4- Storia di una vita passata (p.3)

Wei Wuxian sbiancò, imprecando tra i denti.
«Lan Zhan!» esclamò, mentre uno strano terrore cominciava a percorrergli la schiena.

«Lan Zhan, davvero, non ce n'é bisogno!» provò di nuovo, quando l'altro lo ignorò.

I membri della Scuola Lan erano sempre più numerosi, e avevano cominciato a bisbigliare tra di loro.
Perfino i discepoli con cui Wei Wuxian era stato fino a poco prima erano presenti, e curiosi di sapere.

Lan XiChen non era affatto convinto che ciò che stava accadendo fosse giusto, ma non poteva fare altro che rispettare le decisioni del fratello, mentre osservava con apprensione Wei Wuxian.

Quest'ultimo stava seriamente contemplando l'idea di gettarsi sull'anziano pur di farlo tacere.

«Lan Zhan, Lan WangJi, davvero, lascia perdere.» disse di nuovo, incapace di muoversi.

Vedere Lan Zhan così rigido e teso gli stava facendo male al cuore, e poteva solo immaginare come si sarebbe sentito se il qianbei avesse continuato a parlare.

Non voleva fargli rivivere quei momenti.
Non voleva nemmeno che lui stesso li rivivesse.
Era una storia di una vita fa, che bisogno c'era di rinvagarla ora?
Perché soffrire ancora?

«Lan Zhan! Non c'è alcun bisogno di sentire qualche leggenda, ce ne sono a bizzeffe, se esci da Gusu ne sentirai di migliori. Posso raccontarti anch'io un mucchio di storie, perché sentire proprio questa? Perché invece non...mmmmh? Mmmh? Mmmmh! Mmh!» prima che Wei Wuxian potesse finire di persuaderlo, Lan Zhan lo silenziò.

I bisbigli aumentarono.
Wei Wuxian cominciò a tremare impercettibilmente, ma non poteva sciogliere l'incantesimo.
Lan XiChen era più preoccupato che mai.

E HanGuang-Jun, invece, era ancora immobile, come se non avesse scatenato il panico e silenziato il suo compagno.

Si rivolse nuovamente all'anziano:«Continuate.» ripeté, con una sfumatura gelida nella voce.

Wei Wuxian capitolò, arrendendosi.
Voleva andarsene.
Voleva scappare e sparire dalla faccia della terra, eppure al tempo stesso non aveva il coraggio di voltarsi, non poteva lasciare Lan Zhan da solo ad ascoltare tutto.

Si prese il viso fra le mani, chiudendo gli occhi e rassegnandosi all'inevitabile.

L'anziano riprese a parlare, e Wei Wuxian fu sicuro di non essersi immaginato il tono soddisfatto dell'uomo.

«Come stavo dicendo, il Patriarca di Yiling era giovane, e aveva le mani pregne del sangue di moltissime persone. Quello del clan Jin, quello del clan Lan, e perfino quello del clan Jiang, il suo clan, anche quello della sua stessa shijie...»

Una smorfia contorse il viso di Wei Wuxian, che tentò di rimuovere il viso ormai morto della sua shijie dalla mente.
Le lacrime premevano contro le sue palpebre.
Non avrebbe aperto gli occhi, non avrebbe tolto le mani dal viso.

Lan Zhan li aveva costretti a rivivere tutto, e Wei Wuxian sapeva che avrebbe fatto male.
Stava parlando di una vita che non gli apparteneva più, ma che era stata sua, e che era stato lui.

Sì, aveva le mani sporche di sangue.
Sì, aveva provocato più male di quanto potesse pagarne.
Aveva provato a redimersi, aveva provato a dare il meglio di sé, eppure quelle voci e quei crimini ancora lo tenevano sveglio la notte come fantasmi, come ombre bisbiglianti che oscuravano la sua vista quando chiudeva gli occhi.

E se si accoccolava con il petto di Lan Zhan e non riusciva a prendere sonno minimo fino all'una, non era solo perché il suo ciclo notturno era fatto così, ma perché ogni sera, ogni notte, ogni volta che si trovava da solo con sé stesso, doveva lottare contro quelle ombre.

E doveva vincere ogni volta, per sopravvivere e arrivare al mattino dopo col suo solito sorriso e la sua solita voglia di scherzare.

«...quando siete tornato a Gusu dai Colli dei Sepolcri, il Patriarca di Yiling era vivo. L'avevate salvato voi, HanGuang-Jun, dovreste saperlo meglio di me. Ma improvvisamente si diffuse la notizia della sua morte, e, come stavo dicendo prima, il Maestro Jiang non sarebbe mai riuscito ad ucciderlo, benché guidasse la spedizione. Pensateci: ai Colli dei Sepolcri rimase solo un giovane, con le mani sporche di sangue e migliaia di vite sulla coscienza, senza più nient'altro - nient'altro davvero: sua sorella morta, il fratello che lo odiava, il clan Wen con cui si era alleato distrutto, perfino voi, HanGuang-Jun, ve ne eravate andato- che la sua vita. E quanto valore aveva, ai propri occhi, la sua stessa vita?»

L'inevitabile conclusione di quella storia si stava avvicinando.
Wei Wuxian percepiva il pesante silenzio gravargli sulle spalle e schiacciarlo: stavano tutti collegando i tasselli, stavano tutti seguendo il filo di quei pensieri.

Wei Wuxian sapeva che Lan WangJi stava facendo lo stesso.
Sapeva che in quel momento Lan Zhan stava rifiutando di credere alle parole che gli venivano dette, stava rifiutando di concepire il pensiero intrapreso una vita fa da Wei Ying.

Sopprimendo l'istinto che gli ordinava di rimanere immobile, con gli occhi chiusi e il viso coperto, Wei Wuxian scostò le mani e alzò il volto per cercare Lan Zhan: aveva bisogno di fargli vedere che nonostante ciò che era accaduto in passato, in quel momento lui era lì, vivo.

Ma la maschera di sgomento che stravolgeva i lineamenti perfetti di Lan Zhan gli fece desiderare di non essersi mosso.
Gli si riempirono gli occhi di lacrime a vederlo lì, composto, immobile, pallido e sconvolto.

L'anziano qianbei si voltò verso Wei Wuxian, stavolta con sguardo grave.
Trattennero tutti il fiato quando anche HanGuang-Jun si voltò, e i suoi occhi incrociarono quelli del compagno, già pieni di lacrime.

«Rispetto al migliaio che aveva preso, quanto valore aveva, ai propri occhi, la sua stessa vita?» ripeté l'anziano.

E Wei Wuxian, ripercorrendo quei tragici attimi in cui era arrancato tra la tempesta di traumi nella sua mente, in cui aveva impiegato ogni briciolo della sua volontà rimasta per non perdere il controllo sui cadaveri, rispose:«Nessuno.»

Ancora sentiva la durezza del coltello - il coltello che era usato per tagliare la carne da portare a tavola e mangiare tutti insieme, il terribile e temuto Patriarca di Yiling insieme ai cani Wen- nella sua mano, ricordava il proprio respiro affannoso mentre chiedeva perdono ancora, e ancora, e ancora, sapendo che non sarebbe stato abbastanza.

E ricordava il freddo bacio del metallo contro il suo collo, aveva il ricordo sbiadito di vaghe sensazioni di dolore, che comunque non erano maggiori al dolore che abitava nel suo cuore, e poi più nulla.
Fino a quando Mo Xianyiu non aveva ceduto il suo corpo, ed era tornato a vivere.

Le guance di SiZhui erano rigate di lacrime, e anche JiangYi stava singhiozzando, insieme a qualche altro discepolo della Scuola.
Lan XiChen era sgomento e terribilmente pallido, il suo sguardo che saettava dal fratello a Wei Wuxian, che tentava in tutti i modi di trattenere le lacrime impigliate tra le ciglia.

Il Clan Lan di Gusu tratteneva il fiato, chi piangendo silenziosamente, chi non sapendo nemmeno che dire, tutti troppo sconvolti per fare qualsiasi cosa che non fosse pensare a come era morto il Patriarca di Yiling.

E Lan Zhan, che si era fatto raccontare la storia di come il suo amore era davvero morto, che non aveva tradito il minimo accenno di espressività (o almeno, così pareva a chi non lo conosceva bene), si alzò da terra e, senza guardare nessuno, senza dire nulla, se ne andò.

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