reietti
(Storia in parte mia)
Non si dorme più, motivo?
La guerra
La guerra è follia, violenza, sangue, caos che sconvolge il mondo, al centro ci sono i soldati, che non riescono a sopportare l’orrore della battaglia.
Uomini che la storia ha nascosto, dimenticato, etichettato come “scemi di guerra”!
Uomini strappati agli affetti e alle abitudini quotidiane, sottoposti ad un martellamento psicologico dal male assoluto, che impone a tutti il dovere.
Il dolore del distacco. La partenza verso una meta sconosciuta. Un viaggio verso l’ignoto. Tutti diretti al fronte. Avanti!
La vita diventa lontana, addio ai ritmi naturali della terra, gli uomini-contadini vengono presi all’interno da un meccanismo che non sanno contenere, piccoli ingranaggi di un grande orologio.
Dobbiamo diventare indifferenti alla morte, dobbiamo essere crudeli, mettere da parte i sentimenti, distaccarci dal passato, è una guerra di massa dove sparisce l’individualità. Un fiume di corpi che avanza, sparisce. Non esistono gocce, solo una fiumana umana. Avanti, avanti!
Macchine da guerra diventiam, instupiditi dal freddo, impantanati nelle buche.
Il rumore è assordante, schegge, urla, lampi, e l’assalto che può durare giorni interi. Il nemico rintanato, non si vede, ma i colpi sono mortali. Ai soldati non resta che rannicchiarsi e sperare di non essere colpiti dalla tempesta.
Gli effetti delle detonazioni, lo spostamento della terra, le grida, tutto è amplificato, i sensi acuiti, cresce l’ansia.
Sotto le nove notti oscure nel cielo, il malessere mentale aumenta, l’ansia si dilata, in attesa del momento. Niente vie di fuga. La paura… e la paura di aver paura.
E poi l’assalto. Uscire dalle righe, strisciare, vedere i corpi smembrati, oltrepassare gli scudi di difesa e alzarsi, di scatto, per andare incontro al fuoco nemico. I battiti del cuore sono colpi di martello. Soli, di fronte alla morte. La guerra è cambiata è una fabbrica efficentissima, di morte. Il re è il padrone, il contadino è il soldato, la produzione è la morte.
Le allucinazioni, le disfunzioni motorie e la perdita di sé, nella forma inedita dello shock da combattimento, tormentarono e tormentano gli uomini impegnati in battaglia. Nevrosi traumatiche da combattimento. Gambe e braccia bloccate, non parlano, non sentono, non ricordano, hanno incubi sempre uguali. E’ la reazione all’impatto traumatizzante con l’esperienza guerra, che produce danni psicologici e fisici.
Uomini costretti in un cambiamento generale che sfocia nella malattia mentale. Un fenomeno sconosciuto quello della perdita dell’identità. Non più spettatori, ma comparse in un meccanismo inesorabile. Uno stress primordaile che induce a nascondersi, a mettersi sotto la terra che protegge o dentro l’amnesia che fa dimenticare il pericolo.
I malati, accusati di codardia e di tradimento, vengono rispediti al fronte dai medici militari, per sprofondare ancor di più negli abissi della pazzia, ammutoliti e dimenticati relitti della storia. Ai medici vengono consegnati i soldati non più idonei a sostenere il combattimento e loro, i “fabbri”, hanno una missione: restituirli ai loro superiori, pronti a riprendere le armi, in fretta. Il problema fu il “come” venne raggiunto questo traguardo. Con un’idea di base: creare nei “malati” un terrore tale delle cure che li aspettavano nelle tende da preferire il campo di battaglia. Il terrore di una cura deve essere più forte del terrore della morte. Il medico deve infliggere il senso di ineluttabilità eguale a quello della buca nella terra. Bisogna distruggere la voglia di non tornare. I soldati intrappolati nell’esercito arrivano alla follia. Una reazione difensiva all’opressione, rapiti dall’oblio del sogno, piuttosto che dal terrore logorante del campo di battaglia. La medicina non ha soluzioni terapeutiche, per la disperazione esistenziale, finiscono nei manicomi. Veri campionari di un dolore umano, che non ha mai fine, inflitto in nome della guerra che presuppone una nuova consapevolezza: la distruzione, senza pietà.
E le porte dei manicomi, si chiudono per sempre alle spalle di quei soldati, impazziti sui campi di battaglia.
E mente scrivo, mentre penso, questo nuovo racconto di vita vissuta, qualcuno entra
-padron...padron...?
State bene?-
-si Sam, sto bene-
-a cosa pensavate?-
-alla guerra di tre anni fa-
-la capisco, ľho vissuta anche io, come gli altri
Ma adesso è finita! Non me vedremo più-
-lo so Sam, sei il solito ottimista-
Lui mi guarda
-avete finito il racconto secondario?-
-si, lo lascerò qui quando...-
-quando cosa?
Mica avete in mente qualcosa con il vecchio...-
-no Sam...forse-
E usciamo, in mezzo nostra valle, in cui siamo ancora stranieri
Qui si vive, si beve e si mangia
E pensando al rancio rinsecchito di pane nel mio cammino verso la montagna incontriamo gli altri
-ciao Marry-
-ehi vecchio Sam!-
-andiamo alla Locanda? So che non ci divertiremo ma almeno beviamo qualcosa...-
-certo pellegrino-
Ma io non parlo, sorrido
E già, la Contea non cambierà mai
Fine
"Ľorologio di ingranaggi" di Frodo Baggin
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