Capitolo 1

Non avrei mai immaginato che la mia vita da lì a poco sarebbe stata stravolta completamente. Il sospetto che potesse accadere una cosa del genere era sicuramente l'ultimo della lista, anzi, non c'era proprio. Se ogni singolo essere vivente avesse costantemente paura dei cambiamenti, allora non vivrebbe appieno. Soprattutto in quel momento, mentre osservavo il riflesso della luna piena sulle acque increspate del lago, il pensiero di dovermi preparare per qualcosa di terribile non mi sfiorava neppure la mente. Non sapevo che quello sarebbe stato probabilmente uno degli ultimi istanti di ingenuità della mia vita. Non che vedessi ancora il mondo tutto rose e fiori, assolutamente, ma stavo attraversando quel periodo che affrontiamo tutti, prima o poi, tra l'età adulta e l'infanzia. Quel momento in cui cominci a comprendere che il mondo è completamente diverso da come lo vedevi con gli occhi da bambino, e abbandoni quell'ingenuità che alle volte poi rimpiangi.

Inspirai per sentire bene l'odore del bosco, del fango, delle foglie secche per terra, e dei fiori che cominciavano a spuntare da sotto di esse. Primule, riconobbi. Il loro odore era unico, uno dei primi profumi che si porta dietro la primavera. Sentii uno scalpiccìo a qualche metro da me, ma quando mi voltai non c'era già più nulla. Doveva essere uno del mio branco. Non conoscevo ancora molto bene i membri di esso, ma questo solo perché i miei genitori avevano acconsentito solo da qualche settimana a farmi trasferire con loro nel branco. Non erano ancora convinti della decisione, loro avevano sempre preferito rimanere in disparte tra gli umani, ma io avevo bisogno di sentirmi parte di qualcosa con cui avevo a che fare. E rimanere in quel villaggio umano dove abitavo prima non mi aiutava di certo a soddisfare questo mio bisogno. Comunque, dall'odore e dalla velocità con cui stava correndo, intuii fosse stata Sophie, una licantropa sulla cinquantina. Aveva un particolare odore di gelsomino, che lei amava coltivare.

Un ululato mi distrasse dai miei pensieri. Sentire quel verso mi fece venire i brividi. Ma non perché mi incutesse timore, anzi, mi mise addosso una gran voglia di rispondere. L'adrenalina che mi scorreva nelle vene mi faceva sentire libera, potente. Ululai più forte che potevo. Fu un suono roco, che fece tremare l'acqua della riva accanto a me. Chiunque di un'altra specie l'avesse sentito, non sarebbe mai stato in grado di collegarlo a me, alla mia voce. Ma funzionava così con tutti, l'ululato è più che altro... un grido in cui sono racchiusi tutti i nostri pensieri, cosa ci turba, cosa ci rende felici. In quel suono mettiamo semplicemente noi stessi.

-Bu! - un grido mi arrivò da dietro perforandomi il timpano destro. Non avevo bisogno di girarmi per saper chi fosse il simpaticone. Così tirai scherzosamente una gomitava indietro colpendo del morbido. Appena mi girai, un ragazzo dalla carnagione abbronzata e dai capelli ricci scuri si stava rotolando per terra fingendo urli di dolore. Non riuscii a non sorridere, ma feci di tutto per nasconderlo.

-Io soffro e tu ti bei di questo?- mi chiese il ragazzo, rialzandosi e sistemandosi la maglietta su cui erano rimasti attaccati pezzi di erba secca. - Mh?- insistette fissandomi con due occhi verde acqua che probabilmente avrebbero fatto sciogliere qualunque membro del nostro branco. Ma io lo conoscevo e sapevo che il suo comportamento era sempre troppo sarcastico e spiritoso che non si sarebbe mai potuto offendere veramente per una cosa del genere.

-Veramente si, Jordan caro. - risposi. - Vuoi che ponga fine alle tue sofferenze?- Lui assunse una faccia scioccata. Poi non riuscì più a mantenere la sua paralisi facciale e si mise a ridere, coinvolgendo anche me.

- Stavi osservando l'infinito e oltre o stavi solo pensando a quanto tu faccia schifo a far rimbalzare le pietre sull'acqua?- chiese sedendosi vicino a me.

- In realtà sono bravissima, e lo sai. - ignorai la sua faccia da "ma ti stai sentendo almeno?". - Comunque sei veramente poco poetico. Non ti pare bellissimo questo posto?-

Aspettò un attimo prima di rispondere, probabilmente non trovava parole spiritose per contraddirmi. Sapevo benissimo che questo posto di notte gli piaceva tanto quanto a me. Mi sorrise soltanto. Non so fino a quanto rimanemmo lì in silenzio, ad osservare la luna che lentamente si nascondeva dietro gli alberi, come intimorita dall'arrivo del sole.

~●~

La luce del mattino mi aprì a forza le palpebre, e mi resi conto solo in quel momento di essermi addormentata nella stessa identica posizione in cui mi ero sdraiata la sera prima. Devo dire però che la mia schiena avrebbe fatto sicuramente a meno di questa dormita fuori dal mio letto comodo e caldo. Un profumo di cibo mi invase violentemente le narici, e mi tirai su di scatto. Il cibo ed io siamo una cosa sola.

Quando mi voltai, Jordan era accucciato vicino a me, e mi offriva un muffin tutto colorato con una candelina sopra.
-Ma come diventi vecchia!- mi urlò nelle orecchie.

Ricordai solo in quel momento che quel giorno avrei compiuto 18 anni. Me ne ero totalmente dimenticata, ma per fortuna c'era evidentemente qualcuno che se ne era ricordato per me.

Prima di afferrare il muffin, abbracciai il mio amico. Era l'unico con cui avevo legato così in fretta nel branco, non sapevo cosa avrei fatto senza il suo aiuto.

-E così te ne sei ricordato.- gli dissi, fingendo stupore.

-Sai, non te l'ho mai detto, ma il mio quoziente intellettivo è altamente sopra la media. - sospirò. Addentai il dolce, sentendo la glassa che mi si scioglieva sulla lingua: sapeva di mirtillo, felicità e spensieratezza.

- Sarà che lo nascondi così bene... - commentai. Lui mi diede una spallata scherzosa e passammo qualche minuto a ridere di cose stupide. Ad un certo punto lui cambiò drasticamente espressione, e lo notai subito. Quando qualcosa lo turbava, tendeva a toccarsi più volte il sopracciglio sinistro.

- Tutto bene?- gli domandai. Lui evitò per un attimo il mio sguardo.

- Senti... avrei qualcosa da riferirti, ma... non mi sembra il caso di rovinarti la giornata... - si toccò nuovamente il sopracciglio.

- No, dai, tranquillo. Se ti turba, vuol dire che è importante... non ho intenzione di vederti così per il resto di oggi, sappilo. Oggi si sorride. -

- No no, lascia stare, nemmeno so perché te l'abbia nominato. - cercò di cambiare argomento.

- Eh no, ora me lo dici! Certo che non capisci proprio un cazzo di donne tu, se pensi di lanciare una bomba del genere e poi non dirmi di che si tratta! - mi lamentai, facendogli gli occhi dolci. A lui scappò un sorriso, ma credo fosse per la mia incapacità di simulare gli occhioni teneri del gatto con gli stivali.

- E va bene... - si arrese. Esultai mentalmente. - Il fatto è che... ho sentito i tuoi genitori parlare. Di qualcosa che ti vogliono dire oggi. - Sentivo che non mi stava dicendo tutto.

- E cosa ci sarebbe di male? Cioè, chissà... -

- Tua madre stava piangendo. - mi interruppe. Ora aveva di nuovo tutta la mia attenzione. - Parlavano di una cosa che tua madre non avrebbe mai voluto dirti. Tuo padre continuava a ripetere che tu però hai il diritto di sapere. - disse tutto d'un fiato. Poi mi guardò preoccupato. - Magari non è niente, però mi sembrava giusto... non so... prepararti. - aggiunse con un sorriso tirato, che però non riuscì a quietare il mio animo. Non sapevo cosa dire. Ne sapevo troppo poco per poter avere un'opinione sulla cosa.

- Un'ultima cosa... hanno nominato un certo Maverick, sai chi possa essere?- domandò. Corrugai la fronte e scossi la testa. - Vabbè, dimentica tutto questo. -

- No, no, hai fatto bene a dirmelo. Grazie. - lo rassicurai abbracciandolo. - Però allora sarebbe meglio tornare al villaggio, si staranno chiedendo dove siamo finiti.-

Jordan assunse finalmente di nuovo la sue espressione da "ti piglio per il culo per tutto quel che fai", mi prese in braccio e si mise a correre ad una velocità che un essere umano si sarebbe sognato.

-Largo alla maggiorenne! - continuava a gridare, mentre io mi tenevo stretta a lui perché, conoscendolo, pur di darmi fastidio, sarebbe stato anche in grado di mollarmi all'improvviso. E vi assicuro che a quella velocità la cosa non sarebbe stata così simpatica.

Ridemmo per tutto il percorso, ma nonostante quell'allegria che con Jordan mi nasceva spontanea, non riusciva ad abbandonarmi una strana inquietudine. Le parole di poco prima del mio migliore amico mi rimbombavano in testa, dure a morire. Speravo avesse capito tutto male, ma il mio sesto senso, il mio istinto animale, mi suggeriva che invece non era così. E lo avrei scoperto presto, tra mobili di legno e odore di frutta.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top