-Attento alle parole-

Premessa: Le parole. Oh, quale mezzo per esprimere amore, odio, amicizia, offese... Prima di parlare bisognerebbe avere una bilancia, per misurarne il peso.
Luna

(Dedicato ai cari amici giudici del ContesTime: SloanMemorial -Krixy- chiara__95 JennyKravenn )

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L'asfalto scorreva veloce sotto le gomme dell'auto grigia, la mia. Ancora pochi chilometri, solo una ventina.
Quelli, ci separavano.

"Ti faccio conoscere un bravo ragazzo. Sarà il tuo nuovo collaboratore"

"Sì capo"

Avevo aspettato troppo prima di prendere la mia decisione. Intanto il tempo passava e sentivo di aver sbagliato tutto.

Che ci facevo in macchina da 7 ore? Perché non ero con la mia famiglia? I miei bambini non avrebbero mai immaginato che la loro mamma potesse un giorno fuggire via di casa.

Eppure era quello che stava succedendo...

"Vedrai che andrete d'accordo. È molto più giovane di te. Sono convinto però che sarà un valido aiutante"

"Se ne è così certo capo, non posso far altro che fidarmi"

Diamine! Sapevo che sarei tornata da loro e anche dal mio caro e fedele marito ma... allora perché andare da un altro? Perché rovinarsi la vita? Perché rischiare? Ne valeva davvero la pena?

Non capivo, non sapevo cosa mi spingesse in quella direzione ma... in quel momento ero convinta di fare la cosa più giusta. Poi mi sarei sentita un'egoista, una donna stupida, che si lascia prendere dai sentimenti e non pensa alle conseguenze delle sue azioni. Sì, avrei sofferto schiacciata dai sensi di colpa, eppure era più forte di me. Io dovevo andare da lui. Dovevo farlo o sarei stata una vigliacca.

"Vive al nord e coordinerà il lavoro nella filiale del paese in cui vive. Quindi starete in contatto telefonico"

"Va bene"

E mentre l'ambiente circostante pareva sfumarsi al passaggio veloce della mia auto, i ricordi tornavano forti a comprimermi le tempie. Il cuore pompava sangue in modo sempre più frenetico fino a farmi esplodere il petto. Quel dolore così forte che solo lui mi aveva procurato. Solo lui era stato capace di mandare in tilt la mia ragione e persino il mio amor proprio! Meritava tutto quel viaggio, da una parte all'altra dell'Italia? Meritava tutte quelle ore che passavano veloci mentre le distanze si accorciavano?
Meritava le mie attenzioni?!

"Ormai siamo amici no? Raccontami di te"

"Beh, non siamo proprio amici, caro il mio collega. Diciamo che siamo conoscenti. Sentirsi attraverso messaggi è solo un mezzo per scambiarsi idee, un passatempo"

La ragione mi spingeva a tornare a casa ma il cuore, pieno di sussulti che lo facevano rimbalzare, prevaleva sulla mia mente annebbiata dal forte sentimento.

Un altro timore si insinuò in me. Lui non sapeva che ero partita. Non sapeva che ancora poco e sarei arrivata lì, nel paese in cui viveva.

Ne avevamo parlato così tante volte...

"Verresti a trovarmi?"

"Ma... davvero? Dici sul serio?"

Ero sbalordita. Lui voleva vedermi. Voleva incontrare me... Voleva conoscere quella persona che fino a quel momento aveva avuto contatti con lui solo attraverso stupidi e freddi messaggi.

Il quell'istante mi ero sentita un verme. Lui era così sincero e spontaneo con me...

Come avevo potuto mentirgli? Come avevo potuto fargli credere che non fossi sposata e non avessi figli? Ero stata una bugiarda e l'avevo pagata cara.

Tutto era accaduto per sbaglio. Una foto aveva compromesso ogni cosa.
Per errore l'avevo mandata a lui.

L'immagine rappresentava la mia famiglia: mio marito che mi teneva sotto braccio, i miei bimbi che si stringevano a noi... Lui aveva capito tutto. Mi aveva subito scritto e le sue parole erano state così pesanti, così difficili da sopportare che per giorni ero rimasta in uno stato di profonda tristezza. Alla fine mi ero decisa. Non avevo detto niente a nessuno, ero entrata in auto e avevo imboccato l'autostrada.

"Che ti succede?! Guarda che stavo scherzando...! Non volevo farti offendere..."

"Cosa ti ho sempre detto sin dal primo messaggio che ti ho mandato?"

"Sì, lo ricordo bene... ma io stavo scherzando davvero!"

"Beh... anche le mie minacce sono uno scherzo allora"

"Non ne sono troppo convinto..."

Ero partita così, quasi senza pensarci. Senza pensare a come si sarebbero evolute le cose. Io dovevo parlargli, anzi dovevo vederlo per un altro motivo. Importante.

Posai la mano sulla tasca della giacca. Il mio regalo preso frettolosamente ad un'area di servizio era ancora lì. L'avrebbe gradito? E... avrebbe gradito la mia presenza?

Non c'era tempo per pensare. Ormai era fatta. Ero arrivata a destinazione.

Ringraziai mentalmente chi aveva inventato il navigatore satellitare.
La casa era lì, di fronte a me.
Continuai a tastare il regalo impacchettato e dopo un profondo respiro, mi diressi alla porta.
Quello che venne ad aprirmi, era un ragazzo. Non sapevo se fosse lui. Non mi aveva mai mandato una sua foto.
Lui però mi aveva vista e i suoi occhi lo confermarono.
Li sgranò scioccato. Disse una sola parola.

-Lulù...? -si strabuzzò il viso colto dal panico. -...Lulù... -ripeté incredulo.

-Sì, sì... sono io. Tu deduco sia Naol.

Riuscì solo a muovere la testa. Giusto un piccolo accenno del capo.

-Ma... ma... -annaspò visibilmente imbarazzato.

Lo fissai gelida. Poi cercai le parole adatte.

-Allora...? Adesso che mi hai di fronte, hai il coraggio di ripetermi quello che mi hai scritto nei messaggi?! -dissi accusandolo. La mia voce rauca e profonda ebbe un effetto devastante su di lui perché indietreggiò all'istante. Dall'espressione terrorizzata, compresi che solo in quel momento aveva preso coscienza di chi avesse di fronte.

-Adesso hai capito con chi hai a che fare? -continuai ignorando il tremore che invadeva il suo corpo e quelle gocce che gli scendevano sul viso.

-Vuoi dire che sei qui...

Si interruppe immobilizzato dal terrore che puro, iniziò a scorrergli nelle vene. Il suo colorito si fece cianotico. Le membra tese, come un blocco di ghiaccio.

Infilai la mano nella tasca.

-Sì sono qui perché te l'ho promesso. -sorrisi cinicamente. -...e una promessa è una promessa. E tutti mi conoscono perché mantengo sempre la parola data.

-Vuoi uccidermi? -continuò con voce stridula lui, indietreggiando e barcollando un po'.

Avanzai imperterrita. Niente mi avrebbe fermata, finché non avessi mantenuto la mia promessa. Infilai la mano in tasca e presi il pacchetto. Lui abbassò gli occhi e seguì ogni mio movimento.

-Apro io il tuo regalo se non ti spiace... -dissi scartandolo delicatamente. -Ma prima... Prima voglio che tu mi ripeta quello che mi hai detto quando hai visto la mia foto.

-Io... io...

-Ripetilo! -gli urlai. -Che c'è? Non hai il coraggio?

Si portò una mano alla bocca. Sbatté le ciglia preoccupato e tentò di parlare ma ne uscì solo un gemito.

-Hai fatto male a darmi il tuo indirizzo. Hai fatto male a sottovalutarmi. Ti ricordi cosa mi hai scritto? No? Te lo ripeto parola per parola. -dissi continuando a scartare il pacchetto e avanzando lentamente verso di lui. -Hai detto che sono una vecchia rugosa e flaccida! Giusto?!

-No Lulù... io... stavo scherzando! Volevo solo...

-Già. Un bello scherzo. Ecco perché sono qui. Per ricambiare lo scherzo!

Gettai a terra la carta con un colpo secco, facendolo sobbalzare. Guardò le mie mani. Il pacchetto di caramelle lo sorprese non poco. Lentamente ne scartai una e me la portai alla bocca. Lui corrugò fronte e labbra, sorpreso. Gliele porsi.

-Prendine una, avanti! -lo incoraggiai. Mi guardò sospettoso. Le sopracciglia si incurvarono rendendogli l'espressione diffidente. Prese il pacco dalle mie mani, ma esitò. Ne estrassi una seconda e la mangiai. -Avanti! -ripetei. -Non sono avvelenate.

Scartò la sua caramella e la portò alle labbra.

-Lulù io...

-Sssht.... non dire nulla. Non scusarti. Avevo detto che ti avrei regalato una dolce morte no? Hai capito in che senso?

Il ragazzo scosse la testa infilandosi la caramella tra i denti.

Con un colpo secco lo spinsi dentro casa, inchiodandolo al muro.

Sorrisi appena guardandolo dritto negli occhi.

-...nel senso che questo è il dolce... e questo... -sfoderai da sotto la giacca un lungo coltello. -...questo è la morte!

Oltrepassai il suo addome con tutte le forze che avessi, facendo arrivare la lama fin dentro il muro retrostante.

-Finalmente ho visto la tua faccia. -gli dissi ad un palmo di distanza dal suo viso, mentre sfilavo lentamente la lama e sentivo i suoi gemiti soffocati come una dolce melodia che accarezzava le mie orecchie. Lasciai che quell'arnese affilato scivolasse sul pavimento, accompagnato dal rumore metallico. Misi poi le mie mani sulle sue spalle tenendolo incollato al muro.

-Non mi crollare ora... -gli sussurrai con un ghigno.

Lui ansimante e con la bocca aperta, spostò gli occhi su di me.

-Prima dimmi cosa ne pensi ORA di me. E di' la verità.

A fatica tentò di parlare... di far uscire una frase comprensibile.

-Se fai presto potrei chiamare un'ambulanza e magari ti salvi.

Trovò le ultime forze per pronunciare quello che avrebbe dovuto dire sin dall'inizio.

-N-non... sei... ve-vecchia... e r-ru...go...sa... S-se...i una... bell...a d-do...n...na...

-Ce l'hai fatta! -sorrisi esultando. -Bravo. Bravo! ...Ora devo andare, mi spiace. La mia famiglia mi aspetta.

Gli lasciai le spalle e lui per la debolezza crollò accasciandosi al pavimento. Chiusi la porta e mi infilai in macchina, soddisfatta e pronta per affrontare la strada di ritorno.

Una strana e pesante stanchezza mi colse mentre stavo per giungere da mio marito e dai miei bambini. Mi fermai in una piazzola e socchiusi gli occhi.

Riaprendoli ebbi un sussulto. Non ero in macchina e non ero su una trafficata un'autostrada che collegava il nord al sud. Ero nel letto di casa mia, con mio marito. Risi pensando allo strano sogno che avevo appena fatto.

Fui distratta dalla vibrazione del telefono, posato sul comodino. Era lui.

"Ciao Lulù. Ancora arrabbiata?"

"No, non credo. Basta che tu mi dica un'unica cosa"

"Ancora con questa storia?! Ti ripeto che stavo scherzando..."

"Sì ma... dimmelo lo stesso. Fallo in nome della nostra amicizia... virtuale."

"Vuoi che ti dica cosa penso di te dopo averti vista?"

"Sì ma... sta' attento alle parole."

"Ok"
"Penso..."
"Che tu sia..."
"Una vecchia rugosa e flaccida"

A quelle parole erano seguite tante faccine che ridevano con le lacrime agli occhi.

"Ehi Lulù... ci sei?" -scrisse, vedendo che non rispondevo. "Non ti sarai offesa. Lo sai che scherzo... è più forte di me..."

Ok. Se proprio non ne poteva fare a meno...

Lasciai il telefono sul comodino e mi avvicinai all'orecchio di mio marito.

-Tesoro... puoi portare tu i bambini a scuola questa mattina? Io ho un lavoro da sbrigare... e devo mettermi in viaggio perché... perché questo lavoro è al nord.

Qualche minuto dopo ero in auto. La mia auto grigia. E l'asfalto scorreva veloce sotto le sue ruote mentre mi fiondavo da...

...da lui, ovviamente!

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--Ispirato ad una storia (che potrebbe diventare) vera! XD




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