-Un quadro bianco-
(Quinta prova concorso Wattpad 2015)
Traccia assegnata: Parigi. 1490. Una nobil donna deve convolare a nozze con un altro nobile, ma contro la sua volontà. Lei infatti è innamorata del suo bello ma povero amico d'infanzia. Quindi decide di assassinare lo sposo e chiede la complicità di una sua amica.
BUONA LETTURA
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Italia.1506.
-Signore, questo quadro ha dell'incredibile! Io sono perso per questa donna! Ve lo chiedo per l'ennesima volta: vendetemelo!
Un uomo dagli occhi azzurri, si apprestò a togliere la tela dalla leggera struttura che la sosteneva. Strinse il quadro a sé indicando con quel gesto quanto tenesse a quel lavoro in cui ci aveva messo l'anima.
-Non è in vendita. Ve lo ribadisco: intendo tenere per me questo dipinto.
-Bene. Giacché vi opponete, mi vedo costretto a prenderlo con la forza!
Iniziò così una colluttazione tra i due.
-Ma cosa fate?! -urlò l'uomo tenendosi stretto il prodotto della sua mano. -Eppure voi siete un bravo pittore, un inventore di notevole valore...! Perché volete proprio questo quadro?!
-Perché sono certo che mi procurerebbe una grande fama!
-Volete far credere a tutti che l'abbiate dipinto voi?!
-Certo!
L'uomo con baffi e barba bianchi e ondulati, ebbe la meglio: strappò letteralmente dalle mani del pittore, quella tela a cui aveva lavorato per giorni. Gettò a terra l'uomo e fuggì via sulla sua carrozza appena fuori del grande portone intagliato.
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Francia. Anni prima. 1490.
-Contessina, la duchessa De Poison, vi attende nel salone.
-Grazie Frédéric. I miei genitori sono rincasati?
-No contessina. Torneranno questo pomeriggio.
-Bene. Ascoltate queste istruzioni che adesso vi darò mio fedele servitore. Non voglio che nessuno ci disturbi, chiaro?
-Nemmeno se dovesse venire a farvi visita il vostro fidanzato, il conte De la Roche?
-Soprattutto lui! Frédéric, mi raccomando: è importante.
-Contessina, sapete che farei qualsiasi cosa per voi!
-Bene. Accompagnatemi nel salone e poi andate pure a svolgere le vostre faccende.
La contessina Dubois, una ragazza nobile di nascita, discese la lunga scalinata di marmo che si contorceva ad "s" e si allargava man mano che si riversava elegantemente al piano inferiore. Teneva tra le mani il suo abito color porpora di velluto, alzandolo ai bordi per non inciampare nell'ingombrante gonnellone.
Viveva in quello che si poteva definire un castello e quell'anno in particolare il giardino, come tutta Parigi, sprigionava un profumo di fiori intenso e prolungato.
Lisa, così si chiamava la ragazza, non prestò attenzione a quelle sfumature che sicuramente rendevano tutto più romantico. Stava piuttosto orchestrando un complotto. Un terribile complotto.
-Contessina Lisa! Finalmente! Il conte e la contessa Dubois?
-Non vi preoccupate duchessa ...resteranno fuori ancora per molto e comunque c'è Frédéric. Per qualsiasi cosa, verrà ad avvisarci.
-E i preparativi per il matrimonio? Come procedono?
-Bene, per loro. Per me, meno.
-Immagino. State tranquilla, ho con me quello che mi avete chiesto, contessina. Presto sarete libera.
-Davvero? ...Siete riuscita, mia cara, a recuperare quel prezioso liquido?
-Certo.
-Voi siete un'impareggiabile risorsa per me, lo sapete?
-Credevo di essere vostra amica ormai.
-Esattamente. Quando dico "risorsa" intendo "amica". Ora fatemi vedere quello che mi avete portato.
La duchessa estrasse dal vestito verde smeraldo un piccolo aggeggio circolare.
-Tutto qui? Un anello?
-Non un semplice anello. Questa che sembra una pietra incastonata, nasconde una dose letale di veleno, basta versare il contenuto in un po' di champagne.
-Spero funzioni... e grazie duchessa Marceline... mi permetto di ricambiare il vostro regalo con uno di altrettanto valore. Lo troverete già nella vostra carrozza, ho incaricato Frédéric di riporlo lì.
-Immensamente grazie contessina Lisa.
La donna, tornò alla sua carrozza e il cocchiere con un colpo di frusta, fece partire i cavalli.
Lisa risalì le scale con un ghigno. Ora aveva ciò che le serviva per tornare a vivere.
Aprì il cassetto della sua scrivania e prese la carta la lettera. Quei bordi ricamati da un disegno in rilievo azzurro, le ricordarono gli occhi del suo Rodolfo. Erano passati molti anni, eppure l'immagine che aveva del suo viso era ancora ben impressa nella sua mente. I lineamenti calcati, quello sguardo fiero.
Il suo caro amico d'infanzia...
Viveva in Italia, dove Lisa era stata fino a 15 anni, ed era stato tremendo abbandonarlo, come rompere un prezioso vaso con intagli d'oro.
"Torniamo a Parigi" avevano deciso i suoi genitori ignorando il suo parere e così la povera ragazza, già certa che non le avrebbero mai permesso di sposare un povero falegname con la passione della pittura, si era rassegnata senza nemmeno lottare.
Si erano scritti ogni singolo giorno, raccontandosi e vivendo insieme le gioie e i dolori della vita, imprimendoli su fogli di carta da lettera.
Un giorno, la brutta notizia.
"Caro Rodolfo,
l'anima mia è turbata. Immensamente. Sono stata promessa in matrimonio. Lui è un conte, si chiama Gerôme De la Roche ed è un nobile, proprio come me.
Ricordate Rodolfo, la promessa fattami prima di partire.
Attenderò con pazienza che la manteniate.
So che non resterò delusa.
La Vostra Lisa."
Ora aveva tra le mani un altro foglio, questa volta immacolato e si apprestava a scrivere al suo Rodolfo quelle che erano le sue intenzioni.
Avrebbe aspettato ancora per poco, giusto il tempo che il suo amato mantenesse la promessa di andare a prenderla e portarla via di lì.
Se non l'avesse fatto, avrebbe comunque portato a termine il suo piano. Avrebbe tolto di mezzo il suo fidanzato e conte Gerôme. Ragazzo ambiguo, che lei disprezzava profondamente per la sua falsità.
Passarono tre mesi. Rodolfo non aveva più dato notizie di sé. Mancava solo un giorno e Lisa sarebbe convolata a nozze con Gerôme.
-Gerôme! Lasciatemi! Siete ubriaco!
-E allora?! Domani sarete mia... tanto vale...!
-No! ...Lasciatemi ora! Io non vi sposerò mai!
-E come pensate di sciogliere le nozze?! Ormai è troppo tardi! Sarete mia che lo vogliate o no!
-Non se voi morite... -disse la contessina. Il suo viso assunse un'espressione beffarda che mai il conte aveva visto.
Il terrore si stampò sul volto di lui.
All'istante cadde a terra, con occhi e bocca spalancati e convulsioni che percorsero tutto il corpo. Il bicchiere di champagne in pezzi accanto a lui.
La ragazza respirò affrettatamente. Sentì passi affrettati arrivare alla porta.
-Che è successo... Per il re e la regina! -esclamò la madre di Lisa. Il padre si chinò per constatare la morte del conte.
-Amo un altro. -confessò Lisa senza il minimo accenno di pentimento. -Amo Rodolfo.
La madre capì immediatamente.
-Rodolfo?! Ma chi? Quell'italiano? Quel poveraccio che non ha nemmeno di che mangiare per il giorno?! È che vita potrebbe dare ad una contessa?!
-Una vita in cui almeno ci sia amore! Il vero amore!
La contessina fuggì via lasciando i genitori ancora a chiedersi cosa fosse accaduto alla loro figlia.
-Duchessa Marceline! -esclamò Lisa arrivando dalla duchessa.
-Avete fatto vero? -disse la donna attendendola nella carrozza ben nascosta dietro alla fitta vegetazione. -Si vede dal vostro volto, Lisa. Non preoccupatevi. Andrà tutto bene. Dov'è Rodolfo?
-Nell'ultima lettera diceva che mi avrebbe aspettata ai confini. Portatemi là ve ne prego!
La carrozza partì spedita verso il luogo stabilito. Le ruote giravano in fretta come se potessero saltar via da un momento all'altro.
Lui era lì. Non ci credeva Lisa quando l'aveva visto, eppure era proprio Rodolfo in carne ed ossa.
-Mio amato! -urlò lei correndogli incontro. L'abbracciò e non ci fu dono più bello che quello d'essersi ritrovati.
Quel profumo, quei capelli morbidi che solo lui aveva, che inebriavano la ragazza fino a farla sentire male.
-Come state? -esultò Rodolfo. -Ditemi che state bene, mia cara!
-Ora che vi ho visto sì!
-Dobbiamo fuggire... ma prima ditemi... l'avete fatto? Avete ucciso un uomo?
Lisa per un attimo non fu più in grado di guardare quel ragazzo che adorava immensamente. Quando alzò gli occhi nella penombra, il suo viso illuminato dai raggi lunari assunse una strana espressione.
Rodolfo ne rimase turbato. Era quello il volto della ragazza che amava? Sì, lo era ma allora perché non lo riconosceva più?
-Che fate Lisa, mio amore? Vi prendete gioco di me...?
E quell'immagine rimase impressa negli occhi e nella mente, come pure nella mano del giovane pittore. Marchiata come da un ferro rovente, così che vedeva ovunque quel sorriso.
Un sorriso beffardo, ubriaco d'amore e di giustizia che restò scolpito nelle iridi del ragazzo, anche quando i due giovani furono trovati dagli inseguitori e separati.
Rodolfo fu rimandato in Italia. Pensava sempre a Lisa ma non ebbe più sue notizie e rammentava ancora lo sguardo mentre l'allontanavano da lui.
Di nuovo la beffa. Di nuovo un arcobaleno di espressioni racchiuso in un sorriso nemmeno accennato.
-Lisa... Lisa... che fate...? Vi prendete gioco di me? -disse dopo l'ultima pennellata. Erano passati anni e Rodolfo aveva finalmente trovato il coraggio di imprimere, un tocco dopo l'altro tutti i colori che avrebbero dato vita alla sua Lisa.
C'era riuscito. L'aveva immortalata sulla tela. Ora la sua amata sarebbe stata con lui per un tempo infinito. Lisa l'avrebbe ancora e per sempre guardato con gli occhi vispi, giocosi. E soprattutto con quel ghigno, quel sorriso impercettibile, quell'espressione emblematica che aveva in volto, quando aveva deciso di non sottostare al volere di chi aveva scelto per lei.
Ora quel quadro gli era stato rubato, eppure non era eccessivamente triste Rodolfo.
Quell'uomo che gliel'aveva strappato di mano, aveva mostrato un quasi eccessivo interesse già da tempo e così l'abile pittore si era deciso a dipingere altre tele della donna che amava. Tele scadenti, con colori deteriorabili che si sarebbero dissolti col passare del tempo.
L'originale era ancora lì, nella sua camera, nascosto in un armadio.
Oggi una delle copie del dipinto, si trova nel Museo del Louvre, in Francia, ed è una delle opere d'arte più nota in assoluto.
Rodolfo ha fatto seppellire l'originale con sé e quella che si può vedere a debita distanza circondata da un grosso cordone, al museo, è semplicemente una copia, che pare con il suo sorriso enigmatico, prendersi gioco dei visitatori che a migliaia vanno a vederla.
Avete capito di chi si tratta?
Certo, la Mona Lisa, conosciuta come la Gioconda e attribuita a Leonardo da Vinci che, secondo questa storia, sarebbe un bugiardo che si è preso la fama e l'onore che spettava ad un povero e semplice uomo che amava alla follia la sua Lisa.
Un giorno la gente si sveglierà e troverà esposto un quadro bianco. Si chiederanno che fine abbia fatto la Monnalisa, quella vera, e quella sarà la sua ultima beffa, fatta al mondo intero.
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