6 - magia oscura
Castello di Hogwarts
Studio privato di Severus Piton
16 ottobre 1996, ore 2,30 P.M.
- "Tutto..."
La mia voce è solo un sussurro.
E mi sento una stupida.
Ancora una volta.
Perché assurdamente non so rispondere a questa domanda.
Non so cosa voglio sapere.
Io voglio sapere e basta.
Voglio conoscere.
Tutto.
Sembra che l'aria umida dei sotterranei mi schiacci sul pavimento.
Sono quasi terrorizzata, nel bel mezzo della situazione che desidero da settimane.
Per la prima volta quest'uomo insopportabile sembra volermi dare una possibilità.
E io non riesco nemmeno a rispondergli.
Maledizione!
Perché non riesco a parlare?
Dove accidenti si è andata a cacciare la mia solita parlantina fastidiosa?
- "Tutto... mi sembra un'impresa decisamente impossibile, Granger!"
Ovviamente non gli è sfuggito il mio disagio.
E ovviamente non si è fatto sfuggire nemmeno l'opportunità di affogarmi nel suo sarcasmo glaciale.
Severus Piton parla sempre in modo tagliente.
Sempre disgustato. Al limite del viscido.
Però questa volta la sua voce sembra diversa.
Sembra che si stia sforzando di non afferrarmi per un braccio e sbattermi fuori dal suo mondo.
Come se si obbligasse a non lasciar uscire la parte peggiore di se.
E io non capisco il perché.
Raccolgo i brandelli di una voce che sembra scomparsa dalla mia gola.
Prendo coraggio.
Gli sbatto in faccia la risposta più sbagliata di tutte.
- "La magia oscura..."
Lo dico piano.
Pronta a sentirmi aggredire.
A sentirmi una vibrante sfuriata su quanto la mia ricerca sia stupida e pericolosa.
Lascio passare qualche secondo.
Lui resta immobile.
Seduto sulla sua poltrona.
Con le mani incrociate sotto al mento.
Mi scruta con gli occhi scuri.
Quegli occhi infiniti, che sembrano fatti di vetro.
Mi riscuoto.
Devo parlare.
Dannazione!
Sembro una cretina.
- "La magia oscura non è sempre malvagia.
Ho trovato magie oscure in grado di curare le ferite.
In grado di annullare le maledizioni.
Ho trovato addirittura una pozione in grado di scacciare gli incubi.
Cos'è quindi che la fa definire oscura?
Io non vedo del male in questo..."
Dico tutto di getto.
Addirittura con quella che sembra essere una buona dose di sicurezza.
Trovo la forza di sollevare lo sguardo e di affrontare il suo.
So che lo troverò li ad attendermi.
Ad intimorirmi.
Ancora di più.
Lui solleva un sopracciglio.
Si pinza stancamente il labbro inferiore con due dita.
Poi si abbandona sullo schienale della poltrona dall'altro lato della scrivania.
- "Non ti chiederò, Granger, come e dove tu sia riuscita a leggere queste cose... la fase mi sembra superata.
Però è giusto che tu sappia che non tutti i libri possono essere affrontati senza la dovuta conoscenza!"
Fa una pausa.
Raddrizza le spalle, incrocia le braccia sul tavolo.
Si sporge in avanti appoggiandoci sopra il petto coperto dall'impeccabile casacca nera.
Sembra che i suoni siano ovattati.
Ho la strana sensazione di trovarmi in una bolla di sapone in cui agli uomini è vietato l'accesso.
Sento un'aura di mistero accarezzarmi la pelle.
Solcarla si brividi.
Un mistero che, forse, l'uomo che mi sta seduto davanti non ha intenzione di negarmi.
Lo guardo abbassare la testa per un istante.
Come se stesse cercando di raccogliere i pensieri.
Come se stesse cercando le parole per rivelarmi una qualche verità sconosciuta.
I brividi aumentano.
L'eccitazione sale.
E io mi sento viva come non lo sono mai stata.
Di colpo solleva lo sguardo.
Lo punta nel mio.
- "Non è la magia ad essere malvagia, Granger.
La si definisce magia oscura per il semplice fatto che è complessa.
E che, se praticata male, può essere estremamente pericolosa."
È sempre glaciale.
Sempre schivo.
Ma mi rendo conto di aver messo un piede in mezzo alla porta del suo mondo.
Ed è una sensazione bellissima.
Lui mi parla.
E quel 'Granger' sibilato a fior di labbra, non è più intriso di fastidio.
Non tradisce più la superiorità di cui sicuramente si sente padrone.
È il mio nome.
Solo il mio nome.
Detto da un essere umano ad un altro essere umano.
L'eccitazione mi fa sembrare difficile addirittura il semplice fatto di respirare.
Sento gli occhi riempirsi di una curiosità che sicuramente non può passare inosservata.
- "La ascolto professore!"
Scandisco le parole.
Sono risoluta.
Con la testa alta e le spalle larghe.
Perché non ho nessuna intenzione di togliere il piede dalla porta.
Di lasciar sbiadire questo spiraglio di luce.
Lui arriccia le labbra in un accenno di sorriso gelato.
- "La pozione di cui parli è la sanitatem somnum.
Ci vogliono circa due settimane per prepararla.
Ogni ingrediente, precedentemente lavorato, va aggiunto ad intervalli regolari.
Con precisissimi movimenti.
Un solo errore può generare esplosioni devastanti.
Oppure creare una delle pozioni più pericolose e oscure mai distillate.
La somnum axterreri solebat.
Meglio conosciuta come la pozione dell'incubo eterno...
Capisci cosa sto cercando di dirti?"
Avverto la mia testa muoversi in un cenno di assenso.
Temo di avere la bocca spalancata.
E capisco, capisco benissimo.
Dal bene si può fare male.
Senza nemmeno rendersene conto.
No, non conosco la pozione dell'incubo eterno.
Ma capisco perfettamente a cosa può portare.
La sua voce mi riscuote dal torpore sbigottito in cui sono piombata.
- "Il tuo interesse è pericoloso, Granger.
Anche se io lo capisco.
Nessuno può capirlo meglio di me."
Continua a guardarmi dritta negli occhi.
Sibila appena.
Con quello sguardo glaciale che un tempo mi avrebbe fatta tremare.
Ma non adesso.
Perché, anche se ben nascosto, vedo un pallido interesse nascergli sul suo volto.
Forse addirittura un accento di rispetto.
Rimango in silenzio.
Proprio io che parlo sempre.
Che anelo più di ogni altra cosa il dare perennemente prova della mia intelligenza.
Ma in questo momento è come se mi sentissi trasportata da lui.
Presa per mano e condotta in mondi sconosciuti e affascinanti.
E non voglio che finisca.
Ho il terrore di poter compromettere ogni cosa con la mia stupida parlantina.
Con la mia maledetta mania di aprire sempre la bocca.
Così resto immobile, sperando che lui continui a parlare.
Con il terrore che mi dica di lasciar perdere.
Che mi dica di andarmene e di non infastidirlo mai più.
Lui prosegue il suo discorso.
Con la voce distaccata, quasi atona.
Ma continua.
- "Se vuoi relazionarti con quella magia, se vuoi padroneggiarla, devi prima studiare le basi.
Devi avvicinarti a lei piano, con rispetto.
Conscia del suo potere e della sua pericolosità."
Il petto mi sta esplodendo per l'eccitazione.
Non mi ha cacciata.
Forse mi sta addirittura tendendo la mano.
E io non capisco.
Non riesco a intuire dove vuole arrivare.
Ho paura di fidarmi.
Di dargli anche solo la più piccola ragione per sbattermi fuori dal suo studio.
Ma decido di rischiare.
Alla fine io decido sempre di rischiare.
Elaboro piani, studio punti fermi.
E poi mando affanculo tutto, e seguo l'istinto.
Questa volta non mi comporterò in modo diverso.
È inutile che mi illuda di poter tirare ancora a lungo questa situazione sul limite del baratro.
- "Lei può insegnarmelo, professore?"
Sputo fuori le parole.
Quasi come se avessi paura di poterci ripensare.
Di poterle riprendere e tornare a farle soccombere nell'ombra.
E adesso sono terrorizzata.
E prego solo di aver interpretato il suo atteggiamento nel modo giusto.
Di non aver compiuto un passo falso.
Lui si alza dalla poltrona.
Si gira verso l'enorme libreria che fa da eterna quinta al suo mondo.
Sospira impercettibilmente mentre osservo la sua schiena sollevarsi al passaggio del respiro.
Si volta di scatto.
Mi trafigge il volto con lo sguardo.
- "Posso."
L'aria irrompe nella mia gola.
Mi sembra che un grosso sasso si sia appena spostato dall'imboccatura dei polmoni, permettendomi di tornare a respirare.
- "Ma non ho tempo da perdere, ragazzina!
Questa è una materia complessa, affascinante ed infinita.
Dovrai studiare!
Portare a termine le letture che ti darò nei tempi che io riterrò opportuni.
Non dovrai darmi modo di pensare che per te sia solo uno stupido gioco e, soprattutto, non dovrai fare niente di testa tua.
Perché al primo segnale negativo che mi arriverà, le lezioni si interromperanno immediatamente.
Sono stato sufficientemente chiaro?"
Figurati se non si doveva concludere tutto con una minaccia.
D'altronde lui è Severus Piton.
E non potevo immaginarmi niente di diverso.
In realtà tutto questo è già molto più di quello che mi sarei aspettata.
Molto, molto di più.
Mi alzo.
Temporeggio per un attimo.
Poi lo raggiungo.
Accanto alla libreria.
All'ombra di tutto il suo sapere.
Tendo la mano destra davanti a me.
In un gesto di coraggio che mi sorprende.
Fatto senza concedermi il tempo di pensarci troppo.
- "Chiarissimo professore."
Lui mi osserva per un attimo.
Poi sposta gli occhi sulla mia mano, protesa verso il suo copro.
La guarda con un disgusto malcelato.
Poi la stringe.
Con decisione.
Con una forza che mi inonda il corpo di brividi carichi di euforia.
Stacco la mano dalla sua.
Inaspettatamente così calda e liscia.
Infilo le dita nelle tasche troppo strette della gonna.
Resto ferma.
Lo osservo.
Faccio un respiro profondo.
Pronta a girarmi e a lasciare il suo studio prima che possa cambiare idea.
- "Ci vediamo domani sera, alle 9 in punto, nel mio laboratorio privato."
Annuisco.
Vorrei solo uscire da questa stanza e mettermi a saltare.
Mi volto.
Mi dirigo con passo spedito verso la porta.
La spalanco con forza.
- "Non farmene pentire, Granger!"
Lo sento sibilare freddo, prima di sparire nell'oscurità del corridoio.
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