La strage delle fosse ardeatine

Roma, 24 marzo 1944

La notizia della strage di Via Rasella era arrivata alle orecchie di Rinaldo dai compagni della Brigata Marittima ancora prima che arrivasse a Roma: avrebbe voluto far saltare in area quel commando di Tedeschi insieme a quel gruppo di coraggiosi, i problemi d'amore gli avevano offuscato non poco gli obiettivi di partigiano; si era mangiato le mani al pensiero di tutte quelle menti che organizzavano quel piano così perfetto, ma aveva giurato a sé stesso che, se ci fossero state altre azioni partigiane in programma, lui ne avrebbe immediatamente fatto parte.
Le strade della Capitale però, quel giorno, gli parvero strane: non di un luogo dove era appena avvenuto un fatto epocale, che aveva stravolto l'esito della guerra e per il quale tutti dovevano essere scesi per festeggiare, ma di un angolo di mondo in cui la gente aveva paura, anche la più audace.
Le persone fuori casa camminavano veloci, ognuna intenta nei propri pensieri e nelle proprie mansioni; sembrava quasi che temessero qualcosa, come se nell'aria ci fosse una bomba pronta ad esplodere.
A un certo punto un grido lacerò l'aria, poi un altro e un altro ancora: erano parole piene di rabbia, in una lingua straniera che suonava come tedesco; dovevano essere delle SS, e dal tono sembravano piuttosto incazzate.
Rinaldo vide un gruppo di uomini alti, biondi e con gli occhi azzurri, indossanti la divisa delle SS, dirigersi verso chiunque trovassero in strada: prendevano le persone per le braccia, per le gambe, le spintonavano, le minacciavano coi fucili; non contenti della gente in strada, l'andavano a cercare anche dentro gli appartamenti dei palazzi di Via Rasella, la stessa dove erano stati uccisi i soldati tedeschi il giorno prima.
Nella confusione, Rinaldo andò a sbattere contro un uomo che nella foga riconobbe.
<< Signor Belmonte! >> esclamò, riconoscendo Pietro, il padre di Luciana e della buonanima di Cesare.
<< Rinaldo, avverti tu Livia e Luciana... Non so dove ci stanno portando... >> gli disse l'uomo in maniera concitata, mentre due SS lo trascinavano via.
Altre spinte colpivano Rinaldo da ogni dove, sia da parte dei tedeschi che dei romani.
<< Ma che sta succedendo, perché vi stanno portando via? >> cercò di chiedergli, scansando tutti con fatica.
<< Devono essersela presa per la strage di ieri, prendendo la gente a caso per le strade! >> immaginò il figlio di mezzo di Arnaldo Belmonte, fondatore dei cantieri navali.
Marini si guardò intorno, sbigottito dalla ferocia di quei soldati che non si facevano scrupoli a prelevare partigiani, ebrei, comunisti, per portarli in un posto che nella confusione il ragazzo riuscì a decifrare.
<< Al carcere di Regina Coeli! >> imperò una voce, in italiano ma con accento tedesco.
<< Pensa a Livia e Luciana! >> esclamò Pietro, mentre lo trascinavano via.
Rinaldo riuscì a scappare, con la supplica di Belmonte ancora nelle orecchie.

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