9 - occhi che brillano

Hogwarts
Laboratorio privato di Severus Piton
23 ottobre 1996, ore 8,52 P.M.

Come sempre la sento arrivare.
La intuisco ferma dietro alla porta.
La immagino con l'orologio in mano, con gli occhi attenti.
Pronta a bussare non appena scatterà l'ora più giusta per presentarsi all'appuntamento.
E mi scopro a sorridere.
Tra l'infastidito e il divertito, nascosto nel mio rifugio lugubre.
Perché la ricerca della perfezione è una cosa che ammiro.
Da sempre.
In ogni aspetto della vita.
E io non sono stato perfetto in molti.
Sono un disastro nei rapporti umani.
Un disastro nell'amore.
Un disastro come uomo, in generale.
Ma sul sapere no. In quello sono sempre stato il migliore.
Ho primeggiato con una facilità quasi imbarazzante.
E forse proprio questo ha annientato tutto quanto intorno.
Ma Hermione Granger è diversa.
Da me.
E anche da tutti gli altri.
Ha bilanciato le sue due facce come un abile funambolo.
Ha indossato una maschera quando era ancora bambina.
L'ha rafforzata di anno in anno.
E adesso la padroneggia con una spavalderia invidiabile.
Infondo, forse, tanto diversi non siamo, noi due.
Sono le maschere ad esserlo.
Io porto quella dell'insensibile uomo di ghiaccio.
Lei quella della ragazzina spensierata.
E viviamo entrambi in un grottesco carnevale che dura da una vita intera.
Di questo ne sono quasi certo.
Anche se ancora non riesco a capire fino in fondo quella giovane donna.
L'ho vista cambiare faccia.
Sfilarsi il costume.
Così insopportabile nella mia aula, così fastidiosamente dedita a primeggiare.
Così stupidamente spensierata quando si rapporta con quei mentecatti dei suoi amici.
Poi, improvvisamente, ho scorto la realtà.
Una realtà arrivata inaspettata, in una sera in cui, ubriaco marcio, ho visto i suoi occhi proiettati sulle palpebre chiuse.
Gli occhi di qualcuno ancora vivo.
Che per la prima volta si sono insinuati nella mia tormentata solitudine.
Forse sono stati i fumi dell'alcool, o forse il dolore che mi aveva squarciato il petto in quella notte in cui ero tornato ad essere un assassino.
Ma l'immagine della Granger mi è apparsa diversa.
Ho riconosciuto la maschera.
E ho deciso di darle una possibilità.
Proprio io, il mago oscuro che anela la solitudine.
Proprio a lei, l'insopportabile, fastidiosa Grifondoro.
E sono quasi certo di non aver sbagliato.
Perché Hermione Granger è un'attrice abile.
Ma non così tanto da poter ingannare me.
Il maestro dell'inganno.
E delle bugie.
E così ho scoperto una donna determinata, intrappolata nella divisa di una ragazzina.
Una donna che ha qualcosa da dire.
E tanto da dimostrare.
Che pensa con un'intelligenza rara.
E con una forza invidiabile.

L'atteso colpo sulla porta si fa strada ancora una volta nel silenzio della stanza, mi preannuncia l'arrivo del mio nuovo, folle esperimento.
Si, perché adesso sono proprio curioso di vedere cosa è capace di fare.
Mi ha stupito con quella traduzione.
Devo ammetterlo.
E adesso mi trovo in un'attesa quasi spasmodica di una nuova rivelazione.
Di una nuova sorpresa.
Io che avevo smesso smesso di aspettarmi qualsiasi cosa dalla vita.
Che avevo smesso di pensare ad un futuro che potesse sorprendermi.
E che adesso mi ritrovo a riporre le mie speranze in una ragazzina.
In una stupida ragazzina.

No, non c'è niente da fare.
Provo a farmi impadronire dal disgusto che riservo a tutto il mondo.
E non ci riesco.
Perché Hermione Granger non è una stupida.
E quasi sicuramente non è nemmeno più una ragazzina.

- "Posso entrare, professor Piton?"

Mi sono perso nelle congetture come un idiota.
E adesso la guardo in silenzio.
La vedo conquistare timidamente il centro della stanza.
Tiene il libro stretto tra le braccia, parzialmente coperto da un elegante quaderno dalla copertina nera.

- "Vieni avanti, Granger."

Sibilo.
La sua presenza mi inquieta.
Al limite del fastidio.
La guardo schifato.
Con il mio sopracciglio sollevato.
Con i miei occhi gelidi.

- "Quello cos'è?"

Glielo sputo in faccia, osservando il quadernino che tiene gelosamente stretto nelle mani.
E forse la risposta nemmeno mi interessa.
So solo che devo parlare per annientare questo stupido silenzio.
Lei si illumina.
Le sue guance si colorano di un rosa intenso.
È quasi insopportabile.
E non so perché non riesco ad alzarmi da questa sedia e a sbatterla fuori.
Lei, le sue infinite ore di studio e lo stupido quaderno che tiene tra le mani.

- "Oh...sì! Sono i miei appunti professore. E sono imbarazzantemente tanti!"

Si lascia scappare un accenno di sorriso.
E a me viene da vomitare.
Ma che diavolo ci faccio in questa situazione assurda?
Adesso dovrò passare le prossime due ore con una studentessa che mi snocciola tutte le sue fantomatiche scoperte.
Su un libro di cui non mi importa nulla.
Lei si avvicina.
Apre il quaderno sulla mia scrivania.
Mi indica con le dita ogni appunto, ogni annotazione.
E dannazione!
Sono presi in modo intelligente.
Maledetta so-tutto-io!

- "Ho capito poco professor Piton, molto poco. Mi dispiace.
Faccio addirittura fatica a capire il significato delle frasi."

La squadro per un attimo.
Lei tiene lo sguardo imprigionato tra i quadretti azzurri delle pagine.
Cerca di scusarsi.
E non riesce nemmeno a capire il lavoro immane che è riuscita a fare in una sola settimana
Non so se è estremamente furba o estremamente stupida.
Forse nemmeno io avrei portato a termine questa traduzione in così poco tempo.
O forse sì, ma io sono un apatico solitario con spiccate tendenze all'autismo.
Dotato di una memoria eidetica e di un quoziente di intelligenza raro.
E lei?
Lei cos'è?
Continua ad osservarmi cercando una spiegazione.
E io gliela butto in faccia con poca grazia.
Più che altro per togliermela in fretta da attorno.
E tornare a lasciarmi tormentare dai miei incubi. In santa pace.

- "Questo è un testo che usa linguaggi antichi. Il senso delle frasi è difficile e non sempre comprensibile.
Ha fatto un discreto lavoro, Granger"

Me lo lasciò sfuggire distrattamente.
E le mento.
Non è un discreto lavoro.
È un ottimo lavoro
E mi sento un idiota.
Le ho dato quel libro per scherzo.
Dapprima per prenderla in giro.
E poi per vedere fin dove sarebbe arrivata.
E invece, questa curiosa ragazzina, è riuscita a prendere in giro me.

Devo continuare a parlare.
Il silenzio mi distrugge.
Mi lascia in balia di pensieri che non promettono nulla di buono.

- "Quello è un libro di magia antica, Granger.
Viene ritenuto innocuo semplicemente per il fatto che, fondamentalmente, nessuno ci ha mai capito un granché.
Anche se io dubito che lo sia veramente.
Tuttavia, alcuni termini che hai trovato nel testo ti verranno ripresentati nei libri di pozioni che affronteremo da questa sera.
Il fatto che tu abbia perso tempo a catalogarli ti permetterà di riconoscerli quando li incontrerai in futuro."

Lo dico con la mia solita assenza di entusiasmo.
Mentre giro con fare svogliato le pagine ordinatamente compilate di questo piccolo quaderno.
Perché io so fingere.
So fingere meglio di chiunque.
E il disinteresse che lascio trasudare dagli occhi, è in realtà un'ammirazione a stento camuffabile, per un lavoro svolto con una perfezione quasi maniacale.

Sollevo lo sguardo nel suo.

- "Pensi che ti abbia fatto fare un lavoro inutile, Granger?"

La sfido.
Pregando perché mi dia un motivo per continuare a ritenerla una stupida.
Per mandarla via.
E smetterla con questa buffonata.
Per poter avere una scusa che mi salvi da questa donna che, invece, riesce a stupirmi più di quanto vorrei ammettere.

- "Nessun lavoro è inutile, professore!"

Ecco, appunto.
Come sempre la fortuna mi sorride.
Ovviamente mi fornisce l'unica risposta che avrei dato anche io.
Non so se odiarla o ammirarla per questo.

- "Vede la parola "sofisticato" che ho scritto qui?"

Lo dice rapendo la mia attenzione con le dita.

- "In realtà non ha il significato che pensavo.
Viene inteso invece come "alterato",
"mutato"
L'ho capito solo alla fine del testo.
Quando veniva usato in questa frase."

Sposta velocemente le mani dal quaderno al libro, dal libro al quaderno.
Con la padronanza di una che ci ha passato sopra più di una notte.

- "suidheachadh sàr-mhath"

Lo dice in celtico.
Di nuovo.
Come ha fatto la settimana scorsa.
Devo decidermi a farla finita con lo stupore.
Perché è vicina.
E devo smettere di guardarla come se osservassi un ungaro spianato danzare la morte del cigno.

- "Condizione alterata, non condizione sofisticata inteso come ricercata, piena di eleganza.
Capisce?"

Prosegue.
Poi si ferma.
Mi guarda.
Ha gli occhi eccitati.
Forse si aspetta che io dica qualcosa.
E cosa diavolo dovrei dirle?
Lei non si arrende. Ovviamente.
Prosegue il suo trattato.
Sono riuscito a scovare l'unica ragazzina con un'intelligenza quasi incredibile e con un coraggio da leoni.

- "Ho dovuto arrivare quasi alla fine del libro per capirlo, professore. Ma ne è valsa la pena.
Tantissime cose hanno improvvisamente acquistato significato.
Vede le cancellature?"

Lo dice con entusiasmo, sfogliando le pagine del quaderno.
Indicandomi frasi riscritte velocemente sopra alle precedenti.
E io sollevo il sopracciglio, nella massima espressione di trasporto che riesco a concedermi.

- "Cambiando una parola tutto assume un altro significato!
E immagini quante altre potrei scoprirne se ci passassi sopra altri giorni."

Il suo sguardo luccica.
In preda ad un'eccitazione che solo la scoperta di qualcosa è in grado di dare.
Che solo la conoscenza è in grado di far provare.
E io sono costretto a riscuotermi a fatica.
Devo impiegare tutta la concentrazione imparata nei miei anni dediti a sfuggire alla morte.
E a dispensarne.
Tutti quegli anni vissuti ai limiti della legalità, sicuramente oltre al comune concetto di sicurezza e, incontrovertibilmente, al di fuori di qualsiasi unanime consapevolezza del giusto e dello sbagliato.
Ripesco qualcosa di simile ad una frase sensata, facendomi largo a spintoni tra lo stupore.

- "Benissimo Granger, avrai tempo per studiare più a fondo questo libro, se lo vorrai.
Ma adesso dobbiamo affrontare il primo capitolo del programma extrascolastico sulle pozioni."

Sospiro un istante.
Mi sporgo in avanti sulla poltrona.
Lasciando che i miei occhi vengano saturati dalle fiamme gelide e pericolose a cui ho sempre abituato il resto del mondo.

- "Io lavorerò.
Tu osserverai.
In silenzio.
Senza toccare niente.
Senza muoverti se non sarò io a chiedertelo.
Guarderai e basta!"

La mia voce è tagliente.
Mi congratulo silenziosamente con me stesso per non dimostrarmi un idiota.
Ma dentro, per la prima volta dopo tanto tempo, ardo di entusiasmo.
Un entusiasmo che sembra aver cominciato a farmi sentire di nuovo vivo.
Un entusiasmo fastidiosamente generato dalla presenza di questa ragazzina.
E dai suoi occhi che brillano.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top