Capitolo 1

Miyake, il tanto amato biss, biss, biss nipote lontano del famigerato re Tutankhamon. Finalmente in tutto il suo splendore era sotto ai suoi occhi. Così bello anche anni anni dopo un lungo sonno. Non era di una bellezza comune. No.  Eppure la bellezza ultra secolare era ancora lì.  Hamura da quando aveva deciso di provare con questo nuovo esperimento, non si era staccato da lui nemmeno per un secondo. Come ipnotizzato e ossessione da quello che per lui considerava – non solo una sfida per mettere in prova le sue capacità e fare capire che, anche lui, se volendo avrebbe creato qualcosa di inaspettato – ma una grande gioia. Un regalo della tanta storia appassionata.

Il rumore della penna che, veniva fatta scattare ruppe il silenzio che c’era in quel laboratorio, dove un grande computer a schermo e  piccoli monitor collegati a vari altri macchinari pieni di liquidi, erano tutti collegati in tubi metallici, attaccati in un solo corpo dormiente. Giorno per giorno segnava ogni cosa, anche se, novità purtroppo ancora non ce n’erano stati. Anche se, credeva fortemente  che quell’esperimento avrebbe portato con sé dei frutti, a volte, invece, la sua sicurezza vacillava di un poco, facendogli così credere che forse aspettava qualcosa di inutile. Qualcosa che non sarebbe mai avvenuto. Che i suoi colleghi avessero ragione ?

Eppure qualcosa gli diceva di continuare ad aspettare. E che la tanta  pazienza lo avrebbe premiato.

Era sul punto di puntare ancora il nessun segnale, quando i suoi occhi dal quaderno che teneva aperto sul braccio sinistro, si spostarono nuovamente verso la massa di bende. Voleva sapere se, per davvero i suoi sforzi erano risultati invani. Se, sotto quella coltre bianca che lo nascondeva iniziavano ad esserci segni di vita. Erano passati anni da quando l’esperimento era stato aperto. E in tutti quegli anni, ogni giorno che passasse, Ham, non lo aveva mai lasciato. Il giorno stava sempre in quel ambulatorio e la notte dormiva lì. Era sempre stato vicino a uno dei suoi beni più  preziosi.

Nelle orecchie sognava ancora il suono delle macchinette eppure non era reale. Non c’era. Era come se, la sua mente gli facesse vedere spettri dove non ce n’erano. Sembrava tutto  frutto del suo cervello. E magari si sarebbe anche scoperto che quell’esperimento manco fosse vero. 

Una nuova consapevolezza lo colpì al petto con una forza tale da sottrargli per un momento la lucidità. Solo per un momento, chiuse di scatto il quaderno e lo gettò a terra, ripose la penna appesa sulla camicia. Come calamitato da una forza misteriosa, le gambe lo  spinsero verso quel corpo mummificato, le mani tremarono per un contatto. Non riuscendo a reprimere l’istinto, una sua mano andò a toccare quello che doveva essere il viso, una scossa di brividi gli fecero rizzare i peli. A contatto con la  sensazione delle grezze bende, la mente non poté che chiedersi su com’era stato quel corpo. Su che vita abbia compiuto. Quali legge lo avevano accecato. Un epoca così lontana, diversa dalla propria, eppure non gli era mai sembrata così tanto vicina. Un turbinio di emozioni era ciò che lo stava sconquassando. La consapevolezza di non sapere proprio tutta la verità. Voleva sapere. Voleva conoscere e capirla.

Come accecato dalla rassegnazione, la dolce e futile carezza svanì,  le mani chiuse in pugno lungo i fianchi, ma, i suoi occhi rattristati dalla verità non ne volevano sapere di lasciare perdere quel morto.

« Sono proprio uno sciocco eh ? »
Si derise, lasciando poi andare un lungo sospiro.

Forse sarebbe stato meglio staccare le spine e abbandonare tutto. Era passato troppo tempo.

Era sul punto di andare, quando il suono miracoloso di un bip lo fece voltare nuovamente, con in viso una faccia tra l’incredula al confuso. Che stesse di nuovo impazzendo? Lo aveva sentito per davvero questa volta ? Oppure, ancora troppo ossessionato la sua mente lo stava nuovamente prendendo in giro ?

Un passo dopo l’altro e di nuovo un altro bip. La macchinetta piatta, quella più grande che, stava davanti al lettino ai lato dei piedi, ora, era illuminata. I parametri sembravano impazzire e poi riprendere senno e così via. La sua bocca si dischiuse e i suoi  grandi occhi  castani brillarono insieme ad un sorriso dopo tanto tempo. Ovviamente dallo stupore non pensò assolutamente di recuperare il quaderno lasciato abbandonato a terra.

Troppo preso da tale meraviglia che, si era creata   davanti alla sua vista, Ham fu sul punto di prima. Con le mani attaccate alle sbarre del lettino e senza accorgersene o forse sì, sporse il viso vicino a quello della mummia in attesa di vederlo svegliarsi. Il cuore era tachicardico nel suo petto e la felicità che, sentì scorrergli nelle vene fu una punta in più per l’adrenalina che gli scorreva. Allora, anche lui poteva fare qualcosa. Anche lui aveva il potere di fare qualcosa di speciale e impensabile come quello che aveva creato. Non era più un inutilità. Le ore e i giorni spesi nello studio per trovare molecole giuste, per inserire nel corpo di una nuova creatura, per riportare in vita la sua anima, era servito a qualcosa.

Due palpebre chiuse, presto e all’improvviso, lasciarono porta aperta per due occhi cielo  dal taglio felino. Bellissimi. Ma spenti. Sembravano non avere vita. Seppur sembravano stessero guardando i suoi occhi, il tenero scienziato sapeva benissimo che, non stessero guardando i suoi. Eppure, giurò di vederci la sua sagoma dipinta in quelle pennellate create da mani di pittore. Dell’acqua che creava leggere increspature.

« Ha funzionato. Potrò scoprirti di più. Me lo lascerai fare bellissima e enigmatica creatura ? » chiese più a sé stesso.

Ma sentiva che anche se non lo stesse facendo per davvero, lo stava ascoltando.
Sorrise ancora di più, ma presto il rumore di una porta che veniva attivata, accompagnata dal suono simile  come  quello di un tappo che, veniva aperto da una bottiglia gassata, lo fecero voltare soddisfatto ma anche un po’ spaventato. Addosso aveva anche un po’ il terrore che, avrebbe avuto anche un bambino, che veniva scoperto mentre stava cercando di rubare alcune caramelle.

Anche se non lo stava propriamente facendo, agli occhi altrui, sarebbe potuto sembrare che, stesse tentando di nascondere il fatto, cercando di coprire l’esperimento – che alle spalle di Ham, aveva incominciato a muovere piano come in uno spasmo le dite delle mani e un po’ il collo, in un tic che lo spingeva da un lato – seppur inutilmente per via della sua minuta e scarsa figura.

« M-ma cosa…  »
La voce del capo insieme alla sua espressione scioccata, spinse in più piccolo a voltarsi.

La mummia ragazzo, non era più disteso sul lettino. No. Lui se ne stava seduto sul bordo. Il tubo e gli aghi ancora incastrati, beh… in qualunque cosa ci fosse stata  sotto quei strati e strati di bende grigiastre, invecchiate dal tempo. Ma sembrava una bambola monopolizzata da fili invisibili. Senza vita. Adesso era come un bambino appena messo in vita. C’era. Ma adesso era compito suo. Di Ham stesso. A imparargli tutto da capo. E con pazienza e dedizione giorno per giorno gli avrebbe dato un affetto.

« È un miracolo. Sapevo che prima o poi sarebbe successo. Ed'è successo » spiegò in gioia con le lacrime agli occhi.

« N-non… Pensavo che sarebbe successo. Ecco perché avevo acconsentito a questo delirio ».

Gli occhi del più piccolo scattarono verso al colosso che, aveva dietro alla schiena, le sopracciglia corrugate in un cipiglio confuso. Quello, però, non mostrava espressione sembrava un muro inespressivo.

« In che senso ? »
Chiese con il cuore e l’animo pronto a precipitarsi in una corsa impazzita.

« Mi dispiace ma non posso acconsentire a ciò. Sarebbe troppo pericoloso. Lo capisci? Dobbiamo abbatterlo al più presto » occhi tempesta. Mare in burrasca.

Rabbia. Onde violente che sbattevano sugli scogli, ma in quel caso contro le pareti del suo animo, primordiava in Ham.

Abbattere ? Non consentire ? Ma di cosa stavano parlando eh. Di cosa ?  Non poteva parlare sul serio. Non poteva farlo. Quello non era solo un semplice esperimento. Era anche il suo tanto cercato premio del suo duro lavoro. Studio. La sua storia scoperta.  Ci aveva impiegato anni. Dedizione. Passione. Ore a studiare per ciò che era ora e per arrivare a quello che aveva cercato di creare. Era sotto la sua ala protettiva. Se ne sarebbe preso cura lui. Si sarebbe preso ogni responsabilità. Ma non avrebbe mai e poi mai, permesso che glielo sottrassero così. Era suo. Lo aveva portato in vita lui. E nessuno poteva permettersi di pensare per le sorti di quella mummia al posto suo. Ed era pronto alle conseguenze di quello che avrebbe comportato.

« No. Non lo permetto ».







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