-Colpito (e affondato)-
Quarta prova Coppa Wattpad
La riporto qui perché è decisamente una "Storia al limite"!
Basata sulla canzone "THE CRIYNG GAME" di Nicki Minaij
Buona lettura ♡
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Ci si può innamorare in un giorno? In un solo giorno? Anzi, in una sola ora... anzi in un quarto d'ora?
Non lo credeva Tamara. Lei che pensava che l'amore non l'avrebbe trovato mai.
-Sono troppo crudele. Nessuno vuole accanto a sé una persona così. Quando avrò una certa età mi trasferirò in una casa in campagna. E lì vivrò per il resto dei miei giorni. Sola. Solo io e me.
La mamma rideva quando sentiva sua figlia ripetere questa frase, convinta che parlasse in quel modo perché ancora non sapeva cosa significasse trovare l'uomo dei suoi sogni ed innamorarsene.
-Non scherzo. Ho trentacinque anni e non ho mai amato nessuno. È tardi ormai.
-Per amare non è mai tardi, Tamara. Vedrai.
E lo vide. Lo incontrò mentre si infilava nell'ascensore del grattacielo in cui lavorava. Faceva l'impiegata da anni ma uno così non l'aveva mai visto da quelle parti.
Un ragazzo alto, con i capelli rasati e dalla pelle nera.
Lui l'aveva vista correre per entrare in ascensore e aveva tenuto le porte aperte perché non lo perdesse.
-Oh grazie! -l'aveva guardato Tamara riconoscente. -Grazie mille!
-E di che? -la voce gentile e dal timbro rauco le aveva procurato una sensazione insolita.
Le porte si erano chiuse. Lui aspettava che gli dicesse quale tasto doveva pigiare e lei incantata si era persa in quegli occhi scurissimi che attendevano una risposta.
-A che piano? -la risvegliò lui.
Al terzo. Doveva dire al terzo piano ma così ben presto avrebbe dovuto salutarlo.
-Dove vai tu. -le uscì senza pensarci.
-Anche tu al tredicesimo?
-S-sì...
E così era iniziata la salita. Confezionato in un abito beige che metteva in risalto il suo colorito scuro e il fisico palestrato, il tizio la scrutò anch'egli con fare dubbioso.
-Lavori anche tu al tredicesimo? Non ti ho mai vista...
-No... Infatti io sono al terzo ma... -le balenò una scusa. -Devo portare delle fotocopie a... a...
-A Martin? -le suggerì lui vedendo che annaspava alla ricerca un nome.
-Sì. A Martin! A lui!
-Come ti chiami?
-Tamara.
-Io sono George. -le tese la mano.
La ragazza sorrise, spostando indietro i suoi capelli biondi brillanti.
Guardò i cerchietti numerati che si illuminavano indicando a che piano si trovavano. Erano già al sesto. Doveva fare qualcosa, doveva lasciare un segno, un'impronta in quel ragazzo, qualsiasi cosa che la facesse ricordare, che gli desse modo di pensarla e soprattutto desiderare di rivederla.
...Ottavo...
...Nono...
...Decimo....
Pensò a quello che aveva nella borsa. Le venne un'idea.
Fu un attimo, una mossa fulminea, inaspettata. Il povero George saltò in aria, battendo contro lo specchio dietro di sé e poi irrigidito che pareva un pezzo di marmo, scivolò a terra invaso da scossoni che gli smuovevano tutti i nervi.
Tamara bloccò l'ascensore che era ormai arrivato al dodicesimo, lasciò cadere il taser a terra e si inginocchiò accanto al malcapitato.
-Scusami...! O mio Dio...! Che ho fatto!? Ti ho dato la scossa! -disse in preda al panico.
George la guardò con gli occhi sbarrati, ancora nella stretta delle convulsioni che lo lasciavano a terra tramortito.
-Perdonami. Ho dovuto! Era l'unico modo per stare ancora un po' con te! Cioè... lo so che non è l'unico modo... voglio dire... è l'unica cosa che mi è venuta in mente di fare per trattenerti... Sei arrabbiato con me?
Lui non riuscì a rispondere ma i suoi occhi parlavano chiaro. Se avesse avuto la possibilità di alzare le braccia, l'avrebbe strozzata!
-Ok. Mi spiace. Il fatto è che sono una tipa strana... Ho sempre la mano un po' pesante quando agisco... ma non sono cattiva... Certo, è vero, da bambina mi chiamavano "Uragano Tam" e alle medie "L'assassina"...ma erano solo delle esagerazioni! Sono sempre stata buona anche se non so perché ma nessuno voleva mai giocare con me e nessuno mi ha mai chiesto di uscire. Forse è per questo che non mi sono mai innamorata ed ero certa che non sarebbe mai accaduto! Lo dico sempre a mia madre: "L'amore non esiste". Ti chiederai allora perché ho fatto questo! Perché ho capito che mi sbagliavo... Poco prima, nella Hall quanto ti ho visto ho sentito qualcosa dentro di me che andava in escandescenza. Saremmo arrivati presto al tredicesimo piano e non ti avrei rivisto. No, mai più.
Tamara tentò di tirarlo su a sedere e con fatica l'aiutò. Si sedette accanto a lui aspettando che si riprendesse.
-Fa male? Sai porto questo aggeggio da quando hanno cercato di aggredirmi. È per legittima difesa!
Lui mosse gli occhi e fece un sorriso sarcastico.
-Capisco cosa vuoi dire con quella espressione. Ma sai una cosa? Mi sono solo difesa. Sì, ho difeso i miei sentimenti, no? Cosa credi? Anch'io sto soffrendo nel vederti così! Senti, ti offro una cena, così puoi conoscermi meglio e capire che non sono pazza, non del tutto. Mica sei razzista, vero? Cioè, che io sia bianca e tu nero, non ti crea problemi? No, perché io sono per l'uguaglianza tra tutte le razze. Vedi? Non sono proprio male come persona. Inoltre faccio beneficenza, a volte anche volontariato... Che mi dici di te?
George aprì le narici sprezzante. Ma quella ragazza non capiva proprio che non aveva la facoltà né di muoversi e né di parlare?
-Ah sì, ho capito. Mi sa che lo scossone è stato un po' troppo forte eh? -sorrise pensando alla battuta che stava per fare. -Dopotutto desideravo che fossi folgorato da me... L'hai capita? -rise di gusto lei.
Lui per contro, ridusse gli occhi a due fessure chiedendosi che male avesse fatto e a chi, per trovarsi in quella situazione.
Tamara prese la borsa e lui sbarrò gli occhi e iniziò a tremare pensando a cos'altro potesse uscire da quell'accessorio infernale!
-Vuoi una caramella? -chiese lei innocentemente come se in tutto quello che era successo non c'entrasse nulla.
Con un movimento delle palpebre, acconsentì; un po' di zucchero gli avrebbe forse rimesso il buonumore e una volta ripresosi l'avrebbe denunciata!
Con un gesto, Tamara gliela infilò in bocca, lanciando poi un piccolo gemito nel momento in cui si avvide di aver fatto un errore.
-Non masticarla! -urlò. Si sentì poi un crack, segno che era troppo tardi. -Sputala! Presto! -tentò di infilargli due dita in bocca. Lui spaventato inspirò e, anche a causa delle dita di Tamara che ne impedivano l'uscita, la caramella finì dritta in gola. L'uomo iniziò a tossire sentendosi soffocare. Oltre a ciò, la bocca e l'esofago gli andarono in fiamme.
-Sciocco! Dovevi sputarla, non ingoiarla! -esclamò lei. Si mise poi subito dietro di lui, spostandolo dallo specchio a cui era appoggiato e gli praticò la manovra di Heimlich per liberargli le vie ostruite.
Gli inferì un forte colpo nelle costole, sbagliando il punto. Si sentì qualcosa scricchiolare e un urlo soffocato da parte di George.
-Ops... scusa. Un po' più su allora... Ci riprovo!
Al quarto tentativo, dopo aver fratturato qualche costola, trovò il punto giusto e la caramella schizzò fuori schiantandosi contro lo specchio e rimbalzando, finendo poi nell'occhio destro di George e a terra.
Anche dopo aver scampato il soffocamento, George continuò a tossire con le lacrime che si riversavano sul suo viso scioccato e l'occhio che pulsava di dolore.
-Quella era una caramella al peperoncino! -parve rimproverarlo. -Dovevo fare uno scherzo a quello stupido di mio cugino che rompe sempre... Per sbaglio l'ho data a te... Non avresti dovuto ingoiarla. Sai che mal di stomaco ti sarebbe venuto...! Tieni questa. Questa è buona.
George ancora con un occhio chiuso, serrò le labbra ma lei con un colpo deciso gliela spinse dentro.
-Guarda... -disse indicando lo specchio mentre il poverino nuotava in un bagno di sudore. -Non siamo proprio una bella coppia? -continuò sognante. Lui fu preso all'istante da forti crampi all'addome, finendo di nuovo a terra su un fianco, piegato in due. Tamara attese pazientemente che finisse di dimenarsi.
-Ora rispondi alla mia domanda? Non vorrei che si accorgessero che l'ascensore è bloccato già da un po' e arrivasse la manutenzione a disturbarci mentre tentiamo di conoscerci! Allora? Siamo o non siamo una bella coppia?
Con tutte le forze che aveva, lo sfortunato, le indicò il suo anulare sinistro.
-...Non ci posso credere! -esclamò lei con occhi illuminati di gioia. -È una proposta?! È una proposta di matrimonio? -gli saltò al collo, abbracciandolo stretto. -Oh mio Dio! Allora ti ho colpito! Ti ho conquistato...! Quando lo dirò alla mamma...! Oh...! Che felicità!
George scosse la testa con un'evidente impronta di seccatura. Si rese conto che finalmente riusciva a muoversi e a parlare anche se aveva lingua e gola ustionate e un dolore atroce nello stomaco.
-Tu! Tu sei una tragedia ambulante! Un pericolo costante! La cattiveria fatta persona! -farfugliò con la bocca ancora impastata. Si alzò poi, riavviando l'ascensore.
-Tu sei una psicotica e una pazza da rinchiudere in clinica! -continuò sotto lo sguardo attonito di lei.
Le porte si aprirono al tredicesimo piano e George che pareva reduce da mille torture, si voltò per uscire finalmente da quelle quattro pareti di specchio.
-Aspetta! -disse lei. -E il matrimonio?
-Quale matrimonio!? -ringhiò lui esasperato. -Indicavo la fede per farti capire che sono sposato!
-Sei sposato...?! Ma... e noi...? Ma allora è tutto finito...? Tutto?
Tamara inizio a cantargli una canzone rap... lasciandolo a bocca aperta.
《Non stai giocando bene le tue carte, avevi l'Asso di Fiori
Ti ho colpito con l'Asso di Spade, in faccia, con un'alzata di spalle
Stavamo appena programmando un matrimonio, avevamo prenotato le colombe
Stavi dicendo ai tuoi compagni che odiavi i club
Ora siamo nel gioco del pianto, i cuori legati con i proiettili
Sei solo? Hai bisogno di qualcuno?
E' troppo tardi per parlare? Ho aspettato troppo a lungo?
Mille parole non cambiano nulla
Te ne servono solo tre? Le tre parole che ti mancano?
Benvenuti al Gioco del Pianto, dove perdi la tua anima
dove non c'è nessun trucchetto, devi pagare un contributo
non puoi avere il sangue freddo, perderai il controllo
non ci sono facce amichevoli qui, sbattiamo piatti e porte
dicendo che non ci manchiamo, ma è tutto finzione
dicendo che ne abbiamo avuto abbastanza, ma di cosa?
Un altro schiaffo in faccia, un altro gancio
Sono aggressiva di mio, non perché ti odio
Non perché io voglia, forse ti voglio imitare
Lo so che è difficile, lo so che ti intimidisco
Ma resterai o te ne andrai?
Non potevo respirare e tu nemmeno lo sapevi
Come potevi non mostrarlo mai?
tutto quest'amore di cui parli
Tutto ciò che voglio è amare ed essere amata
(amare ed essere amata)
Sto perdendo una cosa che pensavo di vincere
E mi sento davvero giù
perché le lacrime non finiscono
Dove sei andato? Non l'ho capito
Ero troppo impegnato
Non potevo dire solo di no
dove andresti? Penso di saperlo
Who...
stiamo per giocare
stiamo per giocare
who...
stiamo per giocare
al gioco del pianto
Avrei potuto dare tutto
non voglio iniziare a piangere
stiamo per giocare
al gioco del pianto...》
SILENZIO TOTALE.
Un gruppo di persone si era raccolto appena fuori dell'ascensore e con gli occhi sgranati, se ne stava immobile ad assistere alla scena.
George si girò e li vide. Si sentì terribilmente ridicolo. Ad un suo cenno, gli impiegati ancora lì impalati, si dispersero, allorché fissò nuovamente Tamara in cagnesco.
-Hai finito? -disse seccato.
-Ah, e sarei io quella crudele? ...Mi eri molto più simpatico prima quando non parlavi! -stridulò con le guance in fiamme e le lacrime sull'orlo delle ciglia.
-Sai una cosa? Tu per me non lo sei mai stata!
Si voltò e anche se un po' barcollante, tentò di varcare le porte e liberarsi finalmente di lei.
Tamara strinse forte gli occhi e le sue labbra, inviperita al grado assoluto. Si abbassò a raccogliere qualcosa da terra e richiamò il ragazzo. Si rigirò esausto.
-Hai dimenticato questo.
-Cosa? -chiese sporgendosi verso di lei.
Gli tese il portafoglio scivolatogli fuori in uno di quei momenti in cui si contorceva dal dolore. George allungò il braccio per recuperarlo e notando il sorriso minaccioso di Tamara ebbe un brivido. Lei, afferrandolo dal polso, lo tirò dentro e premette un pulsante.
-Ho detto che saresti rimasto folgorato e rimarrai folgorato! -decretò la ragazza.
-...Cosa!? ...NO!
Il taser rilasciò un'altra scarica.
Le porte dell'ascensore si chiusero.
-Sappi solo che non ho fretta. Hai tutto il tempo che vuoi per innamorarti di me... nel frattempo... vuoi una caramella?
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Passate a leggere il mio libro "Crimini nel palazzo Palme", un thriller-giallo o se siete più romantici "Gli occhi blu di uno Zingaro", una storia d'amore con un importante messaggio.
Grazie
Luna ^_^
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