38- Storie di un rapimento (p.3)
Lan WangJi era sempre più teso: Wei Wuxian era sparito da troppo tempo con quella ragazza, e lui stava cominciando ad insospettirsi.
«Lan JingYi, hai visto Wei Ying?» si costrinse a chiedere al suo discepolo, che fino a pochi istanti prima stava bisticciando con Jin Ling.
JingYi alzò lo sguardo su HanGuang-Jun, perplesso, scuotendo il capo:«No, ma anche SiZhui è andato a cercarlo.» gli rispose.
«Non è con voi, HanGuang-Jun?» si intromise Jin Ling, le sopracciglia aggrottate, confuso.
Lan WangJi scosse il capo, lasciando i due giovani di stucco: da quando HanGuang-Jun lasciava Wei Wuxian senza sapere esattamente dove fosse? Cosa era successo?
Proprio quando JingYi aprì bocca per parlare, un trambusto attirò l'attenzione del trio.
Videro SiZhui affannarsi verso di loro, gli occhi sgranati, pallido:«HanGuang-Jun!» stava cercando.
Si precipitò da lui, concitato:«HanGuang-Jun, c'è qualcosa che non va.»
«Che intendi dire?»
«Wei qianbei... è sparito!»
Lan WangJi posò la mano sulla spalla del giovane, mentre una morsa gli stringeva lo stomaco.
«Sparito?» ripeté, la gola arida.
«Non lo trovo da nessuna parte...e ho trovato questo fuori.» SiZhui gli porse un fazzoletto: già dall'odore Lan WangJi capì che era imbevuto di un tipo di erbe narcotiche.
Ma ciò che gli diede il colpo di grazia fu ciò che SiZhui teneva nell'altra mano: un raffinato nastro rosso. Il nastro che lui aveva comprato.
Lan WangJi analizzò nuovamente il modo in cui quella ragazza si appiccicava a Wei Ying, il suo spasmodico bisogno di portarlo fuori, lontano da lui.
E lui, che lo aveva lasciato andare. Che gli aveva detto di andarsene.
«HanGuang-Jun! HanGuang-Jun!» i ragazzi lo stavano chiamando, facendolo uscire dal suo stato di trance.
«HanGuang-Jun, che possiamo fare?» chiese Jin Ling, mentre SiZhui era aggrappato alle sue vesti, in preda al panico dopo aver intravisto l'espressione di spavento sul viso di Lan WangJi.
«Andró a cercarlo.» li rassicurò HanGuang-Jun, mentre il suo cuore batteva forsennatamente.
Si allungò per prendere il nastro rosso dalla mano di SiZhui, e lo strinse tra le dita.
Senza dire più nient'altro, si voltò e uscì dalla sala, immergendosi nella notte.
Wei Wuxian, intanto, si svegliò con un senso di nausea disorientante.
Sentiva aleggiargli attorno ancora quell'odore speziato e dolciastro.
Si tirò a sedere, prendendosi la testa tra le mani e cercando di mettere a fuoco lo spazio attorno a sé, capendo di trovarsi in una stalla.
Perché ogni volta che si svegliata dal buio, si ritrova in una stalla?
I suoi vestiti erano sporchi di terra, e i suoi capelli erano sciolti, sicuramente arruffati: questo significava che era riuscito a lasciare il suo nastro al banchetto.
«Vi siete svegliato, Wei gongzi?» una voce conosciuta emerse dalle tenebre, facendolo spaventare.
«Oh porca miseria, A-Xin, mi hai quasi ucciso per lo spavento.» imprecò, non con la sua solita giocosità.
Sapeva di essere stato raggirato e di essere caduto nella sua trappola, eppure non vedeva perché mostrare la sua fragilità in quella situazione: ricorrere allo scherzo e al sarcasmo era la strada più semplice, anche se forse non la più sicura.
«Non vi lascerò morire, Wei gongzi: ve l'ho detto, ci serve il vostro aiuto.»
«Non sono così capace come credi, A-Xin. Dove mi hai portato? Se me l'avessi chiesto gentilmente, sarei venuto ugualmente.» le fece presente, con una nota di disprezzo.
«Vi ho portato in un posto in cui HanGuang-Jun non vi possa trovare.»
Wei Wuxian si scostò i capelli dal viso, un ghigno a piegargli le labbra:«HanGuang-Jun mi troverà ovunque io vada, A-Xin. Non esiste posto dove lui non possa trovarmi.»
Quella era la sua unica certezza: non sapeva dov'era, non sapeva cosa volevano da lui, non sapeva se l'avrebbero ucciso o meno, ma sapeva che Lan Zhan l'avrebbe trovato, vivo o morto che fosse.
Forse meglio vivo, però.
La porta della stalla si aprì all'improvviso, rumorosamente: la luce della luna illuminò appena l'ambiente interno, ma non c'era nulla da vedere, lì dentro.
Dalla porta entrò una figura massiccia, sulla spalla una mazza chiodata, il viso in ombra.
Wei Wuxian fu sul punto di sgranare gli occhi, stupito dalla mole di quella persona.
«Signorina Yu, dobbiamo portarlo fuori?» chiese l'omone.
A-Xin lanciò un'occhiata all'espressione interessata di Wei Wuxian: sembrava che il giovane fosse piacevolmente intrattenuto dalla piega presa dalla situazione, e non mostrava il minimo cenno di paura.
Lei sospirò, annuendo.
L'omone agguantò il Patriarca di Yiling in modo brusco, e lo spinse fuori senza alcuna gentilezza:«Ouch, gongzi, non trattare così questo fragile corpo. Si spezza come nulla, sai? Non vi servirebbe a nulla il mio mucchietto di ossa.» si lagnó l'altro, liberandosi dalla presa.
A-Xin poteva vedere che i suoi occhi stavano scintillando come miccia, e non credette nemmeno per un istante a quel suo lamento infantile.
«Wei gongzi, vi prego di non opporre resistenza: non vorremmo davvero uccidervi, ma ho paura che saremo costretti a farlo, in casi estremi. »
«Sono già morto una volta, cara A-Xin.» le ricordó Wei Wuxian, e nel suo tono di voce c'era una nota vagamente minacciosa.
A-Xin non rispose, e si limitò a seguire l'omone verso una casetta dalle cui finestre usciva una tenue luce.
L'omone spalancò la porta e spinse dentro il Patriarca di Yiling, seguendolo insieme ad A-Xin subito dopo.
Wei Wuxian si guardò attorno: la casa ospitava una sola stanza, con un vecchio tavolo di legno e qualche coperta ammassata in fondo alla camera.
Al tavolo era seduto un ragazzo emaciato, sporco, tra le braccia teneva un bambino di tre anni o forse meno.
Quella visione gli ricordò in maniera spaventosa A-Yuan.
«Wei gongzi.» lo salutò rispettosamente, chinando il capo.
«Wei gongzi, questo è tutto ciò che rimane della mia Scuola.» intervenne A-Xin, indicando con un gesto sé stessa, l'omone e il giovane.
Wei Wuxian non riuscì a nascondere lo stupore:«Cosa è successo?»
«Ci hanno invaso durante la notte: erano barbari, e riuscivano a controllare gli spiriti maligni. Ci hanno sopraffatto, non siamo riusciti a fare nulla: il nostro è un clan minore, non eravamo abbastanza, siamo sopravvissuti solo perché siamo riusciti a scappare. Abbiamo chiesto a chiunque di aiutarci, ma ci hanno rifiutato e ci hanno mandato via, pensando fossimo mendicanti. Non sapevamo a chi altro chiedere.»
«Quindi, per esattezza, cosa volete da me?» chiese Wei Wuxian, compatendoli suo malgrado.
«Voi siete il Patriarca di Yiling, potete controllare quegli spiriti. Aiutateci, Wei gongzi. Aiutateci a riprenderci le nostre terre, le nostre case, la nostra dignità. Vi preghiamo.»
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