Un'altra vittima
San Felice Circeo, 27 marzo 1944
Rinaldo venne a sapere che i prigionieri erano stati tirati fuori dalle carceri e portati tutti in delle cave di tufo sull'Ardeatina - una strada che da Roma portava verso il mare - e lì fucilati in massa; dopodiché quelle tombe improvvisate erano state richiuse affinché nessuno si ricordasse di quei poveri cristi.
La prima cosa che aveva fatto era stata andare a cercare i Belmonte nell'appartamento dove abitavano, ma non appena Annalisa gli aprì i suoi occhi erano pieni di lacrime, e si sentiva il rumore di un pianto alle sue spalle: Luciana già sapeva tutto.
Presto furono raggiunti anche da Elsa e da Orlando: dovevano occuparsi della giovane aspirante ingegnere che, ad un passo dalla laurea, aveva perso il padre appena cinque mesi dopo l'omicidio dell'amato fratello Cesare, durante il rastrellamento del ghetto.
Ad Annalisa era toccato il gravoso compito di informare i parenti, a San Felice Circeo, dopodiché la sera del 25 erano partiti tutti e cinque alla volta del paese, dove li attendeva il funerale più sconcertante della loro vita; i ragazzi videro lo sgomento negli occhi degli adulti e degli altri sanfeliciani: non solo il povero Pietro era morto ammazzato come un animale al macello, ma non c'era neanche un cadavere su cui piangere; Don Filippo Galli inizialmente era stato contrario a seppellire una tomba vuota, ma Rinaldo gli aveva raccontato dell'impossibilità di distinguere i corpi, sotto quella montagna di tufo e il prete, pieno d'orrore, non aveva potuto fare altro che dargli retta.
Era un giorno grigio, quello del funerale: non pioveva, e il cielo era talmente coperto da far venire un attacco di metereopatia.
Tra i presenti si notavano le assenze di Elena e di Giada: la prima, in quanto novizia, si preparava alla Pasqua nel silenzio e nella contemplazione; la seconda, dopo gli eventi di Anzio, non aveva alcuna voglia di vedere Rinaldo, né aveva il coraggio di mostrarsi ad Enrico, il quale aveva parlato in onore dello zio Pietro insieme ad Alessandro, il padre di Annalisa e Tiberio.
Livia piangeva copiosamente, stretta alla figlia e alle cognate; un altro uomo della famiglia se ne andava, e le tre signore Belmonte si sentivano sempre più annientate.
Anche i Filomusi erano tornati al gran completo, ma Elsa si teneva a debita distanza da loro, specialmente dai fratelli Claudio e Mario, le cui mani fasciste erano sporche del sangue di Maurizio.
E poi ancora Gisella Marini con le sue lavoranti, Irene Cataldo e i coniugi Spinelli insieme ai membri della servitù della villa sulla collina: il figlio di mezzo dei Belmonte era un uomo molto amato a San Felice Circeo, in quanto era l'ago della bilancia tra il saggio Corrado e l'esuberante Alessandro.
Quando fu il momento di sotterrare la bara, ogni sanfeliciano lanciò una rosa bianca e tutti pregarono sommessamente: chissà che la povera anima di Pietro avesse trovato un po' di pace, al contrario del suo corpo martoriato.
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