CAPITOLO 3
Il cane guaisce rumorosamente, ma non tenta di scappare; si accascia a terra, emettendo lamenti, mentre girando il capo tenta di leccare il fianco ferito.
Jeff si ferma ad osservarlo, per un motivo imprecisato.
Quel cane...
La bestiola appoggia la testa a terra. La ferita è larga e profonda, ed il sangue che ne fuoriesce ha già inzuppato il suo pelo. La cassa toracica si muove ritmicamente, molto più velocemente del normale, ed il fiato che esce dalla sua bocca muove le foglie secche adagiate sul terreno davanti a lui.
Jeff deglutisce e rilassa i nervi, mentre recupera il controllo. Osserva il cane sofferente con un'espressione indecifrabile in viso, poi ripone il coltello nella tasca.
-Morirà entro mezz'ora- esclama voltandosi dall'altra parte. Nel più profondo della sua mente sa che avrebbe dovuto semplicemente colpirlo ancora per porre fine alla sua esistenza, ma non ci riesce. Sta provando pena per quella bestia, anche se a modo suo, e si rifiuta di ammetterlo.
Afferra il corpo della donna, ancora adagiato a terra lì accanto, e se lo carica in spalla, per poi inoltrarsi nella foresta: deve trovare un posto ove nasconderlo. Mentre cammina, leggermente sbilanciato dal peso del cadavere, il sangue che continua a fuoriuscire dal collo tagliato di quest'ultimo gli macchia la felpa ed il petto.
Non cammina molto, perché solo pochi minuti dopo scorge un alto burrone, sul fondo del quale vi è il letto di un fiume ormai secco.
Jeff butta giù il corpo, che rotola per diversi metri sporcandosi di terra e sbattendo gli arti molli contro ai tronchi prima di cadere nel vuoto; poi e torna con disinvoltura sui suoi passi.
C'è qualcosa, però, che lo disturba. Una sensazione di malessere indefinito.
Non quella che prova quando ha bisogno di uccidere, no...
È qualcosa di diverso, qualcosa che Jeff non ha mai provato prima.
Torna verso il proprio rifugio, e passa davanti alla bestia ferita ed agonizzante. Gli lancia un'occhiata, ma non si ferma.
Continua a camminare fingendo disinteresse ed entra nella sua abitazione. Chiude la vecchia porta mezza scardinata, e sale svogliatamente le scale. Sfila la felpa, scoprendo il petto magro e muscoloso, e la lancia a terra, per poi buttarsi nel letto.
Si convince che quella strana sensazione sparirà di certo con una bella dormita.
Ma non è così. Jeff si ritrova presto a fissare il soffitto, con la mente vuota, incapace di prendere sonno.
Cosa non va?
Perché si sente così... Strano?
Si sente in colpa per quel cane, forse?
No. Impossibile. Jeff non ricorda di aver mai provato pena per qualcuno, tantomeno per uno stupido animale.
"Però sta soffrendo" pensa tra sé e sé "Magari è il caso che gli dia il colpo di grazia".
Il killer si rialza con fare svogliato e recupera il coltello, prima di scendere le scale e tornare fuori.
Il cane è ancora disteso a terra, ma ha smesso di lamentarsi. Forse è già morto?
No. Jeff ne ha conferma quando gli si avvicina. Vede la sua cassa toracica muoversi.
Il ragazzo si china sulle ginocchia ed alza il coltello, puntandolo in direzione del cuore. La punta fine e fredda dell'arma si appoggia sulla pelle tremante della bestia, pronta a trapassarla.
In quel momento il povero cane piega leggermente la testa, e lo guarda. Punta i suoi occhi marroni in quelli di Jeff, con uno sguardo tutt'altro che arrabbiato o spaventato. Ha semplicemente accettato la sua morte, e non prova rancore nei confronti di Jeff.
È la prima volta che il ragazzo vede una cosa del genere, e ne rimane tanto scosso da ritirare leggermente il coltello.
Jeff è abituato a leggere odio e paura negli occhi delle sue vittime, ma quel cane sembra dire: -Va bene così. Se ti serve per stare meglio, fallo-.
Le sue braccia iniziano a tremare. Il manico del coltello diventa scivoloso a causa del sudore che gli bagna le mani.
Non può uccidere quel cane.
Non vuole.
Con un gesto del tutto inaspettato, il ragazzo posa il coltello ed afferra il cane con entrambe le braccia, per poi dirigersi verso la porta d'ingresso del suo rifugio.
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