CAPITOLO 8
La luce accecante del primo pomeriggio illumina la stanza dalle pareti ammuffite, e disegna le ombre dei vecchi mobili che la arredano. Jeff scruta la ferita sul fianco di Toy, ormai richiusa, poi lo accarezza sulla testa. Non avrebbe mai pensato che quel cane sarebbe diventato così importante per lui. Ciò che lo stupisce è che sembra capirlo, cosa che nessuno al mondo era mai riuscito a fare. La sua mente viaggia indietro nel tempo, mentre fa scorrere le dita sul pelo vecchio ed ispido del cane, e si ferma su un preciso ricordo.
Era la sua festa di compleanno, il quattordicesimo, per la precisione. La mamma aveva preparato una torta enorme, fatta con le sue stesse mani, e la stava orgogliosamente portando al tavolo ove era seduto il festeggiato assieme al papà e Liu. La festa era stata organizzata in famiglia, come ogni volta, dato che Jeff non era mai riuscito a farsi nessun amico. Chissà perché, poi; era un ragazzino così dolce...
La mamma tagliava la torta e serviva le fette. Era buonissima. Era sempre stata molto brava a cucinare, specialmente i dolci.
Liu aveva messo in bocca il primo boccone, e Jeff si era arrabbiato e gli aveva tirato i capelli. -Sono io il festeggiato- aveva detto.
A pensarci adesso, un sorriso lieve e timido si allarga sulla sua bocca. Continua ad accarezzare Toy, che scodinziola soddisfatto, mentre si lascia avvolgere da quel piacevole ricordo.
-Ormai sei grande, eh?- aveva detto papà, con i gomiti poggiati sulla tovaglia. Aveva uno strano carattere, papà; e sia Jeff che Liu tendevano a starvi alla larga. Mamma non lo sapeva, ma molte volte li aveva picchiati, dicendo poi: -Non ditelo a nessuno, o la prossima volta sarà peggio-.
La mente di Jeff era già instabile allora. Si tagliava, all'insaputa di tutti, chiudendosi a chiave nel bagno. Era l'unico modo che aveva di placare la sua deviazione mentale verso il desiderio di fare del male; Ma ci fu una cosa, che accadde proprio quella sera, che lo cambiò per sempre.
Quando la torta fu finita, papà disse a Jeff: -Jeffrey, vieni in camera, devo darti una cosa-.
-Un regalo?- chiese Liu entusiata.
-Non è il tuo compleanno- rise l'uomo mentre, prendendo per mano il figlio moro, lo conduceva al piano superiore.
Chiuse la porta e lo spinse sul letto, dicendo: -Sei abbastanza grande anche per questo, ormai. Non è vero, Jeff?-.
Il ragazzino tentò di divincolarsi, ma il padre aggiunse: -Se urli, o tenti di scappare, sarà molto molto peggio-.
Fece male. Molto male. E mentre quel mostro lo violentava, la mente già deviata di Jeff si rompeva in tanti piccoli pezzi, come un vetro che cade sul pavimento. Fu da quel momento che Jeff divenne ciò che è. Un mostro, un assassino.
Incapace di ragionare, uccise tutta la famiglia. Anche l'amata madre, ed il suo innocente fratello. Non aveva più il controllo di sé, dei suoi pensieri, della sua volontà.
La disperazione si fa strada in lui anche adesso, mentre ricorda tutto quell'orrore. Il sangue, il coltello che si conficca nella gola di sua madre.
Jeff ferma la mano con cui stava accarezzando il cane e la porta al volto, singhiozzando. Sà di essere malato, sà di essere caduto in un tunnel di follia e crudeltà. E sà di non avere scampo.
Toy solleva la testa e gli salta in braccio, in tutta la sua invadenza. È un cane piuttosto grande, ed ora Jeff per reggerlo sulle gambe è costretto ad aprire le braccia e tirarsi indietro con la schiena.
-Che fai, Toy?!- ride asciugandosi le lacrime. Il cane gli lecca la guancia, e stavolta il ragazzo lo lascia fare. È meravigliosa, la sua presenza. A quel cane non importa nulla di ciò che è e di ciò che ha fatto. Il suo bene è puro e incondizionato.
-Suppongo tu abbia fame, eh? Stanotte ti porto qualcosa- dice ancora il ragazzo stringendo la bestia a sé.
Liu e la mamma mancano molto, e la loro assenza non ha mai smesso di bruciare nel petto.
"Io non volevo uccidere nessuno".
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