CAPITOLO 7

-Basta, non ce la faccio più!- gridò Enrico a pugni stretti -Cosa c'è dentro a quel sacco? Perché non me lo dici!-.
Obba accarezzò la propria lunga barba con aria estremamente divertita. -Quando sarà il momento lo saprai, poppante. E fino ad allora non dovrai far altro che aspettare...-.
-Io...- balbettò il bambino abbassando lo sguardo. Trattenne un grido disperato che sembrava far di tutto per uscire dalla sua bocca, e soffocando la voglia di tentare una fuga disse: -Io voglio... Andare via da quì. Puoi... Puoi lasciarmi andare?-.
-Credimi, lo farei- rispose il finto Babbo Natale -Ma non posso-.
-Perché non puoi?- chiese ancora il bambino, conscio del fatto che quel mostro stava di certo mentendo.
-Perché serve altro tempo, affinché lui cresca-. Dicendo questo, Obba indicò il sacco. Il lieve rigonfiamento che era percepibile al centro si mosse in modo quasi impercettibile, per poi tornare fermo. A giudicare dalla sua dimensione sarebbe potuto essere un gatto, un coniglio o magari una gallina, ma Enrico aveva il presentimento che non fosse nessuna di queste cose.
Il bambino circondò le ginocchia con le mani e vi poggiò sopra la testa, arreso dalla consapevolezza di essere nelle mani di quel mostro. Probabilmente lo avrebbe ucciso presto, e di questo doveva pur farsene una ragione.
-Perché hai ucciso Babbo Natale?- chiese con un filo di voce.
-E tu? Perché me lo chiedi?- disse Obba piegando la testa di lato.
Enrico tirò sù col naso e chiuse gli occhi per qualche secondo. -Lui era buono... Portava i regali a tutti i bambini e... Doveva esaudire il mio desiderio...-.
Il mostro si sporse lievemente in avanti, verso di lui. -E dimmi un pò... Qual'era il tuo desiderio?-.
Quella domanda liberò nuovamente nella mente di Enrico tutte le orribili immagini che si era obbligato a cancellare: il sangue, i corpi di mamma e papà distesi sul pavimento...
Tornò a piangere ancor prima di rendersene conto,e cercò di nascondere le lacrime coprendo la faccia con le mani. -Volevo che... Mamma e papà non litigassero mai più...-.
-Oh, capisco!- ghignò Obba -Beh, quel desiderio l'ho esaudito io- disse alzandosi in piedi. Fece un ampio sorriso, mettendo in mostra i denti gialli ed asimmetrici. -Adesso che sono morti, non litigheranno mai più!-.
La sofferenza e la disperazione attanagliarono la mente del bambino investendolo come un treno in piena corsa; adesso era solo al mondo. Mamma e papà erano morti, lasciandolo in preda ad un mostro orribile e folle.
Perché il mondo è così ingiusto?,si chiese. Una risposta non l'aveva; ed anche se l'avesse avuta, che importanza aveva ormai?
Nulla avrebbe più potuto salvarlo dalle grinfie di quel mostro immane.
Enrico neanche si accorse di essersi lasciato cadere a terra, e di aver battuto la testa contro al pavimento. Non aveva più la forza né la voglia di affrontare quella situazione; avrebbe voluto semplicemente morire e raggiungere i suoi genitori, ovunque essi si trovassero.
-Oh, potevi dirmelo che sei stanco!- esclamò Obba. Non appena finì di pronunciare quella frase, avanzò a passo veloce verso il bambino.
Un forte colpo dietro alla nuca, come alcune ore prima.
Enrico cadde nuovamente in un sonno profondo.
-Dormi bene, bel bambino- ridacchiò il mostro -Al tuo risveglio, il processo sarà quasi terminato-.
Erano le otto del mattino del venticinque Dicembre; la luce del mattino entrava dai finestroni ed illuminava la stanza. Obba era tornato a sedersi al suo posto, e la sua pelle, adesso esposta alla luce, era visibile in tutto il suo orrore. Si potevano notare le cuciture applicate sotto alle mandibole e lungo il contorno della fronte, nonché le chiazze verdastre che si stavano formando qua e là a causa del processo di decomposizione.
L'aria all'interno della stanza era irrespirabile, a causa del puzzo insopportabile che il mostro emanava; tuttavia, Enrico non poteva sentirlo. Disteso a terra a pochi centimetri dal muro, restò svenuto per molte ore.
Quando i suoi occhi si dischiusero nuovamente, era già mezzogiorno.
-Ben svegliato- disse Obbab, notificando il movimento da parte del bambino. -Non vedevo l'ora che ti svegliassi! Il processo di crescita è quasi terminato!-.
Enrico puntò i palmi della mani a terra e si issò con una certa fatica; i muscoli del suo corpo erano tutti intorpiditi, e percepiva un freddo insopportabile. Il camino si era probabilmente spento ormai da ore, e la casa era diventata fredda.
Si sistemò nuovamente seduto con la schiena poggiata contro al muro, e volse lo sguardo ad Obba; tuttavia, ciò che vide, lo terrorizzò a morte. Sbatté le palpebre più e più volte, mentre osservava il sacco.
Era pieno. Così pieno che era interamente sollevato, e la tela era in tira. E non solo: qualunque cosa vi fosse all'interno, si stava agitando. Il sacco si muoveva in continuazione, rotolando su sé stesso per poi tornare fermo per pochi secondi. Erano distinguibili alcuni rigonfiamenti che sembravano spingere sulla tela con maggiore forza; probabilmente si trattava di arti.
Obba mise in mostra un ghigno malefico. -Tra pochissimo sarà pronto ad uscire...-.
-Chi?! Cosa è?- esclamò il bambino con voce tremante. Ma forse dentro di sé non voleva neppure saperlo; era così terrorizzato che avrebbe preferito essere ucciso in quel momento, anziché ottenere la risposta a quella domanda.
-Sai, Enrico...- disse Obba accarezzando la pelle rancida del proprio volto -C'è una cosa che non ti ho mai detto... Noi due... In un certo senso siamo simili-.
-Si..Simili?- balbettò il bambino, che ancora teneva gli occhi fissi sul sacco.
-Esatto, simili. Abbiamo una cosa in comune, che ci rende simili-.
-E... Cosa è questa cosa?- chiese ancora Enrico. Il sacco emise un lieve rantolo e si agitò con maggiore forza, dondolandosi orribilmente a destra e sinistra senza sosta.
-Lo scoprirai molto presto, non preoccuparti-.
Il mostro si alzò in piedi e si avvicinò al sacco, osservandolo come un padre guarderebbe un figlio. Vi posò una mano sopra e compì un movimento delicato che sembrava una specie di carezza; così facendo, i movimenti isterici del sacco si placarono. -Manca solo quale minuto- annunciò.
Il bambino avvolse le braccia attorno al petto, ed un forte brivido scosse il suo corpo. Non era mai stato tanto spaventato in vita sua. La sua mente iniziò a vagare nei ricordi cercando un appiglio a cui ancorarsi per non cadere nel baratro della follia; vagò nel nulla fino a posarsi sul viso di sua madre. I tratti morbidi e delicati, le labbra fini, quel sorriso caldo che era sempre stato in grado di rassicurarlo, anche nei momenti più tristi e bui. Cosa avrebbe dato per riavere sua madre, adesso. Il suo caldo abbraccio lo avrebbe di certo strappato da tutto quell'orrore.
-Ci siamo!-. L'esclamazione entusiasta di Obba strappò via il bambino dai suoi pensieri; alzò la testa di scatto, e vide che il mostro ancora in piedi davanti al sacco; vi aveva poggiato i palmi sopra, e sembrava toccare la tela per verificare la forma del suo contenuto.
-È pronto- esordì -Finalmente posso farlo uscire-.
Enrico spinse a terra con i piedi premendo con forza la propria schiena contro al muro. -Non voglio... Non tirarlo fuori...- farfugliò. Non aveva idea di cosa vi fosse all'interno di quel sacco, ma riguardo ad una cosa non aveva alcun dubbio: non voleva scoprirlo.
-Suvvia, poppante- ridacchiò il mostro -Abbiamo atteso questo momento fino ad ora!-. Dalla sua bocca uscì una risata crudele e pietrificante, mentre si chinava lievemente per afferrare un'estremità del sacco; lo afferrò saldamente con entrambe le mani e lo aprì, allentando la corda che lo teneva chiuso.
Enrico chiuse gli occhi; non voleva vedere. Sapeva che stava per accadere una cosa orribile e non voleva assistere. Fu forse per un naturale istinto di sopravvivenza, tuttavia, che riaprì gli occhi poco dopo. E ciò che vide, superava di gran lunga l'idea peggiore che si era fatto.
Dal buco del sacco, con movimenti lenti e tremanti, fuoriuscì una mano. Era una mano gracile, molto molto magra ed anche lievemente storta, ricoperta da una pelle pallidissima e sporca di quello che pareva essere sangue secco.
Il bambino emise un lamento, terrorizzato e dubbioso sul da farsi. L'essere che stava uscendo l'avrebbe aggredito?
-Osserva bene, Enrico- richiamò la sua attenzione Obba, che guardava con orgoglio e sadico divertimento la fuoriuscita dell'essere dal suo sacco. Quel braccio, seppur strano, sembrava essere umano; di fatti, quando anche la testa fu uscita, tale supposizione fu confermata.
Uscì un essere dalla forma umanoide, completamente nudo e sporco di sangue. La sua altezza era pressoché identica a quella di Enrico, ma il suo corpo era spaventosamente gracile. Ogni osso del suo corpo era perfettamente riconoscibile sotto al sottile strato di pelle bianca che li rivestiva, ed i suoi movimenti erano lenti e traballanti. Il suo volto scarno, privo di capelli, si muoveva continuamente a destra e sinistra, ed i suoi occhi erano chiusi, ben nascosti dietro ad un paio di palpebre strette tanto da creare rughe sulle guance.
L'essere avanzava a gattoni in direzione di Enrico, emettendo lievi lamenti soffocati. Sembrava un bambino; un bambino malato, deforme, a malapena umano.
-Che... Che cosa...- balbettò Enrico, terrorizzato. Non capiva, e più quella cosa si avvicinava più il terrore dentro di sé saliva. Il suo corpo tremava come una figlia al vento, la sua gola era secca e la sua mente così paralizzata dal terrore da impedirgli di pensare lucidamente. Fu allora che il mostro uscito dal sacco parlò, mettendo in luce la sua fievole ed inquietante voce. Girò la testa in sua direzione, come se sapesse dove lui si trovava nonostante avesse gli occhi chiusi, e disse:
-Perché.. Mi hai... Fatto questo?-.

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