Horror Story[Seconda Parte]
Sembrava proprio il posto perfetto:
Illuminata come New York, attiva come Detroit e piena di casinò e pub come Las Vegas. Si concesse un attimo per osservare il panorama. "Altro che meraviglie del mondo...", pensò stupito e sbalordito.
-Non c'è tempo da perdere!-
Disse, ed iniziò a correre verso quella che sembrava la fermata di un autobus.
"Finalmente!", gioì nella mente," Qui la strada è asfaltata!". Almeno i piedi avrebbero smesso di dolergli...Si fermò alla fermata, ed aspettò mentre leggeva gli orari di arrivo e partenza dei bus. Il prossimo dovrebbe arrivare...anzi, era appena arrivato. Quando lo vide sbiancò come un lenzuolo: era fatto totalmente di ossa e, nel momento in cui le porte si aprirono, poté vedere il conducente. Uno zombie dalla pelle verdognola e dai vestiti strappati. Era indeciso se fidarsi o meno, se salire o no, ma mentre pensava scesero dei passeggeri: riconobbe fantasmi, spettri, vampiri e altre creature da romanzo horror. Non appena la folla si fu allontanata, rimase di pietra davanti all'entrata del bus, finché non venne richiamato all'attenzione dal conducente, che gli fece un fischio e gli indicò dietro di sè: un tacito invito ad entrare. Con un po' di esitazione entrò nel bus e si andò a sedere tra i posti davanti: soffriva di mal d'auto. Si guardò attorno, e notò che era tutto vuoto, se non fosse stato per lui, il conducente ed un ragazzo in fondo al mezzo di traporto. Era strano: sembrava vestito per andare ad una festa in maschera, oppure ad un Carnevale...in testa portava un cappello da jolly, ed era vestito in modo insolito, tutto decorato e pieno di ricami. L'unica cosa che non riusciva a distinguere in quel ragazzo era il suo viso, dato che teneva la testa china in avanti. Però poteva affermare con certezza che avesse la "riga" che separa i capelli a metà testa, e divideva non solo i capelli, ma anche il loro colore e la loro acconciatura: nel lato destro erano verde accesso, corti e tutti scompigliati; nel lato sinistro erano corvini, sempre corti, tagliati in un caschetto perfetto. Il bus si fermò, facendo ondeggiare le ossa dei sedili e delle pareti. Il ragazzo scese, lanciandogli uno sguardo di sfida ed un sorriso beffardo, ma senza mostrargli la faccia, mantenendol piegata durante la sua attraversata nel corridoio. Aspettò che le porte si fossero chiuse per appoggiare il gomito sul finestrino e il mento sul palmo della mano. Adesso stava osservando, annoiato, il paesaggio iniziare a mutarsi e, non appena intravise le prime case ed i primi negozi, iniziò a meravigliarsi. Sulla Terra niente e nessuno aveva mai costruito nulla di paragonabile a quegli edifici brillanti. Il bus accostò alla prima fermata, e lui scese.
-Cavolo, però: questo posto non è male! Forse sarei dovuto venir qui prima...-,
Esultò, tutto contento. Iniziò a vagare per le strade affollate e ed i negozi pieni di gente, inconsapevole di dove stesse andando e senza una meta precisa...Ad un certo punto non sentì più le urla di gioia delle persone, così aprì gli occhi, che aveva tenuto socchiusi fino ad allora, e tolse le mani da dietro la testa, cercando la mini torcia che aveva in tasca: dalle sue parti la notte era molto pericolosa... . Vagò per un po', mentre i brividi di freddo e terrore gli percorrevano la spina dorsale, il suo corpo si faceva tremante, la pelle d'oca si mostrava sulla sua cute ed i suoi denti battevano velocemente e di continuo. Il pezzo di strada che aveva preso era spoglio, grigio...macabro. Le piastrelle erano tutte rotte, mancanti o messe male, gli edifici erano semi-demoliti, macchine ed altri mezzi parzialmente distrutti. Gli alberi erano morti e secchi oppure ne rimaneva solo il ceppo. Ad ogni passo sentiva il suo tremore aumentare insieme alla paura che aveva dentro di sè. Dopo quasi un'ora smise di camminare. Alzò lo sguardo. "Poker Casinò", diceva l'insegna, schiodata da un lato ed illuminata da quelle poche luci che, molto probabilmente, resistevano ad anni ed anni di utilizzo continuando a lampeggiare debolmente. Il vetro della porta era quasi del tutto in frantumi e, mentre stava entrando, si ferì alla mano. Non ci fece molto caso. Si diresse in fondo alla sala, anch'essa semi illuminata. Si avvicinò al bancone del pub, prese uno strofinaccio e se lo legò attorno alla ferita. Non si chiese il perchè quel panno fosse lì, poco importava... . Continuò il suo giro, vedendo sale distrutte, pareti crollate, bagni scrostati e zone del tutto inaccessibili. Sentì un rumore, e si girò d'istinto dietro di sè. Un'ombra si nascose. Spaventato, andò avanti: se fosse tornato indietro, quella cosa l'avrebbe potuto prendere e, chissà, gli avrebbe fatto pure lo scalpo. Al solo pensiero gli si gelò il sangue nelle vene. Si stoppò davanti ad una porta: "Ufficio Direzione e Camerini Inservienti". Fece molta fatica a leggere la targhetta affissa alla porta, anche perché era buoi, ed era quasi tutta arrugginita. Con la mano tremolante afferrò il pomello della porta e lo girò. Non era chiusa a chiave. Accese la torcia, e vide che alla sua destra c'era una scrivania sbilanciata, senza tre gambe e le quattro cassettiere di cui era munita si trovavano o sopra di essa o per terra, con tutti i fogli buttati all'aria. In fondo all'ufficio dalla forma di un parallelepipedo c'erano delle grandi cassettiere grigie. I loro cassetti e fogli fecero la stessa fine di quelli della scrivania. Il diploma del proprietario del casinò e, quindi, dell'ufficio, era gettato a terra: il nome cancellato dalle sferzate di un pennarello nero indelebile, la carta stroppicciata, il vetro distrutto e la cornice squassata. Concentrò il suo sguardo sulla porta a sinistra dell'ufficio. La sua targhetta diceva "Camerini Inservienti". Si accostò alla porta, e la spinse lievemente. Quando la aprì del tutto cadde all'indietro dallo spavento: quattro ragazzi adolescenti, quasi diciotto anni, erano stati uccisi e sembravano essere stati lanciati in quello sgabuzzino. Ognuno di loro era sfregiato in un modo diverso: nessuno di loro aveva la stessa espressione. Il primo ragazzo che notò fu quello seduto sulla sedia in legno vicino al lato destro della stanza: aveva i capelli arancione-fulvi tagliati malamente sulla frangia ed ai lati, due ciuffetti ribelli uguali stavano ai lati della sua testa. Sulla sua testa, a destra, si vedeva la scatola cranica rotta, e si poteva notare in cervello in bella vista. La pelle della faccia sembrava, in alcuni punti, tagliata e ricucita alla bell'e meglio sotto il labbro e da esso fino all'occhio sinistro. Sulla guancia destra di vedeva un pezzo di muscolo facciale e due vene strappate mentre, vicino all'osso e al cervello, non c'erano capelli e la pelle era strappata. La sua espressione era arrabbiata, la mandibola era staccata dal resto della testa e ricucita con un filo rosso ai lati della bocca.A quel povero ragazzo si contavano benissimo le costole dentro al suo costume bianco e nero, decorato con il simbolo delle picche.
Spostò lo sguardo sulla ragazza distesa supina sulla panchina rossa: aveva dei capelli biondi raccolti in una coda alta laterale, con qualche ciuffo attorno al viso. Anche lei aveva la faccia sfregiata, ed il cervello stava quasi per uscire dalla testa dal lato sinistro. La sua bocca era stata trattata come quella del ragazzo, ma ricucita con filo nero e l'espressione era felice, anche se aveva dei denti aguzzi e taglienti. Sovrannaturali.. . Era vestita di un costume bianco e rosso, adornato con il simbolo dei quadri. Il suo sguardo vagò per la stanza fino a posarsi sul viso di un'altra ragazza, seduta a terra e con le braccia incastrate nella panchina. Lei aveva subìto la stessa sorte della ragazza, e le assomigliava molto. La sua espressione era accoglierà ed i suoi capelli lisci le arrivavano alle spalle, ed erano di un castano nocciola un po' opaco. Iniziava a provare affetto e dispiacere nei loro confronti...infine, vide l'ultimo ragazzo. Probabilmente il più grande di tutti e quattro. Era disteso a terra, immobile, vittima della sorte degli altri tre. La sua espressione era felice, era simile all'altro ragazzo in quanto a sfregiato, cambiava solo che la sua cucitura era a destra della faccia, i suoi capelli erano biondi e molto chiari. Gli si vedevano, inoltre, i muscoli del naso e della guancia sinistra. Il suo costume era bianco e nero, ricamato con il simbolo dei fiori. Una lacrima di tristezza gli rigò il viso.
-Li hai già conosciuti? Di solito non fanno amicizia così presto...-,
Una voce ruppe il silenzio: fredda, macabra e raggelante.
Si voltò di scatto. Il ragazzo dell'autobus!
Ma che ci faceva in un posto del genere?! -Chi sei tu? Come fai a conoscere questo posto? E chi sono quei ragazzi?-,
Esplose di domande che gli fece a raffica.
-Se proprio ci tieni a saperlo...io qui ci abito-,
Rivelò il ragazzo, con la solita espressione sprezzante.
-E...quei ragazzi...sono le mie marionette...-.
-Cosa?! Come fanno delle persone umane ad essere bambole?!-,
Inveì.
-Semplice, guarda-,
Detto ciò, lo superò nella stanza ed alzò la mano.
-Scegli uno di questi quattro-,
Gli ordinò inespressivo.
-Uhm...quello lì..-,
Rispose incerto, indicando il ragazzo fulvo.
-Ah, quindi scegli Spades? Ok, stai a vedere-,
In quel momento gli si illuminò la mano di una forte luce azzurra, anche se la sua faccia non si vedeva, e sollevò Spades.
Appoggiò la mano risplendente sul palmo dell'altra e, utilizzando indice e medio, fece camminare Spades verso di loro. La stessa azione che fanno le dita ma svolta da una persona reale. Poi il ragazzo diede un pugno al palmo della mano. Spades cadde.
-Visto?-
Non rispose. Era ancora sbalordito.
-Ma perchè li maltratti così? Cosa ti hanno fatto?!-,
Afferrò il ragazzo per il colletto.
-Lo vuoi proprio sapere?-,
Chiese, sorridendo.
-Certo!-,
Aumentò la stretta.
-Bene, lo faccio...perchè è divertente!-,
A quelle parole, dal ragazzo uscì un'aura talmente forte da sbattere l'altro a terra. Adesso era il ragazzo a sollevarlo.
-Ricordati di me...io sono...The Fool!!!-,
Gli urlò con un sorriso malato e mostrando gli la faccia truccata di bianco e diversa tra destra e sinistra.
-Benvenuto nel mio giro di anime, Alexander!-,
Esclamò, facendo alzare con la mano libera i quattro ragazzi da terra.
Schioccò le dita. I loro occhi si aprirono: bulbo nero, pupilla ed iride bianchi.
Fece strusciare il palmo della mano sulla propria guancia e, scuotendola un po', si trovarono in una specie di mondo parallelo.
-La tua fine inizia...-,
Gli sussurrò The Fool all'orecchio.
Pian piano vide gli aghi, seguiti da fili neri e rossi, scavare li la pelle della faccia, per collegare mandibola e mascella. La mandibola si staccò automaticamente. Era un dolore lancinante e troppo grande da sopportare! Vide gli aghi che, adesso, gli cucivano la faccia dai tagli che un coltello gli aveva procurato. I suoi vestiti divennero identici a quelli di Spades, ma la differenza era il colore giallo scuro invece che nero, e la lettera "J" in gotico che di ritrovò addosso. Si sentì quasi per morire. The Fool gli aveva fatto un buco nella testa: ora gli si vedeva il cervello. Vi incise sopra il proprio nome, mentre il liquido cerebrale imbrattava di grifio i due.
-Da oggi sarai Jack, ovvero il Jolly...Benvenuto tra le carte Jack!-,
E, con quest'ultima frase, chiuse gli occhi, nella speranza di morire...
[2572 parole in tutto, compreso l'altro capitolo]
Note di un futuro serial killer
Ciao ragazzi, qui è knightofgalaxies17 e questa era la storia horror richiesta dal concorso di TheFelix, spero ti sia piaciuta, anzi...che ti abbia spaventato( cosa che dubito, dato che non so scrivere horror e a me non fa paura...).
Scritto questo vi saluto, e alla prossima storia!(per info sui personaggi chiedete pure, comunque c'è scritto "Trio" per il semplice fatto che, in alcuni giochi di carte, fiori e picche valgano come il "Fool", ovvero il Jolly di questi giochi. Diversamente da questo tipo, il Jolly che Alexander diventerà è quello normale...)
knightofgalaxies17
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