12- Storia di un matrimonio (p.4)

Dopo una sessione infinita di baci e carezze, Lan Zhan crollò addormentato: era un buon segno, perché significava che quando si sarebbe svegliato, sarebbe stato sobrio.

Wei Wuxian se lo caricò sulle spalle e lo portò nel jingshi, adagiandolo sul letto e poi uscendo.

Le parole di Lan WangJi gli frullavano nella testa, e non sembravano dargli pace.

Saltellando, estrasse il dizi e cominciò a rigirarselo tra le dita, dirigendosi verso uno dei fiumiciattoli presenti a Gusu.
Si liberò delle scarpe e piombò in acqua: il freddo gli lambiva la pelle scoperta, bagnando i vestiti, ma era troppo impegnato nel cercare di schiarirsi la mente per farci caso.

Si arrampicò su una roccia, lasciando i piedi a mollo e portandosi il dizi alle labbra: era uno strumento musicale, prima di esserne uno per il controllo demoniaco.

Cominciò a suonare una melodia, cercando di non pensare a Lan WangJi e alle sue parole.
Voleva solo far finta che nulla fosse successo, ed andare avanti.

«Wei Wuxian! Ecco dov'eri.» lo apostrofò qualcuno dalla voce conosciuta.
Allontanò il dizi e puntò lo sguardo in direzione della voce, dove individuò Jiang Cheng, la veste viola di Yunmeng e le braccia incrociate.

Gli sorrise: non poteva farne a meno.
L'altro alzò un sopracciglio, e lo raggiunse sul masso, ben attento ad evitare l'acqua ghiacciata.

«Jiang Cheng, non dirmi che ti mancavo!» esclamò Wei Wuxian con voce zuccherosa.
«No, idiota. Volevo sapere dove ti eri andato a ficcare. Perché non sei con HanGuang-Jun?» rispose l'altro.
Wei Wuxian non aveva voglia di pensare a Lan WangJi.
«Sta dormendo. Jiang Cheng, mi hai portato per caso un po' di vino? Ho lasciato il banchetto senza averne bevuto abbastanza.» cambiò discorso, tendendosi verso il Gran Maestro Jiang e circondandolo con un braccio.

L'altro si divincolò.
«Bevi troppo.» lo rimproverò.
«Non si beve mai troppo: si può bere solo troppo poco!»
«Questo è esattamente ciò che direbbe un ubriacone.»
Wei Wuxian rise fragorosamente, sotto la smorfia di disapprovazione di Jiang Cheng.

La sua risata sfumò lentamente, lasciandosi dietro un silenzio pesante: potevano fingere che tutto fosse normale, ma tra i due c'era un divario troppo grande.

«Non posso perdonarti.» lo informò Jiang Cheng, interrompendo quel silenzio, dandogli la schiena.
Wei Wuxian abbassò lo sguardo sull'acqua cristallina che scorreva, stringendo il dizi.
«Lo so.» rispose, atono.

Nemmeno si aspettava che lo facesse: suo fratello - quello che era suo fratello- era un tipo rancoroso, a volte molto vendicativo, e lui si era sporcato le mani di sangue e non aveva mantenuto promesse che per loro erano importanti.

«Ma non posso nemmeno odiarti.» continuò l'altro.
Un sorriso amaro curvò le labbra di Wei Wuxian: quello rendeva la situazione ancora più dolorosa.

Nonostante il sangue, gli sbagli, i crimini commessi e i tradimenti, erano ancora fratelli, e ancora si volevano bene.

Il legame tra loro era come una corda tesa e logora, rosicchiata dai topi, ma che ancora li teneva appesi l'uno all'altro.

«Ogni tanto ti manca? A-Li?» chiese Jiang Cheng, con un tono prudentemente neutro, dopo non aver ottenuto risposta all'affermazione precedente.

Wei Wuxian serrò la presa sul flauto.
«Ogni giorno.» esalò:«Lei...Shijie... c'è sempre stata per me.»

Ed era vero: anche quando aveva abbandonato il clan, anche quando aveva riesumato cadaveri e si era incamminato per la solitaria via della coltivazione corrotta, Shijie era rimasta silenziosamente al suo fianco, se non formalmente, almeno di fatto.

Anche quando aveva ucciso suo marito e aveva rovinato la sua felicità, lei era andato a cercarlo nel bel mezzo della battaglia.
Anche quando Wei Wuxian aveva perso il controllo, lei era riuscita a fargli riprendere le redini della sua coscienza.
Anche quando era stata uccisa, nel suo sguardo non c'era stata nessuna traccia di odio o rancore nei suoi confronti.

«Non ti ha mai odiato. Non ti ha mai voluto morto.» constatò Jiang Cheng.
«Tu sì.» replicò Wei Wuxian con un sorrisino, sempre senza guardarlo.
«Io sì.» confermò l'altro, senza rancore.

Era più facile parlare così: dandosi le spalle, evitando il contatto visivo e rinvagando tempi passati e perduti.

Smisero di parlare, e il silenzio calò nuovamente su di loro.
Una strana sensazione opprimeva il cuore di Wei Wuxian: nostalgia, forse, dolore, e quella marea di rimpianti che lo sommergeva ogni sera.

«Lan Zhan mi ha chiesto di sposarlo, ma era ubriaco.» le parole rotolarono fuori dalla sua bocca prima che potesse trattenerle.

Jiang Cheng si voltò repentinamente, sgranando gli occhi:«Cosa?!»

«Lan Zhan mi ha chiesto di sposarlo, ma era ubriaco. Probabilmente non se lo ricorderà nemmeno, quando si sveglierà.» ripeté.
Non sapeva perché aveva sentito il bisogno di dirlo.
«Ma tu sì.» gli ricordò Jiang Cheng.

«Ma io sì. Solo che non posso farci nulla: sono felice così come siamo adesso, un matrimonio è...una formalità.» sembrava che stesse cercando di convincere più sé stesso che Jiang Cheng.
«Tu lo vuoi.» notò l'altro.

Wei Wuxian non rispose: lo voleva eccome.
«Non posso neanche proporglielo io, sai. Lui è la seconda Giada del Clan Lan, il grande HanGuang-Jun. Io sono un criminale senza clan, senza potere spirituale, il creatore della coltivazione demoniaca e il forgiatore della via corrotta. Non potrei mai chiederglielo.»

Per Wei Wuxian era facile parlare, straparlare, sproloquiare, ma di solito non trattava di argomenti seri, non esprimeva i propri desideri o le proprie emozioni.
Si voltò verso Jiang Cheng, aspettandosi di scorgere un'espressione disgustata: il Gran Maestro Jiang, però, aveva solo un profondo stupore stampato sul viso.

Il matrimonio non era solo una formalità: tramite un matrimonio si creavano alleanze, si stabilivano limiti e si ponevano protezioni. Il matrimonio aveva anche uno scopo politico, e spesso non nasceva da un legame d'affetto.

Wei Wuxian aveva ragione: cosa poteva offrire ad HanGuang-Jun? Nulla, se non una pessima reputazione.
Eppure Jiang Cheng sapeva, da sua sorella, che un matrimonio fondato sull'amore era diverso, era sincero, non era mera alleanza, era una dichiarazione, una promessa eterna, un giuramento.

E Jiang Cheng vedeva quanto fosse importante per Wei Wuxian.
Non sapeva che dirgli.

«Non hai intenzione di tirare fuori l'argomento con lui?» gli chiese.
Wei Wuxian scosse il capo, scendendo dal masso e schizzandolo con l'acqua gelida:«Stiamo bene così.» rispose.

Jiang Cheng non gli credette nemmeno per un istante, non dopo ciò che l'altro aveva detto e non dopo ciò che aveva scorto nei suoi occhi.

Ma, non sapendo cosa dire, si limitò a schizzarlo a sua volta, e ben presto quella conversazione terminò in una marea di gocce d'acqua.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top