-L'attenuante 2-



Seconda parte

Quanti giorni erano passati? Da quanto tempo non andavo al lavoro? Un mese o più?

Zio Theodore scrutò il mio aspetto che dati i miei problemi passati era come sempre emaciato. Avevo perso qualche chilo, qualche altro in più. Dovevo sembrare uno scheletro.

La zia fissò la faccia imbronciata del marito mentre analizzava ogni possibile particolare che gli svelasse se fossi pronta a tornare al lavoro.

-Basta Theo! -esclamò rompendo il silenzio. -Sta bene! Smettila di sottoporla a questo assurdo scrutinio! -mi guardò spezzando il suo viso paffutello con un sorriso complice.

-Roxana! Tu non capisci! Miriam è stata male, troppo male! Se dovesse succederle qualcosa... io...!

-Le succederà qualcosa se continui a tenerla chiusa in casa! -ribatté lei venendomi vicino e stringendomi le spalle con un braccio e con tutta la dolcezza che solo lei era in grado di trasmettere. -Vero Miriam?

-Zio, ho passato un periodo difficile, e mi spiace molto di avervi fatto preoccupare. Ma ti assicuro che sto bene... e ora voglio solo una cosa: tornare al lavoro, sentirmi utile, uscire di casa...

A quelle parole parve convincersi. Ero ancora un po' confusa, molto triste... ma dovevo farmi forza e riprendere a vivere.

Quella sera, quando avevo confessato a Jess che non avrei potuto fare a meno di lui, ero uscita dal lavoro e ad aspettarmi fuori c'era Paul. L'espressione era cupa, pareva nervoso. Avvicinandomi a lui, aveva iniziato ad urlarmi contro. Non capivo cosa potesse essere successo... avevo notato poi il livido che aveva sullo zigomo. Tutto era diventato chiaro. Jess era uscito prima di me, si erano incontrati e avevano fatto a pugni. Non sapevo cosa si fossero detti. Probabilmente non avevano nemmeno parlato.

La mia storia con Paul sembrava essere finita lì. Lui mi aveva imposto assurde restrizioni. Non dovevo più lavorare al fast food di mio zio altrimenti sarei stata a stretto contatto con "quell'individuo", come l'aveva chiamato lui, non dovevo uscire di casa se non con lui e non dovevo più avere nessun contatto con Jess. Le condizioni che mi aveva imposto erano peggio di quelle che avrebbe potuto stabilire lo zio Theodore!

Il litigio era stato davvero brutto, cruento. Avevo visto sparire tutta la dolcezza di Paul in un attimo. Da allora non c'eravamo più visti anche perché mi ero lasciata sfuggire frasi poco confortanti per lui...

"Senti... sono molto confusa... non so più nemmeno io cosa voglio..."

"Aspetta ma... che stai dicendo?!"

"Non lo so... davvero Paul... mi dispiace."

"Ho capito! C'entra Jess...?!"

Pareva una domanda ma Paul aveva pienamente capito quale fosse la risposta dalla mia espressione.

"Se continuassi a stare con te ti prenderei solo in giro..." avevo fatto in tempo a dire poi lui sgommando mi aveva lasciata lì sola, al buio... con i miei rimbombanti pensieri.

Una macchina ferma un po' più in là aveva acceso i suoi fari, abbagliandomi. Mi si era poi avvicinata.

-Sali. -aveva detto quella voce ferma, fredda che poteva appartenere solo ad una persona.

Senza dire nulla ero entrata in macchina e lui aveva puntato i suoi occhi verdi su di me. La sua mano, per niente delicata aveva spostato i miei capelli per vedermi in viso.

"Stai bene?"

"Sì Jess..." avevo sussurrato.

Mi aveva aspettata. Aveva previsto che con Paul sarebbe andato tutto storto ed era rimasto a guardare la scena a distanza.

La strada tutta in salita che arrivava a casa dei miei zii, era la stessa che avevamo percorso quella sera dell'incidente.

Quella scena di me e lui in macchina, questa volta in silenzio, mi aveva rievocato quel trauma ancora vivido nella mia mente.

"Mi spiace..." aveva detto glaciale poco prima che scendessi dall'auto. "È tutta colpa mia. Da oggi ti starò lontano. Ti faccio solo del male." E solamente lì, sull'ultima frase i suoi occhi avevano avuto un accenno di dolore.

Volevo rispondergli, volevo dirgli che non era vero. Le mie parole erano rimaste soffocate però. Incollate alle labbra ben sigillate. E quella era stata l'ultima volta che avevo visto Jess.

-Ok tesoro mio... puoi tornare al lavoro... -mi diede finalmente il permesso lo zio. -Ma al primo accenno di malore io ti mando a casa! Chiaro?

Nessuno l'avrebbe mai contraddetto.

E così avrei rivisto Jess. Perché questo mi faceva tremare? Perché mi mandava in tilt? E lui come avrebbe reagito rivedendomi...

Entrai nello spogliatoio per mettermi la divisa con il logo del "Good Food", poi mi sedetti sulla panca. Ero ancora molto debole, stanca. La notte non avevo dormito pensando che se lo zio mi avesse dato il permesso di tornare al lavoro, avrei rivisto quel ragazzo-iceberg che, strano a dirsi, mi scaldava il cuore.

Socchiusi gli occhi poi li serrai completamente, pensando al mio aspetto. Desideravo essere carina, almeno presentabile. In quel momento non bramavo altro che vederlo ma provavo disagio al pensiero che lui vedesse me. Mi detestavo. Mi sentivo brutta. Troppo magra.

Sentii la sua voce di fianco. Lontana poi sempre più forte. Era strano, lo sentivo ma non riuscivo a vederlo.

-Miriam! -esclamò smuovendo il mio braccio. Solo allora aprii gli occhi e mi accorsi che ero supina!

-O mamma! Mi sono addormentata! -esclamai tentando di tirarmi su mentre la debolezza mi faceva brutti scherzi.

Jess mi diede una mano.

-Mi hai fatto prendere un colpo! -disse lui in tono di rimprovero. -Pensavo fossi svenuta... come quando ci siamo conosciuti!

-Sì... proprio qui... -sorrisi immergendomi nei ricordi. Pensai poi a come dovevo essere conciata. Mi ero addormenta sulla panca e sicuramente non ero proprio un bello spettacolo. Non avevo di certo immaginato così il nostro incontro!

-Qui. Dove ci siamo incontrati e scontrati tante volte. -aggiunse lui con una nota di rammarico.

-Ricordi? Insistevi sul fatto che avessi avuto un calo di zuccheri e volevi per forza che mangiassi quella caramella all'anice... -risi emozionata.

-Sì. E tu odiavi l'anice. Come poi hai imparato a odiare me... -si fece serio.

-Io non ti odio. -dissi decisa.

Silenzio assoluto. I suoi occhi nei miei.

Una strana smorfia di dolore sul suo viso simmetrico.

-Hai perso qualche chilo. -notò. Cosa che purtroppo risaltava subito agli occhi.

-Lo so.

-È colpa di Paul? O forse è meglio che dica: è colpa mia?...

-La colpa non è di nessuno... -dissi portandomi le mani al petto. -La colpa è sua. -indicai il mio cuore.

Lui si mise una mano nel ciuffo che nascondeva la sua cicatrice.

-Non voglio che tu soffra Miriam... io non sono come Paul.

-Lo so.

-...Io porto solo guai...

-So anche questo.

-Ascoltami. È meglio che tu stia lontana da me.

-Non ce la faccio...

Jess strinse le labbra. Non sapeva più cosa dire. Non aveva più parole e quindi indietreggiò. Usò tutte le forze che aveva per allontanarsi da me, era evidente.

-Non posso Miriam. Non posso farti soffrire ancora. Sei la persona a cui tengo di più. Mi odierei se per colpa mia tu dovessi stare male. -aprì la porta. -Mi spiace.

Jess andò via. Sembrava fuggire. Forse se non avesse fatto appello a tutte le sue forze non ce l'avrebbe fatta. Rimasi sola. Un'altra volta. Delusa.

Avevo perso Paul, per sempre.

E avevo perso Jess... ma ero decisa a non desistere.

Fine seconda parte
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(E adesso? Che succederà? Non chiedetelo a me perché avevo pensato di scriverlo in un modo e mi ritrovo tutta un'altra storia!
È sempre così... ecco perché non penso mai la trama e soprattutto il finale in anticipo perché poi la stravolgo completamente! Ma succede anche a voi?

--Non sono io a scrivere la storia ma è la storia che usa me per scriversi!--

Fatemi sapere come volete che si concluda... anche se... non vi assicuro nulla, ah ah! XD
Grazie per la pazienza *--*
Baci

Luna♡)

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