CAPITOLO 6

Il sacco, posato a terra, compì un movimento rapido ed improvviso tornando poi immobile subito dopo. Enrico deglutì e strinse le mandibole, riducendo le sue labbra ad una stretta fessura tremante; osservò l'oggetto con occhi carichi di terrore, attendendo che si muovesse ancora. Tuttavia, il sacco era tornato ad essere immobile; inoltre, dal modo in cui era adagiato a terra, era evidente che fosse completamente vuoto: non poteva esserci nulla, lì dentro.
-Qualcosa non va, poppante?- ghignò Obba, che sembrava estremamente divertito nel notare il terrore negli occhi del bambino.
-Cosa... Cosa c'è dentro al sacco?- balbettò lui sollevando una mano tremante per indicarlo.
Il finto Babbo Natale sorrise compiaciuto -Nulla. È un sacco vuoto, per il momento...- rispose. A dimostrazione di quanto aveva appena detto, afferrò l'oggetto e lo aprì, mostrandone l'interno al bambino. Enrico lo guardò com gli occhi socchiusi, timoroso che qualcosa sarebbe saltato fuori dal sacco per aggredirlo; tuttavia, ciò che vide, era effettivamente un sacco vuoto. Non conteneva assolutamente nulla.
-Ma... Poco fa...- balbettò ancora il bambino -Si era mosso...-.
-Tu dici?- ridacchiò Obba -Dovresti essere abbastanza grande per sapere che gli oggetti sono inanimati, e quindi non si muovono da soli-. Lo sguardo del mostro lasciava trasalire un sadismo ed una cattiveria indicibili. Ripose nuovamente il sacco vuoto a terra accanto a sé, e disse volgendo la testa in direzione di Enrico: -Servono diverse ore per completare il processo, quindi ti consiglio di dormire, poppante-.
Il bambino sbatté più volte le palpebre. -Quale processo?!-.
-Lo scoprirai- rispose lui -Ma, ti ripeto, sarà necessario attendere diverse ore-.
Enrico strinse i pugni; doveva scappare via da quella cantina, e doveva farlo il prima possibile. Ancora una volta, però, fu assalito dai dubbi: avrebbe fatto in tempo a scattare in piedi e fuggire via, considerata la velocità del mostro? Che sarebbe accaduto se non fosse riuscito a scappare e lui l'avesse preso? L'avrebbe ucciso? L'avrebbe infilato nel sacco?
La paura lo bloccò ancora una volta, costringendolo a restare immobile, seduto a terra davanti a quel mostro immane. Era come un piccolo topo nella tana del gatto; una fragile vittima che non poteva far altro che sperare in un miracolo che non sarebbe mai arrivato.
-Ripeto: ti consiglio di fare un pisolino- disse ancora Obba -Ti annoierai ad attendere seduto lì per tutte le ore necessarie-.
-Non ho sonno- disse il bambino, con voce tremante. Come avrebbe mai potuto mettersi a dormire in una situazione simile?!
-Forse non ci siamo capiti- ghignò il mostro -Tu adesso devi dormire-. Non appena finì di pronunciare la frase, scattò in piedi con una velocità che non poteva appartenere a quella di un essere umano; si lanciò su Enrico emettendo un grido raccapricciante, ed aprì i palmi delle mani rendendo visibili gli artigli di cui era dotato. Tuttavia, non li usò: il bambino avvertì un fortissimo colpo dietro alla nuca, e svenne all'istante. Cadde a terra, privo di sensi, sbattendo la testa contro al pavimento freddo.

Dormi, dormi, dolce bambino,
E risvegliati al mattino.

Il mostro iniziò a cantare, tornando a sedersi al proprio posto accanto al sacco vuoto.

Il tuo segreto pian piano raccolgo,
Ogni piccola parte ne colgo;
Sai, caro Enrico, dove lo metto?
Nel camino? Sotto al letto?
No, no, mio caro bambino,
Lo metto nel sacco, dove resta supino.

Enrico riuscì ad udire una parte di quella orribile cantilena, prima di svenire del tutto. Cadde in un sonno profondo, che lo tenne incatenato per più tempo di quanto immaginasse.
Disteso a terra con la testa poggiata sulle mattonelle del pavimento, il bambino se ne stava immobile; respirava piano, in modo quasi impercettibile, ed Obba lo osservava senza dire una parola.
Nel silenzio triste e spaventoso di quella cantina, la mente addormentata del piccolo Enrico viaggiava nei ricordi, forse nel disperato tentativo di trovare un pò di gioia, un pò di felicità; forse, cercava la forza di affrontare quell'orribile presente.
Il ricordo che apparve, vivido come se fosse reale, fu quello della sera della vigilia di due anni prima...

...
-Verrà anche la nonna?- chiese Enrico entusiasta, seguendo la mamma fino in cucina. Da ore ormai faceva avanti e indietro per recuperare gli ingredienti che teneva in cantina; il menù che aveva pensato per quella sera era davvero ricchissimo, ed il tavolo era pieno di fogli strappati in cui aveva trascritto ricette viste in tv, pacchi di zucchero e farina, scatole vuote, gusci d'uovo.
La mamma era sempre stata un'ottima cuoca; amava cucinare, e lo si poteva notare dalla bontà di ogni piatto che cucinava, nonché dalla precisione con cui decorava le porzioni. L'unico suo problema era la sprecisione; ogni volta che si rintanava in cucina a preparare pranzi e cene per le feste, tutta la stanza si riempiva di scatole vuote, attrezzi posati ovunque, schizzi di pomodoro e quant'altro. Ogni volta, al termine della preparazione, impiegava più di due ore a rimettere tutto in ordine.
Quell'anno in particolare la cucina sembrava una caotica discarica, ma profumava di mille cose buone; la mamma aveva preparato davvero di tutto, organizzando un cenone della vigilia coi fiocchi. L'antipasto era il più abbondante che avesse mai fatto, con tortini, tramezzini, patatine ed ogni tipo di leccornie. Aveva poi cucinato due diversi tipi di primi piatti, due secondi, tra cui una deliziosa quaglia arrosto, ed infine ben tre dolci.
Aveva invitato tutti i parenti: zii, nonni, nipoti, e chi più ne ha più ne metta. La casa, che non era molto grande, era strapiena. Fu una vigilia di Natale davvero meravigliosa, forse la più bella che Enrico avesse mai trascorso. Ciò che ci fu di davvero eccezionale, per lui, fu il fatto che quella fu una delle rarissime sere in cui papà e mamma non litigarono. Fu forse per questo che quel ricordo continuava ad essere, tutt'ora, uno dei più belli che il bambino avesse conservato nella sua mente. Quello fu uno dei pochi giorni davvero felici che trascorse assieme alla sua cara famiglia, quella famiglia che tanto avrebbe voluto fosse più unita.
-Che buono, come si prepara questo?- aveva detto la nonna, indicando una crema di funghi che la mamma aveva abbinato ai crostini.
La cena era stata lunga e piacevole per tutti, e quando i parenti se ne tornarono alle loro case lasciarono tutti i loro regali sotto all'albero. Ognuno di loro aveva portato un dono al piccolo Enrico, ed uno per mamma e papà. Fu molto bello, il giorno seguente, aprirli tutti quanti. Enrico trovò nei pacchi molti giocattoli bellissimi che desiderava da tanto tempo; la mamma doveva aver aiutato i parenti nella scelta, era più che evidente.
Ricevette il camion che tanto desiderava, il T-Rex parlante che aveva visto in TV, e molte altre cose tra cui un gioco da tavolo che però Enrico non era mai riuscito ad usare; si trattava di una specie di scacchiera, in cui i due giocatori disponevano ognuno di una pedina; un mattone giallo ed uno rosso. Ma Enrico non aveva mai capito quali fossero le regole, dato che il manuale d'uso era molto poco chiaro.
Quella sera della vigilia tutti i parenti se ne andarono a mezzanotte e mezza, ma Enrico, che oramai non aveva più sonno, era rimasto sveglio a giocare in camera sua fino a tardi. Aveva molti nuovi giochi da provare, ed era a dir poco euforico.
Sorrise lievemente nel sonno, ricordando quegli attimi di pura gioia; li sentiva così vicini, così reali, così autentici. Fu una sensazione estremamente brutta, per lui, riaprire gli occhi e trovarsi di nuovo davanti quel mostro immondo.

-Ben svegliato- disse Obba. -Hai dormito per quattro ore e ventitré minuti-.
Il bambino sbatté ripetutamente le palpebre ed issò la schiena emettendo un lieve lamento. Non appena inspirò una boccata d'aria, percepì uno strano odore. Un odore forte, sgradevole, simile a quello della frutta marcia; anzi no, molto molto peggio.
Il bambino si tappò il naso con la mano e si voltò verso Obba, che lo guardava sorridendo malignamente. La sua pelle stava assumendo una colorazione diversa; soprattutto nelle parti in cui era stata apparentemente cucita, stava diventando verdastra.
-Che... Che cosa ti succede?..- balbettò.
Il mostro sorrise. -Non lo sai, che la materia organica si decompone?-.
Il bambino scosse la testa e strinse le mandibole; quella frase non aveva un gran significato per lui, ma utilizzando un pò di logica iniziava a capire. Quella pelle non sembrava cucita; ma era cucita. Quella non era la sua pelle, non era la sua barba, non era la sua faccia.
-A giudicare dalla tua espressione sembra che finalmente inizi a capire- ridacchiò il mostro -Sono felice di informarti che... Sì! Mi sono cucito addosso mio fratello-.
Il bambino sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene. Non poteva concepire una cosa così orribile. Quella... Quella era la pelle di Babbo Natale? E stava marcendo addosso a quel mostro deforme?
Rabbrividì e spinse la schiena contro al muro, terrorizzato. Ma il dettaglio peggiore lo notò soltanto allora: il sacco non era più vuoto. Era sollevato al centro, come se contenesse un oggetto grande quanto una palla da bowling.

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