LA PRINCIPESSA
Kores era certo di averla abbattuta. Era una ragazzina così esile, così sognatrice. Era un compito semplice. Fin troppo, forse. Come rubare un giocattolo a un bambino. Non appena la vide comprese che sbagliava.
Ballava in quella pelle d'un bianco accecante, le ali rosse dietro di sé. Ballava, ballava, ballava. Sotto la luce della luna. Era così bella. Un incanto. Le labbra tanto rosse da sembrare insanguinate.
Si fermò, ammirato. Forse non era la ragazzina che aveva creduto. Ci volevano coraggio, determinazione, forza per reagire così.
La porta della casetta in cui viveva era aperta. Kores spostò lo sguardo, sbirciò dentro, vide il suo letto. Una bara rubata chissà dove. Gli ricordò una visita a Parigi, in un locale in cui le ballerine si fingevano vampire.
-Che ci fai qua?- Ofelia lo fissò, il broncio su quelle belle labbra.
-Sono venuto a vedere se ti arrendi-
-Allora ripassa, ti sembro una che sta per arrendersi?-
-No, decisamente no, ma io non sono tipo che perde le speranze-
Passava il tempo. Ofelia aveva imparato a nascondere le ali sotto ampi abiti. Sapeva come calmare la sete. Ballava, cantava, leggeva, scriveva. Faceva molte cose. Kores passava ogni tanto, l'eterna promessa di libertà sulle labbra.
-Aspetto il vero amore- gli rispondeva lei, attenta a non mostrare mai la disperazione. Non voleva che lui sapesse quanto si sentisse sola, dimenticata, triste. Non voleva che lui comprendesse d'aver vinto, d'averla condannata a una vita che odiava.
Gli anni scivolavano via. Una volta, stufa della sua vita così monotona, si unì perfino a un gruppo di circensi. Fu con loro che visitò Parigi, Venezia, Londra. Si sentì quasi una ragazza normale. Poi i suoi conoscenti cominciarono a invecchiare. Ofelia invece rimaneva giovane, la pelle bianca e tesa, i capelli folti e scuri. Comprese che era ora di andarsene. Kores l'aveva maledetta con l'immortalità e questo non le permetteva di vivere una vita normale. Tornò alla sua vecchia casa e lì Kores l'attendeva.
-Hai visto il mondo?- se ne stava seduto sulla soglia, un riso crudele sul viso. L'ennesimo scherzo.
-Non è questa gran cosa- si lasciò scivolare a terra, l'abito rosso che si macchiava d'erba. -Preferisco questo posto-
-Contenta tu- Kores si alzò e le andò incontro. Era maestoso, una creatura fatta d'ombre. Ofelia non poteva, nonostante tutto, fare a meno di ammirarlo. Forse lo temeva anche un po'.
Passarono mesi prima che tornasse. Era una sera in cui la luna bagnava ogni cosa con la sua luce argentea. Una di quelle sere in cui ogni sogno poteva realizzarsi. Kores si fermò. Era tornato prima di quanto avrebbe dovuto, ma Ofelia cominciava a essere qualcosa di più di un dovere per lui. Attraversò il suo giardino, inspirò il profumo intenso delle rose e dei gigli, salì il gradino della soglia e...
-Oh, sei sempre il solito- una risatina. La sua risatina.
-Ti sogno ogni notte-
Lo stomaco gli si capovolse. Che stava succedendo? Spalancò la porta, la rabbia che lo scuoteva.
Ofelia era contro il muro, un giovanotto che le teneva le mani sui fianchi. Fu come se il mondo gli fosse crollato addosso. Come la volta in cui era finito in un lago ghiacciato. Strinse i pugni, una sensazione fastidiosa a cui non sapeva dare un nome lo scuoteva. Cosa ci faceva quell'insulso ragazzotto, di certo un campagnolo, con la sua Ofelia? Lo guardò. Era vestito di marrone, con tessuti poveri. Si voltò verso di lui, presuntuoso mortale in vestiti di seta, con aria infastidita.
-E tu chi sei?-
-Mio fratello- Ofelia sorrise, un'attrice. Dov'era finita la ragazzina timida di un secolo prima?
-Non mi avevi detto di avere un fratello-
-Non me lo avevi chiesto... credo che io e mio fratello ora dobbiamo parlare- gli scioccò un bacio sulla guancia. -Noi ci vediamo più tardi-
Il ragazzo arrossì, si allontanò, uscì.
-Sei sprecata con lui- Kores inspirò a fondo e cercò di calmarsi. Perché era così nervoso?
Ofelia rise, quella sua risata che sembrava la brezza tra gli alberi. -Sembri un uomo geloso- si spazzolò con le mani l'abito blu.
-Non sono geloso... come potrei esserlo di un'umana?-
Ofelia fece spallucce. -Chi lo sa?-
-Umani... siete formiche, lo sai?- strinse i pugni, desideroso di colpire. Era furioso. Con lei, perché lo faceva sentire così. Con sé stesso, perché le permetteva di ferirlo.
-Beh, sì, ma di talento se tu continui a bazzicarmi intorno-
Come amava quel suo modo di rispondere e di sorridere! Come amava lei.
Il giorno seguente Kores tornò. Non sapeva perché. Forse voleva controllare se c'era quel ragazzo. Non gli piaceva, poteva essere pericoloso. Per lei, per lui, per loro. Quale loro? Non c'era un loro. Forse però un loro c'era.
Non c'era un codice di comportamento da usare con i propri clienti.
La ragazza se ne stava seduta su un tronco, lo sguardo perso tra i suoi fiori. Quei fiori che le piacevano così tanto. Una speranza a cui aggrapparsi. Avrebbe dovuto toglierle anche quella. Con Ofelia però le cose seguivano un loro ciclo.
Le si sedette accanto, si allungò, le prese una ciocca di capelli. -Non posso negare che tu sia incantevole-
-Bugiardo- Ofelia abbassò gli occhi, le pupille dilatate, le labbra socchiuse. Kores le accarezzò con la punta dell'indice e si godette il suo rossore. -Ti odio-
-L'odio è un sentimento strano, è legato all'amore-
Fu così che si baciarono per la prima volta.
Il suo tocco le metteva i brividi. Ofelia non aveva ancora capito se in senso buono o cattivo. Sapeva solo che le piaceva quando la baciava. Le faceva venir voglia di ballare, cantare, ridere. Da quando non provava più queste sensazioni? E sapeva che era sbagliato. Perché Kores era colui che l'aveva resa un mostro. Era il motivo per cui si guardava allo specchio e si odiava.
Kores si presentava ogni giorno, carico di doni. Abiti, gioielli, trucchi. Le arredò la casa con divani di velluto e armadi enormi. Le diede insomma tutto quello che voleva. Non doveva neppure più preoccuparsi di cercare delle vittime. Bottiglie contenenti un liquido vermiglio venivano consegnate da esseri invisibili ogni mattina
Era iniziata una nuova fase della loro vita. Ofelia ne aveva paura. Temeva che qualcosa sarebbe andato male. Non voleva però nemmeno rinunciarci, perché le costava ammetterlo, ma non si era mai sentita tanto bene.
Accadde un pomeriggio. Fu un fulmine in un giorno di sole. Imprevisto come un terremoto. Impetuoso come un uragano.
-Mi chiedo come possa non arrenderti-
Ofelia provò un brivido di ghiaccio. Gelo. Qualcosa che non tornava. Lo guardò. -Cosa vuoi dire?-
-La chiami vita questa? Vivi in una baita- Kores fece una smorfia, una gamba che pendeva dal bracciolo della sedia su cui era buttato. -Questa non è vita, non può esserla- allargò le braccia. -Che posto è?-
-Questa è casa mia, mi hai ridotta tu così- la rabbia le pulsava nelle vene. Come poteva parlarle in questo modo?
-Sei tu che me l'hai chiesto, sei tu che non ti arrendi- imprecò, il corpo teso.
-Quindi questo era un altro piano? Starmi vicino per farmi arrendere?-
Kores sgranò gli occhi. -Ma che dici?-
Ofelia aveva sentito abbastanza. Non poteva resistere un istante di più lì con lui. Con quel mostro! Uscì e lasciò che la porta sbattesse dietro di lei. La pioggia le colpì il viso. Uno schiaffo. Barcollò, proseguì. Non poteva fermarsi. Non voleva fermarsi.
-Aspetta- Kores la superò ciocche nere su quel viso tanto bello da essere impossibile. Perché lui era una creatura impossibile. Un sogno o un incubo.
-Non aspetto niente- singhiozzò.
Kores l'afferrò per i polsi. Ofelia si divincolò, urlò, pianse. La pioggia cadeva su di loro, bruciava, mordeva. Nessuno dei due però sembrava farci caso.
-Ti odio, ti odio, ti odio- ma le sue parole avevano il metallico sapore della bugia. Oh, un tempo lo aveva odiato. Molto. Ora però era diverso. Kores non era più il mostro di un tempo, non solo. Era il ragazzo che amava. Era colui che le aveva aperto il cuore. Lo aveva diviso, con una lama invisibile.
-Mi odi?- Kores urlò, un urlo tagliente come una lama.
-Ti odio!-
-Sei una bugiarda, la sei sempre stata- l'attirò a sé. Ansimò, il respiro contro di lei. E poi successe. Un bacio. La tempesta che scuoteva ogni cosa. Era un bacio... diverso.
Ofelia si sentì diversa. Leggera, tremante, umana.
Il bacio di vero amore, eccolo lì, da chi meno se lo aspettava. Traballò, le ginocchia molli, la testa che le esplodeva. Kores la sollevò.
Ofelia cedette, languida, si sentiva composta d'acqua. Lasciò che lui la prendesse in braccio, che la portasse dentro la casa.
Un paio giorni dopo chiunque fosse passato davanti alla baita avrebbe visto un cartello.
Siamo chiusi per nozze, non si sa quando torneremo, probabilmente viaggeremo per il mondo. Non aspettateci, stiamo vivendo la nostra fiaba.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Grazie per aver letto questa piccola fiaba. Spero che vi sia piaciuta. Fatemelo sapere con un commento/voto.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top