tutto «vedrete, vedrete», poi lascia il tavolo e si avvicina a un leggio dove un ragazzino ha appoggiato alcuni fogli.

L'uomo è Ludovico Ariosto, chierico, cortigiano, cameriere segreto, ma soprattutto poeta della corte d'Este, in quegli anni intento alla stesura e alla declamazione della sua opera più grande: l'Orlando Furioso, che avrebbe influenzato scrittori e lettori per i cinque secoli successivi. Potreste averne sentito parlare con termini molto aulici durante i vostri studi alle superiori, ma in sintesi parliamo di uno dei primi showrunners della storia, antesignano di J.J. Abrams, Damon Lindelof e dei fratelli Duffer. Rispetto a loro non doveva preoccuparsi di pagare gli attori o di quanto potessero costare gli effetti speciali, più di loro doveva stare attento alla metrica e a lisciarsi il suo protettore, tra una stanza e l'altra. Esattamente come loro, però, doveva soddisfare un pubblico bramoso di azione, avventura e, naturalmente, sesso.

Ludovico Ariosto non era uno showrunner qualsiasi, Ludovico Ariosto era uno showrunner degno dei migliori momenti HBO. E proprio per dimostrarlo siamo giunti alla corte degli Estensi proprio stasera.
Negli episodi precedenti dell'Orlando Furioso...

Ci troviamo nel bel mezzo del racconto che Ricciardetto rende a Ruggero dopo che questi l'ha scambiato per sua sorella, Bradamante. Ruggero e Bradamante sono due regular della serie e la loro ship è una di quelle su cui la produzione spinge di più, non fosse altro che dal loro matrimonio discenderà quell'Ippolito d'Este che sta ascoltando e che paga all'Ariosto vitto e alloggio. Naturalmente i due sono spersi per il mondo, impossibilitati a stare assieme e quando Ruggero incappa nel fratello gemello proprio sputato della sua bella gli salta quasi addosso. Quello, dopo averlo cortesemente respinto decide di prendersi un episodio filler per raccontare come quella stessa somgilianza avesse fatto gioco nelle sue avventure con Fiordispina, ovviamente notevole bellezza del suo tempo.

Fiordispina (attenti bene) un giorno si era imbattuta in Bradamante svenuta, in armatura e con i capelli corti per una storiaccia di combattimenti andati male. Se non vi è chiaro, Bradamante è uno dei tank dell'Orlando Furioso, uno dei guerrieri più temibili, quindi che fosse armata di tutto punto non c'è di che stupirsi. Fiordispina, però, vedendola così la scambia per un maschio e, come si dice in questi casi, se ne invaghisce di brutto. E di brutto soffre quando lei le rivela di essere donna. Ahimè, purtroppo siamo un po' troppi anni prima delle rivendicazioni LGBT e il buon Ludovico, pur strizzando l'occhio di qui e di là, deve partire con una lunga sparata sul fatto che l'amore tra donne sia impossibile e che quindi la passione di Fiordispina è condannata a non essere mai soddisfatta. Bradamante quindi ringrazia Fiordispina dell'ospitalità, si rimette in groppa al suo cavallo e torna a casa, lasciando la povera donna a struggersi (che in un poema cavalleresco, comunque, è la prassi).

Però capita che Bradamante, a casa, racconta tutto a Ricciardetto, suo fratello, quello uguale uguale sputato tranne che per il prepuzio nelle brache, come si suol dire. Ricciardetto, che oltretutto sa perfettamente che Fiordispina è una gran bella ragazza, si figura esattamente come la soluzione dei suoi problemi...

E ora, la continuazione...

Questo è quello che la corte d'Este ha udito fin qui. Ariosto, sui fogli che ha davanti, ha il proseguo della storia. Si umetta un attimo le labbra, ammicca un'ultima volta verso le cortigiane, incassa il rimbrotto di un impaziente cardinal Ippolito e riprende a raccontarci di Ricciardetto e del suo tormento che lo attanaglia all'idea di sfruttare effettivamente la situazione. In realtà la sua esitazione è all'incirca di un verso e mezzo, probabilmente valutabile in quindici secondi: 

Faccio o nol faccio? Al fin mi par che buono
sempre cercar quel che diletti sia.
Del mio pensier con altri non ragiono,
né vo' ch'in ciò consiglio altri mi dia.
Io vo la notte ove quell'arme sono
che s'avea tratte la sorella mia:
tolgole, e col destrier suo via camino,
né sto aspettar che luca il matutino.

Io me ne vo la notte (Amore è duce)
a ritrovar la bella Fiordispina;
e v'arrivai che non era la luce
del sole ascosa ancor ne la marina.
Beato è chi correndo si conduce
prima degli altri a dirlo alla regina,
da lei sperando per l'annunzio buono
acquistar grazia e riportarne dono.

Ricciardetto non è così scemo da presentarsi come il fratello gemello di Bradamante, ma va. Lui si presenza come Bradamante stessa, ritornata indietro da Fiordispina. Si fa nuovamente vestire di tutto punto da donna e passa la serata a trollare i maschi del luogo.

Uscimmo poi là dove erano molte
persone in sala, e cavallieri e donne,
dai quali fummo con l'onor raccolte,
ch'alle regine fassi e gran madonne.
Quivi d'alcuni mi risi io più volte,
che non sappiendo ciò che sotto gonne
si nascondesse valido e gagliardo,
mi vagheggiavan con lascivo sguardo.

Ci troviamo in una di quelle situazioni alla Mulan che mollami proprio. Ricciardetto è alla corte di Fiordispina, a braccetto di lei, con lei che ancora brucia di pensieracci che tecnicamente non sono possibili e intanto ammicca ai vari maschi presenti con piglio da cross-dresser, così che, a carte scoperte, pure loro possano finire a interrogarsi su cosa gli piace e cosa no. E' evidente lo spasso dell'Ariosto in questa situazione così come i sorrisi del suo pubblico. Ippolito, Cardinale definito un po' gretto, magari non apprezza, ma non mette becco, perché sa perfettamente che in giro per Ferrara e dintorni si parla solo delle sue cene e delle bizzarre situazioni messe in scena da quell'ometto che vive sotto il suo tetto. Tutti questi espedienti, però, sono solo per preparare la scena madre. Come la volta precedente, Fiordispina si porta a letto quella che crede Bradamante, ovviamente per dormirci alla stregua di sorelle, ma quello che accade è che si ritrova davanti a Ricciardetto nudo:

Poi che donne e donzelle ormai levate
si furo, e paggi e camerieri intorno,
essendo ambe nel letto dispogliate,
coi torchi accesi che parea di giorno,
io cominciai: « Non vi maravigliate,
madonna, se sì tosto a voi ritorno;
che forse v'andavate imaginando
di non mi riveder fin Dio sa quando.

Arrivato al momento «full HBO» Ariosto si presenta a noi come il più grande paraculo di tutti i tempi. Praticamente Ricciardetto, stanza illuminata a giorno, si smutanda davanti a questa povera donna e evidentemente espone i suoi attributi. Però sembra che in questo momento Fiordispina si debba meravigliare del fatto che sia tornato indietro così in fretta. Certo, guarda, era esattamente quello a cui stava pensando Fiordispina, occhi all'altezza della cintura. Ce la vediamo a pensare «Ma cosa ci fa di nuovo qui? Vuoi che abbia dimenticato il cellulare, l'altra volta?» Paraculo l'Ariosto, paraculo Ricciardetto. Potrebbe essere imbarazzante spiegare a Fiordispina che si è finto Bradamante per entrare nel suo letto e magari pure Fiordispina potrebbe non prenderla bene. Fortunatamente siamo in piena mitologia cavalleresca quindi non ci vuole granché a mettere insieme una storia in cui Bradamante stessa si sia ritrovava accidentalmente mutata in uomo. Secondo questa fantasiosa versione dei fatti ecco che Bradamante, appena lasciata Fiordispina la prima volta, si imbatte in una sirena:

Fortuna mi tirò fuor del camino
in mezzo un bosco d'intricati rami,
dove odo un grido risonar vicino,
come di donna che soccorso chiami.
V'accorro, e sopra un lago cristallino
ritrovo un fauno ch'avea preso agli ami
in mezzo l'acqua una donzella nuda,
e mangiarsi, il crudel, la volea cruda.

Anche l'aneddoto ha una profusione di donne nude, sempre per tenere il pubblico vigile.
Facile intuire come la storia vada avanti. Ricciard... Bradamante si getta sul fauno e ne ha ragione, salvando la sirena (go vegan, fauno!), la quale ovviamente, dotata di formidabili poteri (utile a tutto TRANNE che a salvarsi da un fauno, come da copione), vuole ringraziare il prode cavaliere. Cosa può volere una donna che ha già tutto? Far contenta Fiordispina, naturalmente.

Non le domando a questa offerta unire
tesor, né dominar populi e terre,
né in più virtù né in più vigor salire,
né vincer con onor tutte le guerre;
ma sol che qualche via donde il desire
vostro s'adempia, mi schiuda e disserre:
né più le domando un ch'un altro effetto,
ma tutta al suo giudicio mi rimetto

Detto fatto.

Ebbile a pena mia domanda esposta,
ch'un'altra volta la vidi attuffata;
né fece al mio parlare altra risposta,
che di spruzzar vêr me l'acqua incantata:
la qual non prima al viso mi s'accosta,
ch'io (non so come) son tutta mutata.
Io 'l veggo, io 'l sento, e a pena vero parmi:
sento in maschio, di femina, mutarmi.

Ooooooooooooocchei...

Ora, direte voi, va bene che sei tornata indietro, va bene il fauno e la sirena, va bene la teoria del gender, va bene pure la passione, ma Fiordispina sarà donna morigerata e casta di nobili natali. Anche ponendo che creda a tutto questo mucchio di idiozie farà un niente la ritrosa, no? E infatti una certa esitazione la si avverte, nel suo comportamento, un certo senso di sospetto. Tipo che subito ha bisogno di toccar con mano.

E se non fosse che senza dimora
vi potete chiarir, nol credereste:
e qual nell'altro sesso, in questo ancora
ho le mie voglie ad ubbidirvi preste.
Commandate lor pur, che fieno or ora
e sempremai per voi vigile e deste »
Così le dissi; e feci ch'ella istessa
trovò con man la veritade espressa.

Torniamo un attimo alla cena. Il pubblico è rapito. Le donne presenti si sono premurate di arrossire, gli uomini fanno tant'occhi al poeta chiedendosi come mai, venuto il 1500, passati così pochi secoli, sono scomparsi dalla terra i fauni, le sirene e soprattutto le donne che ti si aggrappano senza chiedere niente appena gli racconti la prima storiella. E' un po' questo quello che volevo apprezzaste, ovvero il modo prosaico, anche un po' godereccio, con cui ha senso leggere pure un'opera meravigliosa e storicamente importante come l'Orlando Furioso. L'assoluta modernità di un testo che amoreggia col suo pubblico, che zompetta tra le emozioni di tutti i livelli e che non si sente mai superiore a nessuno. Capite la forza di tutto questo? L'importanza? Ci state riflettendo? Ci state...
Ok, via con la scena di sesso.

Non rumor di tamburi o suon di trombe
furon principio all'amoroso assalto,
ma baci ch'imitavan le colombe,
davan segno or di gire, or di fare alto.
Usammo altr'arme che saette o frombe.
Io senza scale in su la ròcca salto
e lo stendardo piantovi di botto,
e la nimica mia mi caccio sotto.

Se fu quel letto la notte dinanti
pien di sospiri e di querele gravi,
non stette l'altra poi senza altretanti
risi, feste, gioir, giochi soavi.
Non con più nodi i flessuosi acanti
le colonne circondano e le travi,
di quelli con che noi legammo stretti
e colli e fianchi e braccia e gambe e petti.

Per la serata il poeta ha letto abbastanza, Ippolito d'Este è tutto sudato e si defila cercando di non farsi notare. Gli altri commensali sono un po' su di giri e cercano di tornare a parlar di facezie. Ariosto, nel raccogliere i suoi scritti, controlla se le sue parole hanno avuto l'effetto voluto sulle cortigiane. Quale delle due, nella notte, verrà a bussare alla sua porta? La prima? La seconda? Entrambe?
Vi è grande gioia e grande struggimento a essere poeta.

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