Una vecchia storia
San Felice Circeo, 28 febbraio 1944
Quella mattina Iris si svegliò constatando che non aveva dormito più così bene negli ultimi tempi, specialmente da prima della partenza per Anzio con le crocerossine.
Guardò fuori dalla finestra: il cielo era coperto, ma non faceva così freddo; la primavera era vicina, si sentiva nell'aria.
Scese dal letto ed entrò in cucina, dove sua madre stava versando i caffè nelle tazzine; erano sempre state solo loro due a quella tavola, ma i tre anni passati lontana da casa le avevano reso quella scena come appartenente ad un'altra vita.
<< Però, quante cose ci sono a tavola... >> commentò la giovane, guardando la varietà delle pietanze, che a casa Cataldo non c'era mai stata.
Col suo stipendio da commessa faceva quello che poteva, ed era sempre bastato.
<< Dimentichi che lavoro in un'osteria, e che il cibo sopravanza sempre un po' >> spiegò Irene, soffiando sul caffè per farlo freddare.
Iris prese una fetta biscottata, ma prima di imburrarla le venne da ridere.
<< A Roma ti guarderebbero malissimo. La gente non fa che razionare! Difatti vanno tutti al mercato nero... >> raccontò.
<< E certo, è durissima la vita in città. Il cibo è l'unico motivo per cui mi piace stare in paese! >> rise anche Irene.
Iris non si aspettava un clima così disteso, nel tornare a San Felice Circeo, a partire dalla sua stessa casa: era felice di poter affermare il contrario.
Quando sua madre uscì per andare a lavorare, la giovane Cataldo si mise sull'uscio, ad osservare la vita di quel paese da cui era scappata come una ladra e che le era mancato terribilmente, sebbene fosse circondata da compaesani e amici; la nostalgia prevaleva sempre, anche se non tutti lo ammettevano, specialmente Luciana ed Elsa, che trovavano la vita di provincia terribilmente opprimente, specialmente per le donne.
Prese il soprabito, la borsetta e le chiavi per fare una passeggiata; sentiva gli sguardi pesare su di lei, ma non più di tanto: la guerra aveva portato preoccupazioni più serie rispetto ai pettegolezzi sulle ragazze rimaste svergognate coi turisti americani.
Rivide la vegetazione di pini marittimi vicino alla spiaggia, all'ombra dei quali si baciava con Rinaldo, nell'estate del 1939: si chiedeva se quei due ragazzi potessero ancora esistere, in futuro, o se davvero fosse bastata una giovane ereditiera romana a cancellare tutto.
Pranzò da sola, come era abituata a fare da quando viveva con Gianfranco; era diventata una cuoca provetta, lei che fino a pochi anni prima non sapeva neanche accendere la Moka.
Quando Irene tornò, sua figlia le aveva già preparato la cena.
<< Si è veramente ribaltato il mondo! >> esclamò la donna, togliendosi il soprabito e guardando la tavola imbandita.
<< Oggi ho camminato per il paese. E sai una cosa? >> raccontò l'una.
<< Cosa? >> chiese l'altra.
<< Che la nostra famiglia non attira più l'attenzione, come una volta. È stato veramente incredibile... >> sospirò sognante la prima, facendo le parti mentre sua madre si lavava le mani al lavandino della cucina.
<< Ci credo, la guerra ha cambiato tutto, specialmente dopo l'Armistizio! >> dichiarò la seconda.
Mangiarono in silenzio, gustando la pasta con le frattaglie del pollo, che Iris aveva imparato a cucinare a Roma.
Dopo aver finito, la giovane guardò sua madre negli occhi.
<< Chi è Rebecca Tagliacozzo, la moglie di Gianfranco? >> domandò senza mezzi termini.
Irene stette in silenzio per un attimo.
<< Tu cosa ne sai di Rebecca Tagliacozzo? >> le chiese poi.
<< Ho scoperto una corrispondenza epistolare. Gianfranco ancora le scrive. Hanno dei figli >> rispose Iris.
<< È una vecchia storia, una di quelle che si sono formate negli anni in cui a San Felice Circeo andava di moda avere dei segreti... L'ha conosciuta a Roma, mentre si faceva le ossa in politica. Era ricca, conosceva le persone giuste. Era anche intelligente e bella, lo travolse >> replicò la madre.
<< L'ha lasciata perché era ebrea? >> volle sapere la figlia.
<< Sì, e questo li avrebbe messi in pericolo tutti. La mandò a vivere all'estero, con i figli. Tornò a San Felice Circeo nel 1938, da solo. Non voleva che si parlasse della sua vita privata... >> ribatté l'una.
<< È per questo che cominciò a corteggiarmi? Per sviare i sospetti? >> la incalzò l'altra.
<< Non lo so. Forse, o forse perché era davvero attratto da te >> ipotizzò la prima.
<< Sosteneva di sapere chi fosse mio padre, di avervi visti quella notte del 29 luglio del 1921, nascosto dietro una barca, alla festa di San Felice Ränne >> confessò la seconda.
<< Sarà vero, ma a quanto pare tutti hanno i loro scheletri nell'armadio >> constatò la madre.
<< E allora vedrò bene di affrontarli, quegli scheletri. Ma aspetto Tiberio per fare qualsiasi cosa... >> decise la figlia.
Presto il giovane Belmonte sarebbe tornato a San Felice Circeo, con la promessa che l'avrebbe aiutata; e lei ci credeva, ci credeva fermamente.
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