La caduta del Muro
Buongiorno e buon giovedì, viaggiatori del tempo!
Abbiamo pensato di celebrare uno dei più grandi eventi della storia contemporanea, ovvero il trentennale della caduta del muro di Berlino, dedicando alcuni articoli e alcune riflessioni alla Guerra Fredda. Vorremmo iniziare, oggi, raccontandovi proprio del Muro. In un'altra prospettiva, forse, e senza limitarci a una banale rappresentazione cronologica degli eventi.
7 ottobre 1989
I festeggiamenti per i quarant'anni della Repubblica Democratica tedesca vedono un ospite d'eccezione: Gorbachev.
La folla si ammassa lungo la Karl-Marx-Allee, acclama il presidente dell'Unione Sovietica. Striscioni rossi e gialli fanno uno strano contrasto con le pareti di piastrelle bianche degli edifici che costeggiano la strada, fino ad Alexander Platz. Il cuore della Berlino orientale, gli ampi viali, l'antenna della televisione che spicca sul resto del circondario - talmente alta da poter essere vista anche al di là del Muro.
Le persone, premute contro le transenne, guardano sfilare le automobili che trasportano le personalità del Politburo.
Il discorso di Gorbachev è atteso. Il più atteso di tutti. Il vento della Glasnost sovietica è arrivato a soffiare fino a Berlino. Perestrojka è la parola d'ordine degli ultimi tempi, anche nella roccaforte della Repubblica Democratica, ancora impermeabile a qualsiasi cambiamento. Il presidente dell'URSS arriva a piedi, a braccetto con il capo del governo Honecker. Saluta la folla, allunga le mani e stringe quelle delle persone che vogliono toccarlo.
«Penso che il pericolo sia dietro le spalle di chi non sa reagire ai cambiamenti del mondo reale», dichiara. «Se si segue la corrente del mondo reale, la corrente di chi muove la società, se si usa quella corrente per modellare la politica, allora non c'è più motivo di temere le difficoltà.»
18 ottobre 1989, ore 20:00
Il telegiornale di Stato apre con una notizia a dir poco sorprendente: Egon Krenz è il nuovo segretario generale del Comitato Generale del SED. Erich Honecker ha dato le sue dimissioni a seguito del nono congresso del Comitato e Krenz, di ben venticinque anni più giovane, è stato eletto al suo posto.
Viene mostrato un video, Krenz che riceve un mazzo di fiori a sancire la nomina.
Krenz riceve le dovute congratulazioni dalla stampa e dagli altri membri del Politburo: niente fa supporre che sussistano le basi per un cambiamento delle politiche correnti. Del resto, Krenz è stato eletto qualche mese fa, con il consueto margine di consenso superiore al 98% che da sempre contrassegna le elezioni libere della Repubblica Democratica. Poco conta che le schede debbano essere aperte davanti a un funzionario di polizia, e che l'unica scelta possibile sia cancellare i nomi dei candidati non desiderati.
9 novembre 1989, ore 18:53
Günter Schabowski sa benissimo quale sia il suo lavoro. Da quando Honecker è stato destituito, è lui a occuparsi dei rapporti con la stampa. La stampa della Repubblica Democratica Tedesca non è molto adusa a fare domande, e l'unica occupazione reale di un addetto alla stampa è leggere il testo che gli viene fornito, senza bisogno di andare oltre. Come Schabowski dice spesso, l'unica cosa che gli viene chiesta è saper parlare tedesco e saper leggere senza fare errori. Due cose in cui, ormai, è diventato un esperto.
Dal momento in cui Honecker non è più a capo del governo - dall'inizio dell'epoca Krenz, insomma - si è trovato davanti ai giornalisti praticamente ogni giorno. E ogni giorno parla di cambiamenti, di quei cambiamenti ormai necessari e inevitabili.
Oggi ha davanti un testo particolare. Non lo ha letto prima, non ne ha discusso insieme agli altri membri del Politburo poco prima. Tutto quello che sa sull'argomento riguarda una nota che gli è arrivata un paio di giorni prima, scritta da Krenz: la legge che regola le modalità di espatrio cambierà, e permetterà ai cittadini della Repubblica Democratica di recarsi a Ovest. Questo, lui sa. Non sa che la Stasi e il Politburo hanno stabilito delle regole precise, che ancora non sono state comunicate alla polizia di frontiera. E, quando legge il suo discorso, dà per scontato che la legge sia già immediatamente valida.
Ore 19:17
Controllare i confini è una questione relativamente semplice. Una striscia invalicabile - o quasi - delimita l'isola di Berlino Ovest, una striscia fatta di cemento, di filo spinato, di torrette di guardia e di ampie zone di edifici demoliti e guardie. I sei checkpoint che regolano gli ingressi e le uscite da e per quella piccola zona di Repubblica Federale sono sorvegliati e impossibili da superare.
L'espatrio, in teoria, non è impossibile. Da anni, l'Ovest acquista cittadini della Repubblica Democratica, e paga il loro corrispettivo (svariate migliaia di marchi, a seconda dell'utilità e della formazione professionale) per portarli oltre il confine. La questione è ancora diversa per i pensionati, che possono andarsene con relativa facilità, purché accettino di non gravare sulla previdenza della Repubblica Democratica. Per tutti gli altri, però, l'Ovest rimane un sogno irrealizzabile, o quasi. I cittadini di Berlino sono abituati a vedere i velivoli del corridoio aereo sorvolare la città, per alimentare, sostenere e far progredire i pochi cittadini dell'Ovest che vivono a pochi metri da loro. E sono abituati anche a vedere ciò che né la polizia di confine, né il Politburo riescono a fermare: le trasmissioni televisive. Da anni, ormai, è tollerato che i cittadini della Repubblica Democratica possano vedere la ZDF o la ARD. Ed è proprio grazie alla ZDF, nel corso del programma Heute, che l'intera Germania viene a conoscenza del discorso di Schabowski. Sono le 19:17, e i cittadini della Repubblica Democratica scoprono che i confini sono stati aperti. Poco conta che nessun altro lo sappia: loro lo sanno.
Ore 20:00
Il notiziario della ARD conferma la notizia: le frontiere sono state aperte. Viene mostrata una sbarra sollevata - immagine di repertorio, con ogni probabilità - che viene interpretata da alcuni come un film di fantascienza.
I sei checkpoint che dividono le due Berlino sono presi d'assalto. La polizia di frontiera, del tutto ignara di quello che sta succedendo, informa immediatamente il Politburo della situazione. La prima risposta è abbastanza prevedibile: viene dato il comando di individuare nella folla gli individui più pericolosi e invalidare il loro passaporto, privandoli della cittadinanza. Non è un gesto efficace, però. Migliaia di persone, premute contro le frontiere, proclamano a gran voce che Schabowski ha dato loro il permesso di varcare il confine.
Nessuno ha il coraggio di autorizzare la polizia a usare metodi repressivi, e i soldati, accorsi in massa per arginare la protesta popolare, non possono in alcun modo intervenire. Per qualche ora, la situazione rimane in stallo, bloccata tra il timore che la polizia riceva l'ordine di sparare a vista sui dissidenti e l'incapacità, dall'altra parte, di gestire le nuove direttive.
Ore 22:45
La Bornholmer Straße porta il nome di un'isola danese del mar Baltico.
Lì vicino, proprio all'altezza del Bösebrücke, dove passano i binari della S-Bahn, c'è uno dei sei checkpoint della città di Berlino. Dal 1961, da lì passano ogni anno migliaia di persone, quasi tutti cittadini dell'Ovest che si recano a Berlino Est, dopo aver scambiato i marchi "buoni", quelli forti contro il dollaro, nello stesso numero di marchi della Repubblica Democratica, una valuta quasi inutile, dal momento che non ci sono merci da acquistare, nella Berlino Est.
Il tenente colonnello Harald Jäger, nel tentativo di alleggerire la pressione delle migliaia di persone assiepate contro la sbarra del confine, ha deciso, quasi un'ora fa, di cominciare a far passare le prime persone attraverso la frontiera. Ha preso e annullato i passaporti di molti, o li ha timbrati in modo non valido. La situazione, però, non sembra migliorare.
Senza attendere ordini superiori, decide da solo di sollevare la sbarra che ha trattenuto fino a quel momento la folla.
Sono pochi secondi di stasi, di immobilità. I primi avanzano, senza nemmeno bisogno di mostrare il passaporto. La polizia non spara.
Il muro di Berlino è caduto.
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