CAPITOLO 13

Il tempo si ferma, mentre Jeff con gli occhi puntati a terra trattiene il fiato. Non può rendersi pienamente conto di ciò che è appena accaduto; quell'orrore non può essere reale. Eppure solleva lo sguardo, e Toy è là, agonizzante, con il pelo zuppo di sangue e le guance tagliate. Come è successo? Come ha potuto fare del male all'unico essere al mondo che lo abbia mai apprezzato, indipendentemente da quanto sbagliato fosse ciò che era?
Il panico prede possesso della sua mente, e la stritola come una morsa che non si ferma finché non ne è rimasto nulla.
Senza neanche rendersene conto inizia a piangere; le lacrime, calde ed umide, attraversano le sue guance chiare, deviando leggermente il loro percorso quando giungono sul solco del suo sorriso cicatrizzato. Inizia a singhiozzare, reggendosi la testa con le mani. Tutto attorno a lui diventa confuso, come se ogni cosa perdesse il suo senso e diventasse trasparente. La testa gli fa male, e presto perde l'orientamento. Cade a terra, trovandosi all'improvviso con la guancia destra poggiata sul pavimento, ed il suo pianto non cessa. Il dolore aumenta, ma non è fisico; lui lo conosce fin troppo bene, quel preciso tipo di dolore. Il senso di colpa, l'angoscia, la profonda delusione di sé stesso, la paura, il disagio.
Si rannicchia su sè stesso, in preda alla disperazione, mentre continua a piangere ininterrottamente. Non può farcela, non ha abbastanza forza per sopportare tutto questo.
Solleva la schiena quanto basta per riuscire ad afferrare nuovamente il coltello, che giace a terra vicino a lui; impugna il manico con le dita tremanti, e lo solleva da terra. Senza esitare neanche un secondo poggia la lama affilata sulla sua pelle. Sceglie il braccio destro, che è leggermente messo meglio rispetto a quello sinistro, carico di ferite vecchie e nuove sovrapposte. Cerca quei pochi centimetri di pelle ancora illesa, e la solca immediatamente.
La lama affonda, creando tagli profondi. Tagli che diventeranno cicatrici, e si uniranno come nuovi pezzi di quel puzzle di dolore che si porta sulle braccia.
Piange, e ride.
Singhiozza, mugula, ma poi sorride.
Il coltello si allontana dal braccio e si avvicina alle coscie: un tratto che non ha ancora mai percorso. La pelle in quel punto è liscia ed illesa, e la lama crea lunghi tagli. Scorre in profondità, molto più di quanto dovrebbe. Il sangue esce abbondante e si riversa sul pavimento marcio.
Jeff inspira una grande quantità d'aria, e finalmente si ferma.
Getta il coltello a terra, facendolo roteare un paio di volte su se stesso, e volta ancora la testa in direzione di Toy.
Si aspetta che nel frattempo sia scappato via, ed invece nota con enorme stupore che lui è ancora lì. Disteso a terra, con la testa poggiata sul pavimento, il cane annaspa e respira in modo irregolare. È pieno di sangue anche lui.
-T...Toy- balbetta Jeff alzandosi a stento in piedi. Si sorprende della difficoltà che trova nel reggersi in equilibrio sulle gambe. Probabilmente deve aver perso troppo sangue.
-Toy- ripete avvicinandosi alla povera bestia. Il cane rizza leggermente le orecchie quando il ragazzo si inginocchia affranto al suo fianco.
-Io non...-. Jeff tenta di dire qualcosa, ma non ce la fa; scoppia ancora a piangere. Istintivamente si china sulla bestiola agonizzante e lo abbraccia forte. Si aspetta che lui tenti di scappare, ma la reazione del cane lo sorprende: alza la testa, e lo guarda per una manciata di secondi. Nel suo sguardo non c'è odio o paura, ma solo comprensione. Ancora una volta, come il giorno in cui si incontrarono, Toy sembra dire "uccidimi, se questo ti farà stare un pò meglio".
Jeff lo stringe forte, e si abbandona totalmente a quel pianto straziante che non sembrava avere più fine. Fa scorrere le dita sulla testa dell'animale, e sente il suo pelo zuppo ed appiccicoso di quella sostanza rossa e ferrea che conosce tanto bene. Ma Toy non merita questo. Come ha potuto?
In preda al panico Jeff solleva la testa e si preme i palmi contro alle tempie, e lo vede:
Il cane sta scodinzolando.
Il ragazzo sfiora la sua nuca con le punte delle dita, singhiozzando. -Non volevo farti del male, lo giuro..- dice piegando il volto in un ghigno di profondo dolore -Ma sono schiavo di me stesso, non lo vedi? Devi smetterla di fidarti di me!-.

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