20 - la chiave
Hogwarts
Corridoi del castello
23 novembre 1996, ore 9,40 A.M.
Hai appena cacciato sgarbatamente il ragazzino che ha osato bussare alla porta del tuo studio.
Non vedendoti a lezione, qualcuno ti ha mandato a cercare.
E tu gli hai scagliato addosso uno sguardo gelato.
Insieme alla tua buona dose di nervosismo e al tuo pessimo carattere.
Gli hai intimato di uscire immediatamente dal tuo ufficio.
Hai sbuffato.
Poi hai preso ancora una volta la mia mano, e mi hai trascinata fuori dalla stanza.
E adesso percorriamo i corridoi.
Con le dita incrociate.
Fregandocene degli studenti.
E dei professori che ci guardano con gli occhi pieni di domande.
Tu sempre davanti.
Io sempre a saltellarti dietro.
Osservando le tue spalle, dalle quali il mantello nero ondeggia come una nuvola carica di pioggia.
Superiamo aule, scale e portoni.
Raggiungiamo i due gargoille di pietra che annunciano l'ingresso dello studio di Silente.
Sussurri qualcosa a denti stretti.
Le due statue cominciano la loro danza immobile, rivelando la piccola scala che conduce alla torre.
Mi poggi una mano sulla schiena.
Mi esorti a salire il primo gradino.
Io lo faccio.
Ancora frastornata ed incredula.
Lascio che tu mi conduca come se fossi un fantoccio di pezza, incapace di prendere alcuna decisione.
Salgo i gradini.
Ho il fiato corto e le gambe indolenzite.
Raggiungo la porta di mogano, aggredita dallo scorrere delle stagioni.
Avverto la tua mano superare la mia spalla.
La avverto spingere violentemente il legno tarlato.
La spalanchi.
Il vecchio preside si riscuote con un balzo.
Abbandona la lettura del grande libro a cui sta dedicando il suo tempo.
Ci osserva con un misto di stupore e rimprovero.
Ed io mi perdo per un attimo in quei due piccoli occhi azzurri, invecchiati dalle preoccupazioni e dalle responsabilità, seminascosti da un paio di occhiali a forma di mezza luna.
Non sono in grado di parlare.
Forse nemmeno di pensare.
Mi sento impotente davanti agli eventi.
- "L'ho trovato, Albus!"
La tua voce si moltiplica sulle pietre, si perde nei libri.
Inonda ogni cosa intorno.
Silente si alza di scatto.
Ti raggiunge.
Con una facilità che le sue gambe datate sembravano non potergli concedere.
Squadra il tuo viso per un tempo che a me sembra durare una vita intera.
Poi dischiude le labbra.
- "Puoi ripetere, Severus..."
Tu mi fai scivolare una mano sulle spalle, in quello che sembra essere un timido abbraccio.
Ti guardo dritto negli occhi.
Mi sorridi.
- "Posso, Hermione?"
Le chiedi con gentilezza.
Poi corri con le dita a raggiungere l'allacciatura della camicetta.
Liberi i tre bottoni proprio sopra al seno.
Io resto immobile, cullata dalle tue mani che sembrano l'unica cosa ancora in grado di farmi sentire al sicuro.
Afferri delicatamente il colletto.
Me la lasci scivolare sulle spalle.
Il simbolo dorato luccica stancamente, aggredito dai raggi del sole che filtrano dalla finestra.
Di colpo nello studio regna il più totale silenzio.
Nessuno osa muoversi.
Persino io.
Resto ferma, con la schiena quasi nuda, dove sento il bruciore di due paia di occhi che mi studiano come se fossi un animale sconosciuto.
- "È il simbolo... linee concentriche solcate da astri intrecciati..."
La voce di Silente è solo un bisbiglio.
Avverto le tue dita che, con gesti delicati, mi riportano la camicia sulle spalle.
Mi volto piano.
Cerco di sorridere con quel briciolo di controllo che ancora riesco a concedermi.
Lo sguardo di Silente è carico di fiamme, vibra come l'acqua increspata dai sassi, lanciati dai bambini sulla spiaggia.
- "Come hai fatto a trovarlo, Severus?"
Non c'è accusa nei suoi accenti.
Non c'è rimprovero.
C'è solo una curiosità irrefrenabile.
Un'eccitazione palpabile.
- "Questa è una storia che ti racconterò più tardi, Albus!"
Tremo impercettibilmente.
Stringo meccanicamente la tua mano, senza concedermi il tempo di riflettere.
Mentre lo sguardo di Albus saetta velocemente dai nostri occhi alle dita intrecciate, per poi tornare ad inondare il tuo volto.
- "Molto bene, non ha importanza!
Adesso dimmi se hai trovato la chiave, Severus!"
Lo guardi per un attimo.
Hai gli occhi immobili.
Di colpo cominci a parlare.
Con la tua voce profonda.
Lasciando che vibri nella stanza dagli alti soffitti di travi di legno.
- "Chi possiede il simbolo possiede la chiave...
È Hermione la chiave, Albus!"
Silente sembra non capire.
Osservo il suo sguardo indugiarmi sul volto, alla ricerca di qualcosa che si ostina a sfuggirgli.
Abbassa gli occhiali sulla punta del naso.
- "Dimmi Severus, come può darci una mano questa deliziosa ragazza? Temo di non capire..."
Cerchi frettolosamente qualcosa nel mantello.
Con gesti attenti estrai la pergamena elfica.
La srotoli lentamente.
Raggiungi con grandi passi la scrivania di Silente, ingombra degli oggetti più curiosi.
Ti fai largo tra le boccette, gli alambicchi, le piume d'oca e quelli che sembrano essere tanti piccoli orologi d'argento.
La distendi sul tavolo.
Poi mi guardi.
Con gli occhi carichi di fiamme, pervasi di un'immobilità irreale.
Mi avvicino piano.
Il passo ancora incerto.
Lo sguardo ancora incredulo, nel scoprirmi qualcuno che non sapevo di essere.
Stringo le palpebre.
E comincio a leggere.
- "E arriverà il giorno in cui il male soffocherà il cuore degli uomini.
Il giorno in cui le speranze sembreranno perdute.
E in quel giorno, all'inganno di anni, toccherà l'ingrato compito di convincerlo, una volta ancora.
Le follia del vecchio mago dovrà essere assecondata.
E quella richiesta assurda dovrà trovare una risposta.
Ed al servo con due facce si squarcerà il petto, quando dovrà trasformarsi ancora una volta in ciò che rifugge da sempre.
Abbandonando la sua posizione incerta, il suo nascondiglio nell'ombra.
Schierandosi, con l'unico gesto capace di fugare ogni dubbio.
Il servo più fedele possederà la forza.
Il servo più infedele conoscerà la via.
L'unico in grado di porgli fine.
L'unico in grado di scagliarglielo negli occhi senza destare sospetto.
Nel giorno in cui il male crederà di aver vinto, solo in quel giorno, potrà essere sconfitto.
E quel giorno arriverà.
Cinquecentosettantotto giorni dopo la scoperta del simbolo.
L'unico erede vivente dell'antico popolo gli infonderà la forza.
L'unico erede vivente farà scorrere la magia dalle sue mani.
In una casa diroccata.
Ai confini del bosco.
Sullo specchio del lago.
E con quelle stesse mani la pozione verrà distillata.
Dove magia e conoscenza si incontreranno, nascerà l'essenza che renderà diverso l'incantesimo.
Solo colui che avrà asciugato gli occhi, che avrà di nuovo fatto librare l'anima, che avrà sentito dopo tanto tempo il battito del suo cuore, per poi vederlo soffocarsi ancora una volta sotto il peso del tormento.
Solo egli potrà compierlo.
Con la pozione nelle vene e la giustizia scavata negli occhi.
Con lo stesso incantesimo che gli avrà frantumato l'anima.
Da cui scaturirà una luce diversa, del colore del mare in tempesta.
Per rinascere, ad egli, sarà necessario morire dentro, ancora una volta."
Alzo gli occhi.
Ho il fiato corto.
Ancora incredula di poter lasciar scorrere lo sguardo con tanta facilità su queste lettere che pensavo sconosciute.
Ti osservo.
Tu mi rispondi immobile.
In quel tuo modo di distaccarti dagli eventi che ti ho sempre invidiato.
Di cui sei riuscito a farmi innamorare.
E ho paura.
Perché le lettere sono chiare, ma le parole sconosciute.
E sono parole che parlano di follia, di morte e di tormento.
E io mi sento piccola, sempre più piccola, sotto il peso di questo mistero che ho sempre bramato di scoprire.
Di questa conoscenza che ho anelato per tutta la vita.
E che adesso mi terrorizza.
Fai saettare i tuoi occhi neri in quelli liquidi di Silente.
Lui osserva il mio volto arrossato, accarezzandosi la lunga barba bianca.
Una strana luce gli possiede lo sguardo.
Come se nel suo cervello stessero vorticando ad un ritmo incredibile milioni di idee sconnesse, cercando un punto di incontro.
Nessuno osa parlare.
Anche l'aria rimane immobile, arrestando per qualche minuto l'eterno vorticare della polvere che si accende da sempre ai raggi del sole, in questa stanza nascosta nella torre più alta, ad osservare il mondo da una prospettiva irreale.
Il fiato mi manca, il respiro si accorcia.
E sento la forza abbandonarmi le gambe.
Mentre la voce di Silente rimbomba sulle pietre.
- "Severus... devo parlarti!"
Nota dell'autrice: scusate, scusate, scusate!
Sono in ritardo, lo so. Ma ho finito adesso.
Grazie a tutti per le stelline e per i meravigliosi messaggi che continuate a scrivermi.
Alla prossima puntata...
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top