29- Storia di una leggenda (p.4)

«Lan Zhan... sii più delicato...»
«Se la smetti di parlare.»
«Lan Er-gege, ti prego, ti prego, così mi fai male!»
«Wei Ying!»
«Lan Zhan, non sei affatto gentile, sei senza pietà!»
«Smettila di fare rumore.»
«Non ti piacciono i rumori che faccio? Però mi sembra che invece...—ahi! Lan Er-gege, fai piano, starò buono, davvero.»

Lan WangJi sospirò, il viso chiaro ma le orecchie rosse.
Sotto di lui, Wei Wuxian si stava ancora dimenando.

Dopo lo scontro con i cadaveri, Lan WangJi lo aveva riportato ai Meandri delle Nuvole, sanguinante e svenuto, e lo aveva spogliato per medicargli la ferita irregolare che gli squarciava il petto.

Tuttavia, Wei Wuxian si era svegliato all'improvviso, e aveva cominciato a provocarlo con gemiti sconnessi e sproloqui allusivi, che rimandavano a tutt'altro.
Stava per esplodere.

Fuori dalla finestra, la pallida luna illuminava la sera: il sole era tramontato da poco, e nessuno dei due aveva avuto un attimo di riposo.

Infine, il Patriarca di Yiling rimase in silenzio, aspettando pazientemente che HanGuang-Jun gli disinfettasse la ferita e la fasciasse: il suo tocco, in realtà, era delicato e pieno di cura, le sue mani non tremarono nemmeno per un istante.

«Lan Zhan.» lo chiamò dopo un po', gli occhi puntati su di lui.
«Mh.»
«Mi dispiace se ti ho fatto preoccupare. Ma i ragazzi erano in pericolo e non mi è venuto in mente metodo migliore.»

Lan WangJi alzò lo sguardo, fissandolo per qualche istante senza dire nulla, poi sospirando ed infine chinandosi su di lui, baciandolo dolcemente.
Quando si separò, la sua mano gli accarezzò il viso, paonazzo e sorpreso.
«Non farlo più.» gli sussurrò sulle labbra, baciandolo di nuovo.

Wei Wuxian provò ad approfondire quel bacio, gettandogli le braccia al collo e attirandolo giù verso di sé, dimentico del dolore e della ferita, ma Lan WangJi si tirò subito indietro:«Sei ferito.» gli ricordò, percorrendoli il petto nudo con la mano e accarezzando la fasciatura appena terminata, già macchiata di sangue.

Wei Wuxian si lamentò, senza lasciarlo andare:«Lan Er-gege, non curarti di quel graffietto! Non vuoi sentire le mie gambe che...—
«Wei Ying.» lo interruppe Lan WangJi, mettendogli la mano sulla bocca per farlo smettere di parlare.
Gli occhi di Wei Wuxian scintillarono maliziosi, e Lan WangJi sentì la lingua dell'altro accarezzargli lentamente il palmo della mano.

Quel malefico Patriarca di Yiling metteva a dura prova ogni giorno il suo autocontrollo.
Lan WangJi si alzò di scatto, allontanandosi da lui e dandogli le spalle, recitando mentalmente le quattromila regole del clan di Gusu.

«Lan Zhan! Torna qui, dai. Fa così tanto freddo senza te che mi riscaldi.»
Lan WangJi si voltò, suo malgrado attirato da quel lamento: Wei Wuxian era sdraiato sul letto, il petto scoperto e strettamente fasciato, un braccio pallido teso nella sua direzione, i capelli scompigliati e uno sguardo che era pura malizia.

Fece per rispondergli, ma prima che aprisse bocca un crescente vociare fuori dal jingshi lo costrinse ad aggrottare le sopracciglia.

«Gran Maestri, non potete entrare, davvero!»
«HanGuang-Jun si sta occupando della ferita di Wei gongzi, non potete!»
«É la loro stanza privata, che scortesia sarebbe?»
«Aspettate con il Gran Maestro Lan, vi spiegherà lui la situazione, lasciateli in pace!»
Le voci dei discepoli del clan erano quelle più forti, preoccupate ed infastidite.

«Lan Zhan, cosa vogliono?» il tono scherzoso era scomparso, e Wei Wuxian si costrinse a mettersi seduto.
Lan WangJi fu subito al suo fianco, un mano sulla sua spalla, pronto a sorreggerlo.
«Entrare.» gli rispose, lanciando un'occhiata alla finestra del jingshi.
«Non ci lasceranno in pace nemmeno per un attimo, vero? Facciamoli entrare, allora.» decise Wei Wuxian, appoggiandosi pesantemente al compagno e riuscendo ad alzarsi.

«Wei Ying, sei ancora ferito.»
«Non posso accogliere i nostri ospiti sdraiato a letto, ti pare? Che figura ci farei? Dov'è finita la mia veste?»

Lan WangJi gli porse i vestiti con un'espressione di profonda disapprovazione.
Wei Wuxian si limitò ad indossare la veste esterna per coprirsi almeno un minimo, la lingua tra i denti e la ferita che bruciava. Sentiva il sangue imbrattargli la fasciatura, ma quel che aveva detto era vero: come poteva accogliere i Gran Maestri che erano venuti per chissà quale motivo, mostrandosi ferito e sanguinante, senza più nemmeno un briciolo di forza?

Proprio mentre stava finendo di legarsi la veste, le porte del jingshi furono bruscamente spalancate, e nella stanza si riversarono vari cultori.
Dietro di loro, i giovani avevano espressioni che rasentavano il furioso: sembravano pronti a strangolarli.

Si immobilizzarono tutti quando videro il Patriarca di Yiling in piedi, pallido ma vivo, e alle sue spalle il solido HanGuang-Jun, decoroso come sempre, che aveva un braccio attorno alla sua vita, pronto a sostenerlo sia fisicamente che psicologicamente.
Si sentirono tutti immediatamente intimiditi.

«Cosa vi porta nelle nostre stanze private, Gran Maestri?» il primo a parlare fu, come al solito, Wei Wuxian, che non avrebbe risparmiato nessuno dalle sue frecciatine.

Sentiva già che la ferita appena ricucita si stava riaprendo, e conficcò le unghie nei suoi palmi, mantenendo un sorriso falso.

«Ma insomma, vi sembra il modo di irrompere nelle camere della gente?!» esclamò Jiang Cheng, raggiungendo gli altri Gran Maestri con un'aria oltraggiata, seguito da un'altrettanto infastidito Jin Ling.

SiZhui sembrò sollevato nel vederli: sapere che al fianco di HanGuang-Jun e Wei qianbei ci fosse qualcuno lo rassicurava.

Nessuno sapeva il motivo per il quale quei cultori avevano invaso all'improvviso i Meandri delle Nuvole, alla ricerca del Patriarca di Yiling, ma il giovane sapeva che non era nulla di buono.
Le mani gli stavano lievemente tremando, dentro le maniche, e osservava tutto con gli occhi spalancati: già una volta avevano reclamato la vita di Wei Wuxian, già una volta lo avevano ricoperto di odio, ingiurie e minacce, e Wei Wuxian aveva dato tutto.

Si era preso le colpe, gli insulti, il rancore, aveva dato la vita per ripagarli, eppure ogni volta che tirava fuori il suo dizi sembrava che non fosse stato abbastanza.
Quanto doveva soffrire per lavare via, col suo sangue, quello degli altri?

SiZhui incrociò lo sguardo di HanGuang-Jun, e vide che anche nei suoi occhi si riflettevano gli stessi suoi pensieri.

«Wei Wuxian, è vero che avete usato la coltivazione demoniaca stamattina?» chiese uno, coraggiosamente.
Il braccio di HanGuang-Jun si serrò attorno alla sua vita, e Wei Wuxian curvò le labbra in un sorriso sornione, pericoloso.

Ora non aveva più diritto neanche ad una forma di educato riconoscimento? Era da anni che non si sentiva chiamare direttamente per nome.

«Certo che è vero.» ripose tuttavia, pacato.
«Assurdo!»
«Terribile!»
«Indecente!» commentario tutti.

JingYi, dietro i Gran Maestri, aprì la bocca per parlare, ma la presa di SiZhui lo fermò: il suo sguardo era grave, preoccupato e al tempo stesso arrabbiato.

«Cosa c'è di tanto scandaloso in questo, Gran Maestri? Non sono forse anni che utilizzo questo metodo?» per salvare le vostre deprecabili vite?
«Abbiamo già stabilito che chiunque pratichi la coltivazione demoniaca avrà delle conseguenze. Sei stato tu a forgiare questa via corrotta, e sei stato tu a pagare. Ti chiediamo di smetterla subito se non vuoi che si ripeta ciò che è accaduto tempo fa.»

Tempo fa lo avevano accusato e condannato, avevano reclamato la sua vita e lui gliel'aveva data, carico di pentimento e dolore.
Fu chiaro a tutti che quella era una minaccia.



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